Papa Francesco: “La povertà non è un destino, è frutto dell’egoismo”

“Quanti non riconoscono i poveri tradiscono l’insegnamento di Gesù e non possono essere suoi discepoli”. È il presupposto del Messaggio del Papa per la Giornata mondiale dei poveri, in programma il 14 novembre sul tema: I poveri li avete sempre con voi” (Mc 14,7).  

“La povertà non è frutto del destino, è conseguenza dell’egoismo”, la tesi del Papa, secondo il quale “i poveri di ogni condizione e ogni latitudine ci evangelizzano”. Non bastano programmi di promozione e assistenza, e neanche “un accesso d’attivismo”.  Bisogna fare come Gesù, che “non solo sta dalla parte dei poveri, ma condivide con loro la stessa sorte”: no all’abitudine e all’indifferenza, sì invece ad “una condivisione di vita che non ammette deleghe”, partendo dalla consapevolezza che i poveri “non sono persone ‘esterne’ alla comunità, ma fratelli e sorelle con cui condividere la sofferenza, per alleviare il loro disagio e l’emarginazione, perché venga loro restituita la dignità perduta e assicurata l’inclusione sociale necessaria” attraverso la “condivisione che genera fratellanza” e non l’elemosina occasionale. Non manca, nel messaggio, un riferimento alla condizione femminile: “Le donne così spesso discriminate e tenute lontano dai posti di responsabilità, nelle pagine dei Vangeli sono invece protagoniste nella storia della rivelazione”.

 “Sembra farsi strada la concezione secondo la quale i poveri non solo sono responsabili della loro condizione, ma costituiscono un peso intollerabile per un sistema economico che pone al centro l’interesse di alcune categorie privilegiate”, denuncia Francesco.

“Un mercato che ignora o seleziona i principi etici crea condizioni disumane che si abbattono su persone che vivono già in condizioni precarie”, il monito: “Si assiste così alla creazione di sempre nuove trappole dell’indigenza e dell’esclusione, prodotte da attori economici e finanziari senza scrupoli, privi di senso umanitario e responsabilità sociale”. Lo scorso anno, inoltre, si è aggiunta “un’altra piaga che ha moltiplicato ulteriormente i poveri”: la pandemia, in virtù della quale “i poveri sono aumentati a dismisura e, purtroppo, lo saranno ancora nei prossimi mesi”. “Alcuni Paesi stanno subendo per la pandemia gravissime conseguenze, così che le persone più vulnerabili si trovano prive dei beni di prima necessità”, lo scenario attuale: “Le lunghe file davanti alle mense per i poveri sono il segno tangibile di questo peggioramento”, l’analisi del Papa, secondo il quale “uno sguardo attento richiede che si trovino le soluzioni più idonee per combattere il virus a livello mondiale, senza mirare a interessi di parte”.

In particolare, si legge nel messaggio, “è urgente dare risposte concrete a quanti patiscono la disoccupazione, che colpisce in maniera drammatica tanti padri di famiglia, donne e giovani. La solidarietà sociale e la generosità di cui molti, grazie a Dio, sono capaci, unite a progetti lungimiranti di promozione umana, stanno dando e daranno un contributo molto importante in questo frangente”.

“Ci sono molte povertà dei ‘ricchi’ che potrebbero essere curate dalla ricchezza dei ‘poveri’, se solo si incontrassero e conoscessero!”, l’appello, che esige “un differente approccio alla povertà”.

“I Governi e le Istituzioni mondiali hanno bisogno di recepire con un lungimirante modello sociale, capace di andare incontro alle nuove forme di povertà che investono il mondo e che segneranno in maniera decisiva i prossimi decenni”, l’indicazione di rotta: “Se i poveri sono messi ai margini, come se fossero i colpevoli della loro condizione, allora il concetto stesso di democrazia è messo in crisi e ogni politica sociale diventa fallimentare”, il grido d’allarme di Francesco. “È un’illusione da cui stare lontani quella di pensare che la libertà sia consentita e accresciuta per il possesso di denaro”, la tesi del Papa: “Servire con efficacia i poveri provoca all’azione e permette di trovare le forme più adeguate per risollevare e promuovere questa parte di umanità troppe volte anonima e afona”. “Non si tratta di alleggerire la nostra coscienza facendo qualche elemosina, ma piuttosto di contrastare la cultura dell’indifferenza e dell’ingiustizia con cui ci si pone nei confronti dei poveri”, precisa Francesco, che denuncia: “Oggi, nelle aree del mondo economicamente più sviluppate si è meno disposti che in passato a confrontarsi con la povertà. Lo stato di relativo benessere a cui ci si è abituati rende più difficile accettare sacrifici e privazioni. Si è pronti a tutto pur di non essere privati di quanto è stato frutto di facile conquista. Si cade così in forme di rancore, di nervosismo spasmodico, di rivendicazioni che portano alla paura, all’angoscia e in alcuni casi alla violenza. Non è questo il criterio su cui costruire il futuro”.