Dalla Chiesa
Sant’Andrea apostolo, il primo a conoscere Gesù
Andrea è uno dei due che furono inviati dal loro mentore, Giovanni figlio, il Battezzatore, che contattò Gesù per primo. Insieme al fratello Simone, che Gesù poi cambierà in Pietro, gestivano una azienda ittica, con alcuni dipendenti. Facevano i pescatori nella nativa città di Betsaida (che vuol dire casa del pescatore, appellativo assai appropriato) sorta sulla riva settentrionale del Lago di Genezaret, o Tiberìade o chiamato anche Mar di Galilea per la sua vastità.
Di certo il fiorente centro ospitava una numerosa comunità greca e ciò spiega la locale diffusione di nomi ellenici, tra cui Andrea. Il suo nome deriva dal greco andréas o da andròs, che fa riferimento estetico in un uomo (bel uomo da vedere) oppure da andréia tradotto in vari dialetti indica forza, coraggio, valore. Nel 4 a.C. la città di Betsaida era passata sotto l’autorità di Erode Filippo, figlio di Erode il Grande, il quale ne aveva ampliato i confini e all’antico nome aveva aggiunto quello di Giulia, in omaggio alla figlia dell’imperatore Augusto. Si vocifera, (ma non è fondato) che fossero soci di altri illustri apostoli: Filippo, e i due figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni. Come detto, Andrea era un discepolo di Giovanni Battista, nel deserto della Giudea. Fu il testimone, del battesimo di Gesù e riconobbe in lui il Messia, ascoltando quanto affermava e addiceva il Battista: “Ecco l’agnello di Dio!” (Gv 1, 35-42). In una casa dei due fratelli a Cafarnao, attestata da scavi recenti, Gesù guarì dalla febbre la suocera di Pietro… quindi parente “acquisita” di Andrea. A quanto pare tra i discepoli, sembra che Giuda di Isckarios tenesse la cassa e Andrea, avesse incarichi organizzativi.
È lui che, per sfamare i 5000, trovò un ragazzo con i cinque pani d’orzo e due pesci. Insieme a Filippo di Betsaida, Andrea, introdusse a Gesù alcuni Greci, appena giunti a Gerusalemme per la Pasqua ebraica. Eusebio di Cesarea ci riferisce di Andrea che andò a predicare il Vangelo agli Sciti, una tribù della Tessaglia meridionale, nelle zone limitrofe al Ponto Eusino, in Cappadocia, poi in Bitinia e anche in Galazia. Probabilmente nel 60 d.C. fu martirizzato per crocifissione. Si sa che Andrea venne legato e non inchiodato su una croce latina (simile a quella di Gesù), ma la tradizione vuole che sia stato crocifisso su di una croce decussata cioè a forma di X e comunemente conosciuta con il nome di “Croce di sant’Andrea”. Questa venne adottata per sua personale scelta, dal momento che egli non avrebbe mai osato, (come gli altri apostoli crocifissi Pietro e Filippo?) eguagliare il Maestro nel martirio. Solo attorno al decimo secolo cominciarono ad apparire iconografie su Andrea in particolare nel momento della nascita al Cielo con il suo martirio, ma non divenne comune sino al 1600 circa. Dopo la morte, nel 57, o giù di lì, le sue reliquie, secondo san Girolamo, furono trasportate da Patrasso a Costantinopoli per volontà di Costanzo II, imperatore romano. Qui rimasero custodite e venerate sino al 1208, quando vennero traslate ad Amalfi, in Italia, dal cardinale Pietro Capuano.
Nel XV secolo la testa fu portata a Roma, dove venne posta in una teca in uno dei quattro pilastri principali della basilica di san Pietro. Nel settembre del 1964, come gesto di apertura verso la Chiesa sorella di Rito greco-ortodosso, Paolo VI consegnò parte delle reliquie alla Chiesa di Patrasso. Nel 2007 una reliquia di sant’Andrea fu donata dal vescovo di Amalfi al patriarca ecumenico Bartolomeo, affinché fosse conservata nella cattedrale di san Giorgio in Costantinopoli (sede del patriarcato). Come Pietro è il patrono della Chiesa cattolica, così Andrea lo è dei Cristiani Ortodossi che lo chiamano: protocletos (il primo chiamato) in modo particolare della Russia. Lo festeggiamo il 30 novembre.
N.B.: di Andrea esistono un libro e uno scritto intitolato Atti di Andrea, menzionato da Eusebio di Cesarea, da Epifanio di Salamina, Gregorio di Tours e da altri.. è compreso in un gruppo disparato di Atti degli Apostoli da non confondere con il libro nel Nuovo Tche vengono tradizionalmente attribuiti a Lucio Carino, ma qualcuno sostiene quest’ultima sia una fonte insicura. Questi atti risalgono al III secolo e, assieme al Vangelo di Andrea, appaiono tra i libri rigettati dalla Chiesa nel Drecretum Gelasianum di papa Gelasio I. La serie completa degli Atti venne edita e pubblicata da Konstantin von Tischendorf nel suo Acta Apostolorum apocrypha (Lipsia, 1821), che si occupò di riordinare e redigere per la prima volta in modo ordinato e filologicamente corretto. Un’altra versione è presente nella Passio Andreae, pubblicata da Max Bonnet (Supplementum II Codicis apocryphi , Parigi, 1895).