Dalla Chiesa
Lorenzo si distinse per la sua carità verso i poveri
Il nostro amico Lorenzo non è un romano, né tantomeno italiano. Fonti certe danno la sua nascita nella prima metà del III secolo ad Huesca, città della Spagna.. (oggi per la cronaca, città della regione aragonese). Venuto a Roma, cuore della cristianità, si distinse per la sua pietà, la carità verso i poveri e l’integrità di costumi. Grazie alle sue “doti”, Papa Sisto II lo consacrò diacono, ma presto si guadagnò la fiducia del pontefice che lo nominò responsabile del gruppo dei diaconi. Doveva sovrintendere all’amministrazione dei beni, accettare le offerte e custodirle, provvedere ai bisognosi, agli orfani e alle vedove, così com’è scritto nel libro degli Atti degli Apostoli. ( At 4, 32-35 . 6, 1-6)
Non esiste pace sotto il dominio di Roma, impero fondato sul paganesimo. Come già accennato sabato scorso, si era scatenata una furibonda caccia al cristiano. Tutto era partito da Valeriano, sommo capo dei padroni di casa e del mondo conosciuto. Siamo nel 258 d.C., papa Sisto II e alcuni dei suoi diaconi vengono catturati nelle catacombe, nel bel mezzo di una funzione eucaristica. Portati di peso e in tutta fretta davanti a Valeriano, in “quattro e quattrotto” vengono giustiziati. Giustiziati secondo le leggi di chi teneva il potere, Roma. Ma ci tengo a contestare il verbo “giustiziati”, userei meglio “massacrati”. Dopo tre giorni è la volta di Lorenzo. sicuramente era stato pedinato da tempo. Portato innanzi all’imperatore, fu risparmiato sul momento con l’intento di estorcergli i tesori della Chiesa. Questi acconsentì a consegnare le ricchezze della Chiesa. Fatta strada ai soldati li portò davanti a un ricovero di poveri, malati e straccioni: “Ecco il tesoro della Chiesa“. Sicuramente si buscò una serie di sacrosante legnate per aver mancato di rispetto al sommo re e per non aver consegnato ciò che si aspettavano. Incarcerato in una cella buia e umida in attesa della condanna. Si narra, più leggenda che verità, che convertì un soldato romano di nome Ippolito che ricevette il battesimo per le mani di Lorenzo. Poi anche costui subirà un crudele martirio: legato a dei cavalli fu trascinato su cocci e lame fino alla morte. Lorenzo invece, pieno del sostegno del Signore, si presentò legato davanti a Valeriano. Questi lo condannò, non alla morte che si aspettava, la decapitazione, ma a essere arso vivo su braceri ardenti. Venne collocata una graticola su di una stesa di fuoco e vi fu posto sopra. Gira voce che Lorenzo si burlò dei carnefici e di Valeriano: “Ora puoi girarmi dall’altra parte e mangiare, sono cotto”. Lasciamo alla storia il seguito. La verità è che Lorenzo morì bruciato vivo sulla graticola, come olocausto a Dio gradito, come profumo di soave odore (Ef 5,2). Il suo corpo, o quel che ne è restato fu portato al Campo Verano, nelle catacombe di Santa Ciriaca sulla via Tiburtina. Oggi il cimitero del Verano è dedicato al suo ricordo, come la basilica, costruita da Costantino e a lui intitolata, che accoglie “al fresco dell’interno”, delle sue mura, e custodisce le sue sante spoglie.
Il fuoco dello Spirito di Dio soffia incessantemente e il sacrificio per amore è quello a Lui più gradito.