Domenico Mimmo Staglianò, desiderio di bene e di bellezza condivisa

Un ramo d’abete, zaino rosso e scarponi da trekking. Il ricordo del periplo della diga di Ridracoli, insieme alle foto di mille trekking in montagna. Questi i ‘fiori’ sulla bara in legno non laccato che riporta le firme e il saluto di tantissimi amici. Gli stessi che, numerosissimi, si sono stretti alla famiglia – la moglie Giovanna, i figli Antonella, Michela e Francesco – nell’ultimo saluto a Domenico Staglianò, oggi pomeriggio nella chiesa parrocchiale di San Pietro Pescatore, a Cesenatico.

Staglianò, per tutti Mimmo, 79enne di origini calabresi arrivato giovanissimo in Romagna, ha avuto un passato professionale in banca e un presente di tanti passioni, solo appena offuscate dalla malattia degli ultimi anni. Da molti anni iscritto alla sezione del Club alpino italiano (Cai) Mimmo è stato tra le colonne e punti di riferimento della sezione cesenate: grande conoscitore di montagna e di cultura di montagna, appassionato divulgatore, “ha condotto innumerevoli escursioni sui sentieri delle montagne vicine e lontane – le parole del comunicato del Cai diffuso nelle ore seguenti la morte di Staglianò, nella serata di sabato 22 aprile – sempre illustrando con competenza e passione le particolarità dell’ambiente. Per molti è stata la prima guida che li ha condotti al godimento dei sentieri”.

Tantissimi i soci di oggi e di ieri che ne ricordano la benevolenza, l’altruismo e la simpatia. Doti che ne hanno fatto un aggregatore desideroso di condividere la bellezza e la meraviglia di quanto i suoi passi sicuri stavano percorrendo e i suoi occhi curiosi andavano vedendo. Tra i fondatori del gruppo Senior del Cai, nel maggio scorso ha guidato 50 soci in un trekking in Sardegna.

“Quando vediamo qualcosa di bellissimo, che ci riempie di stupore, la prima cosa che facciamo è quella di pensare alle persone che amiamo. E le chiamano a vedere lo stesso stupore: che sia il panorama da una cima, un fiore speciale, un tramonto mozzafiato. Che tutti vedano quella meraviglia – le parole di don Gian Piero Casadei in apertura dell’omelia funebre -. Quante volte Mimmo lo ha fatto: aprendo qualche escursione, qualche punto di vista che offriva stupore e gratitudine. La bellezza attira. E vorresti che tutti godessero della stessa cosa”. Prosegue don Gian Piero riprendendo il passaggio del vangelo di Giovanni appena letto: “E’ la stessa esperienza che ha fatto Gesù quando si rivolge al Padre: ‘Voglio che anche quelli che mi hai dato siano dove sono io, perché contemplino la mia gloria. Quella che tu mi hai dato’. Quando desideriamo condividere le bellezze della natura e del creato, riprendiamo l’espressione di Gesù: ‘Che vedano la stessa bellezza che vedo io’. E la bellezza che vedeva Gesù era la comunione con il padre e la vita eterna. Quando vediamo la bellezza del Creato, addirittura ci commuoviamo e desideriamo che non finisca mai. E’ come il desiderio di eternità: vorremmo che quella cosa bella non finisca mai. E l’eternità è la natura di Dio. Noi stiamo toccando Dio: quel Dio che ha creato le montagne, il mare e tutto quanto di bello c’è perché noi lo contempliamo e ne gioiamo come suo dono straordinario. Gesù desidera che contempliamo le origini della montagna, della bellezza, che è Dio. E noi ne respiriamo il desiderio di eternità”.

“In tutto quello che facciamo, Gesù ci invita a cercare il massimo, la pienezza. Il tutto. A non accontentarsi delle mezze misure – le parole del parroco -. Tutte le volte che Mimmo ha contemplato le bellezze delle montagne e ha voluto condividerle con gli altri, ha contemplato Dio. Che nessuno di noi viva una vita mediocre, di chi si accontenta. Gesù vuole il massimo, proprio perché ci ama. E il massimo che possiamo avere, è la vita e il desiderio di bene e di bellezza: ci ha creato in funzione di quella”.

“Gesù per primo ha fatto esperienza della bellezza che dà senso al vivere e al morire: siamo fatti per l’eterno, e questo desiderio non è illusione. Gesù risorgendo dai morti ha messo il suo timbro, la sua firma proprio come voi avete fatto sulla bara di Mimmo”, ha proseguito don Gian Piero – “Contempliamo insieme la gloria di Dio, e la morte non ci toglierà la speranza. In quella gloria di Dio troviamo il destino di ogni esistenza. La montagna è una grande maestra, e anche il mare. La montagna è maestra di obbedienza: non ci può affrontare con orgoglio, non si può dire ‘faccio come voglio io’. Devi obbedire alle sue regole, altrimenti non si va da nessuna parte. E anche questo è insegnamento nella fede: basta obbedire alle sue leggi, per godere della gloria di Dio e delle leggi dell’amore che lui ci ha dato. Per contemplare quella gloria che Dio ci ha donato fin dalla creazione del mondo”.

A conclusione della celebrazione, le parole commosse di Gino Caimmi, presidente della sezione cesenate del Cai: “Le mie parole per esprimere gratitudine a Mimmo: per esserci stato; per avermi permesso di esserti amico, così come per le tante persone oggi qui presenti. Per avermi permesso di poterti seguire: tu sempre avanti, io dietro a chiudere le nostre belle escursioni. Per aver iniziato a frequentare quei posti insieme all’amico Enzo: a cercare funghi e sentieri. Grazie per esserci stato come amico. E come presidente Cai, ringrazio a nome della sezione per tutto quello che ha fatto per noi: è stato revisore dei conti per più di dieci anni. Era operatore Tam, tutela ambiente montano. Ha organizzato un famoso trekking venti anni fa accompagnando soci Cai da tutta Italia. Trascinatore e aggregante. Mimmo è stato tanto. Grazie”.

Ne sono seguite le parole di Francesco Occhipinti, presidente di Legambiente Forlì-Cesena: “Grazie per tutto quanto ci hai insegnato. Per dove ci hai portato. Per quanto hai insegnato ai ragazzi, con conoscenza e humor. Ci mancherai e cercheremo di portare avanti quanto hai costruito in questi anni”.

Il coro del Cai di Cesena ha animato i canti della Messa. Il canto-preghiera “Signore delle cime” ha concluso la celebrazione: “Signore delle cime… ti preghiamo, su nel Paradiso, lascialo andare per le tue montagne”. L’ultimo saluto, nell’atrio della chiesa, con la famiglia e gli amici attorno alla bara, il canto “La montanara” e il “Va’ pensiero, sull’ali dorate. Va, ti posa sui clivi, sui colli…”.