Il discorso finale di Papa Francesco al Sinodo dei vescovi: “quanto male fanno le donne e gli uomini di Chiesa quando erigono muri. La rigidità è un peccato”

“Il documento che abbiamo preso con il nostro voto è un triplice dono: ero consapevole di aver bisogno di voi, come testimoni del cammino sinodale”. Lo ha detto il Papa, oggi pomeriggio, nel discorso a conclusione del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità, in Aula Paolo VI. Alla seconda sessione della XVI Assemblea sinodale partecipano 368 membri di cui 272 investiti dal munus espiscopalis e 96 non vescovi, cui si aggiungono 8 invitati speciali e i delegati fraterni, passati dai 12 dell’anno scorso a 16.

“Anche il vescovo di Roma ha bisogno di praticare l’ascolto, anzi vuole praticare l’ascolto”, ha assicurato Francesco: “Il mio compito è di custodire e promuovere l’ armonia che il Signore continua a diffondere nella Chiesa di Dio”.

La rigidità è un peccato

“Tutti, tutti, tutti, nessuno fuori”, ha rimarcato il Papa: “E la parola chiave è questa, l’armonia. Quello che fa lo Spirito Santo la mattina di Pentecoste è armonizzare tutte le credenze, tutte le lingue. Armonia. È questo che il Concilio ci insegna quando dice che la Chiesa è sacramento, segno e strumento, attesa di Dio che ha già apparecchiato la mensa e attende. E a noi è dato di amplificare la voce di questo sussurro, senza ostacolarlo”.

“Aprire le porte, senza erigere muri”, la raccomandazione del Papa: “Quanto male fanno le donne e gli uomini di Chiesa quando erigono muri. Tutti, tutti, tutti”.

“Abbiamo cominciato chiedendo perdono, chiedendo misericordia, riconoscendo che siamo tutti dei misericordiati”, ha ricordato Francesco a proposito dell’inizio del cammino sinodale.

Poi la citazione di Madeleine De Brel, “mistica delle periferie”, che “esortava soprattutto a non essere rigidi. La rigidità è un peccato che tante volte entra nei chierici, nei consacrati, nelle consacrate”.

Nessuna esortazione apostolica

“Alla luce quanto emerso cammino sinodale, ci sono e ci saranno decisione da prendere” ha detto il Papa, nel discorso a conclusione del Sinodo sulla sinodalità.

“In questo tempo di guerra dobbiamo essere testimoni di pace, anche imparando a dare forma reale alla convivialità delle differenze”, ha osservato Francesco, che poi ha annunciato: “Non intendo pubblicare una esortazione apostolica, basta il documento approvato. Nel documento ci sono già indicazioni molto concrete di guida per la missione elle chiese nei diversi continenti e nei diversi contesti. Lo metto a disposizione di tutti, pe questo voglio che sia pubblicato: lo consegno al santo popolo fedele di Dio”.

Quanto  al lavoro dei 10 gruppi di studio da lui istituiti, continueranno a “lavorare con libertà”, ha assicurato il Papa, partendo dalla consapevolezza che “c’è bisogno di tempo per prendere scelte che coinvolgono la Chiesa tutta”.

“Questo non è modo classico di rimandare all’infinito le decisioni”, ha puntualizzato Francesco: “è quello che corrisponde allo stile sinodale con cui anche il ministero petrino va esercitato: ascoltare, discernere, decidere e valutare. Sono necessarie pause, silenzi, preghiera. E’ uno stile che stiamo apprendendo insieme, un po’ alla volta. E’ un processo di conversione”.

