San Vicinio, patrono di Sarsina e della Diocesi

O san Vicinio guardaci,

i figli tuoi difendi,             

e dall’autor del male

il popol tuo proteggi.

(dall’Inno della Liturgia delle Ore)

 

Ho pensato di aprire questa pagina di agiografia di casa nostra, con questo brano dell’inno liturgico, che la diocesi di Cesena-Sarsina usa per la solennità della nascita al cielo del proto-vescovo Vicinio da Sarsina.

Sèrsna, così come la chiamano i romagnoli, è anche la patria di un noto personaggio illustre: Tito Maccio Plauto, commediografo latino vissuto in quelle terre tra il 255-250 e il 118 a C., data ufficiale della sua dipartita.

Lasciamo da parte il teatro plautino e concentriamoci su Sarsina. Dal 1986, Sarsina e Cesena sono state unite in una sola diocesi, con cattedrale e capitoli canonicali propri, sotto un unico vescovo. Sarsina è stata da sempre una piccola “porzione di popolo di Dio” antica quanto basta per riconsegnare ai posteri (sfortunati noi) esigui documenti delle sue origini e soprattutto di Vicinio, il suo primo pastore, dal 303 (?) al 330. Sappiamo che è vissuto probabilmente nel IV secolo, abbiamo una data mancante di precise “note”, solo l’anno della morte, il 330. Dopo di lui, sono seguiti altri vescovi. Il vescovo, parola greca che distingue bene il suo grave ma profondo compito. Come il bel Pastore, il Signore Gesù, anche il vescovo deve sorvegliare e custodire il gregge a lui affidato. 

Cerchiamo di scoprire qualcosa di Vicinio. Queste poche e rare notizie sul santo “sarsinate” sono state scritte su di un lectionarium, manoscritto anonimo del XII secolo. Vicinio, secondo la tradizione, sarebbe di provenienza ligure, probabilmente un fuggiasco dalle persecuzioni contro i cristiani sotto il dominio romano di Massimiano e Diocleziano (235-310 ca). Giunto in Romagna si ritirò su un monte, che oggi porta il suo nome, a sei chilometri dalla città di Sarsina, in località Musella. Visse in totale vita eremitica. Penitenza, preghiera, digiuno, silenzio e meditazione. Ancora oggi è custodito nella cattedrale che mostra con vanto e orgoglio i suoi resti, un anello di catena composto da due parti ferree unite. Questo strumento era usato da Vicinio, per fare penitenza, se lo legava al collo e vi appendeva in una delle due estremità una grossa pietra. Chissà perché più uno si ritira lontano da tutti, dalle tentazioni del mondo e della carne ed è più facile che venga scovato. Così per molti santi vissuti nel silenzio: Antonio abate, Benedetto, Francesco, Mauro… non rimasero soli a lungo. Che sia colpa del diavolaccio?

Già il diavolo. Questo anello usato da Vicinio per castigare l’orgoglio e le vanità del mondo, oggi è usato sui malati come strumento taumaturgico di guarigione e di esorcismo contro le potenze del male. Si narra che il presbiterio sarsinate fosse riunito insieme al popolo in profonda preghiera chiedendo a Dio l’aiuto per scegliere un nuovo pastore. Avvenne un miracolo. Tradizione, leggenda? Non si sa, ma si tramanda nei secoli questo bellissimo evento. All’improvviso nel cielo apparve, sul monte abitato dal nostro santo, un ìnfula episcopale sorretta da angeli. (L’ìnfula è una berretta vescovile di lana, di solito di color bianco o avorio, che copre tutto il capo, lasciando scoperto solo il volto e viene allacciata sotto la gola). Tutti accorsero sul luogo e portarono Vicinio a Sarsina acclamandolo nuovo vescovo, con grande gioia e festa. Si narra ancora che il nostro santo, già eletto vescovo, mentre si era ritirato in preghiera, sul suo amato monte, una quercia lo vide passare di là e in devoto saluto abbassò fino a terra i suo rami in profondo inchino. Ancora. Ci fu un indemoniato che venne trascinato a forza, dopo aver visitato inutilmente vari santuari, nell’intenzione di scioglierlo da questo demoniaco legaccio, giunsero fino ad Arezzo, sulla tomba del santo martire Donato, il demonio stesso diede l’indicazione utile per salvare il poveretto: “A nessuno dei Martiri o Confessori della Fede mi sento obbligato a cedere se non a Vicinio vescovo, che anche da vivo si oppose a me e ai miei soci”. Finché condotto sulla tomba di Vicinio e fu liberato dal demonio per intercessione del vescovo defunto, mentre i sacerdoti celebravano l’Eucaristia. Tante sono le storie o leggende tramandate nel tempo sui santi e che vengono narrate davanti al fuoco di un camino.. nelle interminabili veglie invernali.

Ma torniamo a Vicinio. Il suo ministero episcopale durò ventisette anni e tre mesi, tutto dedito alle virtù pastorali e in particolare alla liberazione dal maligno, con la preghiera e con il digiuno, ricordando con fiducia incrollabile le parole del suo Maestro Gesù (Mt 17, 21). Alla sua morte non cessò la benefica assistenza al suo amatissimo popolo, che anzi numerosi miracoli avvengono tuttora presso il suo sarcofago. Morì in Sarsina, il 28 agosto del 330 pianto per diversi giorni.