Santa Matilde di Hackeborn, l’usignolo di Dio

 

Dopo santa Gertrude di Helfta, monaca cistercense, la prima a mettere “nero su bianco”, la pioniera di una prima spiritualità del Sacro Cuore di Gesù, ecco santa Matilde di Hackborne.

Gertrude e Matilde due sante in uno stesso monastero, e quasi contemporanee, due monache che hanno rivelato al mondo la spiritualità al Cuore “carnale-umano” di Cristo: che ha diritto all’adorazione, in quanto indissolubilmente unito da sempre con la Divinità e l’Amore del Salvatore per gli uomini, di cui è simbolo il suo Cuore.

Dobbiamo fare un po’ di ordine perché in questa storia alcuni nomi sono ripetuti, ma sono di persone diverse. Abbiamo celebrato martedì santa Gertude di Helfta detta anche la Grande, che fu accolta in monastero da Gertude di Hackeborn sorella in carne di Matilde di Hackeborn e tutte e tre diverranno badesse nel monastero cistercense. Chissà che vampe infuocate di Spirito Santo? Matilde nacque attorno al 1240 nel castello di Helfta in Sassonia da una delle più potenti famiglie della Turingia: i von Hackeborn. La sorella maggiore (Gertude) era già badessa nel monastero di Helfta. All’età di sette anni Matilde venne accolta come educanda nel monastero di Rodardsford. Qui la sua vocazione crebbe e la giovane decise di indossare il velo, cioè consacrare a Dio la propria verginità. Nel 1258 raggiunse la sorella maggiore a Helfta dove, tre anni più tardi, le verrà affidata la cura di una bimba di cinque anni (che diventerà poi, Gertrude la Grande). Proprio costei le confesserà le proprie visioni mistiche. Da queste confidenze nascerà in seguito uno dei libri più noti della mistica medievale, “Il libro della Grazia speciale”. 

Matilde, particolarmente dotata del canto, curò e diresse il coro del monastero e fu nominata “cantora”. La sua bella voce e il fervore nel canto le meritarono il nome di “l’usignuolo di Cristo”. Nella recita e nel canto del divino ufficio tutta la sua anima religiosamente vibrava. Le parole fluivano dolci dalle sue labbra e spesso, durante l’ufficio, veniva rapita in estasi. Tutto il suo raccoglimento, la sua pietas e la devozione convergevano verso la liturgia, donde essa ricavava ampi lumi di contemplazione e ardente amore divino. Con diligente cura custodì i suoi sensi infliggendosi dure penitenze e coraggiose mortificazioni per compensare generosamente, dinanzi alla maestà divina, il male commesso dai peccatori. Nonostante l’applicazione all’esercizio di tutte le virtù e nonostante i favori celesti ricevuti direttamente da Cristo e la sua Santissima Madre, che la portavano alle più alte vette della contemplazione e della perfezione, essa si accusava talvolta di pigrizia e tristezza. Soffriva di atroci emicranie e continui mal di capo, che negli ultimi anni (dal 1290 al 1295) si aggravarono insieme a mali minori sottoponendola a un vero martirio. Ricevette l’Estrema Unzione il 18 ottobre 1299 e morì “offrendo il suo cuore al Salvatore e immergendolo di quello di Lui” il 19 novembre. Benché non sia mai stata canonizzata (ufficialmente come tanti altri suoi “colleghi”) è venerata nei vari monasteri osservanti la regola di san Benedetto. La Madonna le promise di assisterla con la propria presenza nell’ora della morte se avesse recitato ogni giorno un’Ave Maria per ogni Persona della santissima Trinità, come segno di ringraziamento a Dio per i doni particolari di potenza, sapienza e amore che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, rispettivamente , hanno fatto alla Vergine.

 

Matilde di Hackeborn ci affida al Sacro Cuore di Gesù e alla Vergine Maria. Invita a rendere lode al Figlio con il cuore della Madre e a rendere lode a Maria con il Cuore del figlio:

 

“Vi saluto o Vergine veneratissima, in quella dolcissima rugiada, che dal Cuore della SS.ma Trinità si diffuse in voi; vi saluto nella gloria e nel gaudio con cui ora vi rallegrate in eterno, voi che di preferenza a tutte le creature della terra e del cielo, foste eletta prima ancora della creazione del mondo. Amen”.