Non solo sognare la pace, ma impegnarsi perché si realizzi

“Il documento è un dono a tutto il popolo fedele di Dio, nella varietà delle sue espressioni” ha poi aggiunto il Papa nel discorso. “È ovvio che non tutti si metteranno a leggere”, ha proseguito rivolgendosi ai 368 padri e madri sinodali: “Sarete soprattutto voi assieme a tanti altri a rendere accessibile nelle chiese locali ciò che esso contiene. Il testo, senza la testimonianza compiuta, perderebbe molto del suo valore del suo valore. Ciò che abbiamo vissuto è un dono che non possiamo tenere per noi stessi. Lo slancio che viene da questa esperienza, di cui il documento è un riflesso, ci dà il coraggio di testimoniare che è possibile camminare insieme nella diversità, senza scontrarci l’uno con l’altro”.

“Insieme, con la speranza che non delude, uniti nell’amore di Dio diffuso in tutti i cuori possiamo non solo sognare la pace, ma impegnarci perché senza parlare tanto la pace si realizzi attraverso processi di ascolto, dialogo, riconciliazione. La chiesa sinodale ha bisogno che le parole condivise siano accompagnate dai fatti. Questo è il cammino. E questo è compito dello Spirito Santo: è lui che fa l’armonia”.

“Che l’armonia continui anche uscendo da quest’aula e il soffio del Risorto ci aiuti a condividere i doni doni ricevuti”, l’auspicio finale, unito ad un’altra citazione di Madeleine DeBrel: “Ci sono luoghi in cui soffia lo Spirito Santo, ma c’è lo Spirito che soffia in tutti i luoghi”.

Documento finale approvato a maggioranza. Il ruolo delle donne

“In forza del battesimo, uomini e donne godono di pari dignità nel Popolo di Dio. Eppure, le donne continuano a trovare ostacoli nell’ottenere un riconoscimento più pieno dei loro carismi, della loro vocazione e del loro posto nei diversi ambiti della vita della Chiesa, a scapito del servizio alla comune missione”. È quanto si legge nel documento finale del Sinodo sulla sinodalità, che è stato interamente approvato con la maggioranza qualificata dei due terzi.

Le donne costituiscono la maggioranza di coloro che frequentano le chiese e sono spesso le prime testimoni della fede nelle famiglie”, si legge al n. 60, che ha ricevuto il maggior numero di voti contrari di tutto il documento finale: 97. “Sono attive nella vita delle piccole comunità cristiane e nelle parrocchie; gestiscono scuole, ospedali e centri di accoglienza; sono a capo di iniziative di riconciliazione e di promozione della dignità umana e della giustizia sociale”, prosegue l’elenco: “Le donne contribuiscono alla ricerca teologica e sono presenti in posizioni di responsabilità nelle istituzioni legate alla Chiesa, nelle Curie diocesane e nella Curia Romana. Ci sono donne che svolgono ruoli di autorità o sono a capo di comunità”.

L’assemblea sinodale invita a “dare piena attuazione a tutte le opportunità già previste dal diritto vigente relativamente al ruolo delle donne, in particolare nei luoghi dove esse restano inattuate. Non ci sono ragioni che impediscano alle donne di assumere ruoli di guida nella Chiesa: non si potrà fermare quello che viene dallo Spirito Santo. Anche la questione dell’accesso delle donne al ministero diaconale resta aperta. Occorre proseguire il discernimento a riguardo. L’Assemblea invita inoltre a prestare maggiore attenzione al linguaggio e alle immagini utilizzate nella predicazione, nell’insegnamento, nella catechesi e nella redazione dei documenti ufficiali della Chiesa, dando maggiore spazio all’apporto di donne sante, teologhe e mistiche”.

Normativa canonica, opportuna una revisione in chiave sinodale

“In una Chiesa sinodale, la competenza decisionale del Vescovo, del Collegio Episcopale e del Vescovo di Roma è inalienabile, in quanto radicata nella struttura gerarchica della Chiesa stabilita da Cristo a servizio dell’unità e del rispetto della legittima diversità”. È quanto si legge al n. 92 del documento finale del Sinodo, approvata con 39 voti contrari. “Tuttavia, non è incondizionata”, si precisa nel testo: “un orientamento che emerga nel processo consultivo come esito di un corretto discernimento, soprattutto se compiuto dagli organismi di partecipazione, non può essere ignorato”.

Per i 368 padri e madri sinodali, dunque, “risulta inadeguata una contrapposizione tra consultazione e deliberazione: nella Chiesa la deliberazione avviene con l’aiuto di tutti, mai senza l’autorità pastorale che decide in virtù del suo ufficio”.

Per questa ragione, la proposta del documento finale, “la formula ricorrente nel Codice di diritto canonico, che parla di voto ‘solamente consultivo’ (tantum consultivum), deve essere riesaminata per eliminare possibili ambiguità. Appare quindi opportuna una revisione della normativa canonica in chiave sinodale, che chiarisca tanto la distinzione quanto l’articolazione tra consultivo e deliberativo e illumini le responsabilità di coloro che nelle diverse funzioni prendono parte ai processi decisionali”.

I seminari devono prevedere una presenza significativa di figure femminili

“Lungo il processo sinodale, è stata ampiamente espressa la richiesta che i percorsi di discernimento e formazione dei Candidati al ministero ordinato siano configurati in stile sinodale”. È quanto si legge al n. 148 del documento finale del Sinodo sulla sinodalità, che è stato approvato con 40 voti contrari.

“Ciò significa che devono prevedere una presenza significativa di figure femminili, un inserimento nella vita quotidiana delle comunità e l’educazione a collaborare con tutti nella Chiesa e a praticare il discernimento ecclesiale. Ciò implica un investimento coraggioso di energie per la preparazione dei formatori”, si propone nel testo, in cui l’assemblea chiede una revisione della Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis “che recepisca le istanze maturate nel Sinodo, traducendole in indicazioni precise per una formazione alla sinodalità”.

“Non meno necessaria è la formazione dei vescovi, perché possano assumere sempre meglio la loro missione di comporre in unità i doni dello Spirito ed esercitare in stile sinodale l’autorità loro conferita”, prosegue il documento, in cui si precisa che “lo stile sinodale della formazione implica che la dimensione ecumenica sia presente in tutti gli aspetti dei percorsi verso il ministero ordinato”.

Per ministero petrino serve “salutare decentralizzazione”

“La riflessione in merito all’esercizio del ministero petrino in chiave sinodale va condotta nella prospettiva della ‘salutare decentralizzazione’ sollecitata da Papa Francesco e richiesta da molte Conferenze Episcopali”. A ribadirlo è il n. 134 del documento finale, approvato con soli 18 voti contrari.

Secondo la Praedicate Evangelium, si ricorda nel testo, tale decentralizzazione comporta “di lasciare alla competenza dei Pastori la facoltà di risolvere nell’esercizio del loro proprio compito di maestri e di pastori le questioni che conoscono bene e che non toccano l’unità di dottrina, di disciplina e di comunione della Chiesa”, Per procedere in questa direzione, la proposta del documento, “si potrebbe individuare attraverso uno studio teologico e canonico quali materie debbano essere riservate al Papa e quali possano essere restituite ai Vescovi nelle loro Chiese o raggruppamenti di Chiese. Anche l’elaborazione della normativa canonica da parte di chi ne ha il compito e l’autorità nella Chiesa, dovrebbe avere stile sinodale e maturare come frutto di un discernimento ecclesiale”.

Tra i luoghi per praticare la sinodalità e la collegialità a livello della Chiesa tutta spicca il Sinodo dei Vescovi, che conservando la sua natura episcopale “ha visto e potrà vedere anche in futuro nella partecipazione di altri membri del popolo di Dio”, in modo che “si realizzi concretamente l’articolazione tra il coinvolgimento di tutti (il santo popolo di Dio), il ministero di alcuni (il Collegio dei vescovi) e la presidenza di uno (il successore di Pietro)”.