La navigazione con vela al terzo lungo le coste della Romagna è patrimonio immateriale della cultura collettiva

“Una giornata da segnare nel calendario”. Ha esordito così il sindaco di Cesenatico Matteo Gozzoli questa mattina in conferenza stampa al Museo della Marineria. L’Amministrazione comunale assieme alla Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio (Abap) di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, ha annunciato il riconoscimento della pratica della navigazione con vela al terzo lungo le coste della Romagna come patrimonio immateriale della cultura collettiva.

Per il primo cittadino si tratta del “coronamento di un lungo percorso di valorizzazione della nostra tradizione marinara iniziato nel 1977 a seguito di un convegno a cui parteciparono l’allora sindaco Giovanni Bissoni e l’allora presidente dell’Azienda di Soggiorno Bruno Ballarin e proseguito negli anni con la nascita e lo sviluppo del Museo della Marineria”.

La soprintendente Abap di Ravenna Federica Gonzato ha sottolineato che il ministero della Cultura “ha raccolto un’esigenza partita dal territorio” e ha voluto sottolineare che “la Soprintendenza non è un ufficio ostativo, ma lavora affinché il patrimonio sia tutelato, rispettato, valorizzato e promosso. La cultura non è solo il bene materiale con valenza estetica, ma è anche tutto il patrimonio immateriale, comprese le tradizioni”.

Piena soddisfazione per il riconoscimento è stata espressa anche da Luigi La Rocca, direttore generale Archeologia, belle arti e paesaggio del ministero della Cultura. Atteso a Cesenatico, ma trattenuto a Roma, in una nota ha evidenziato che “a quindici anni dall’introduzione della norma, è stato completato il procedimento amministrativo di riconoscimento della pratica della navigazione con vela al terzo lungo le coste della Romagna quale espressione di identità culturale collettiva da salvaguardare: il primo caso di applicazione in Italia dell’articolo 7bis del Codice dei Beni culturali”.

“Non si tratta di una tradizione imbalsamata e resuscitata a forza, ma vivacissima, tenuta viva e tramandata dalle nuove generazioni”, ha rimarcato Romina Pirraglia, funzionario archeologo della Soprintendenza di Ravenna.

Il direttore del Museo della Marineria Davide Gnola ha poi illustrato le peculiarità della vela al terzo: “È la forma di vela tradizionale usata dalle barche da pesca e piccolo trasporto nell’Alto Adriatico dal XVIII secolo fino alla metà del secolo scorso. È caratterizzata dalla forma a trapezio e dalla tintura con terre in colori vivi, spesso il giallo e il rosso, e sempre contrassegnata con un disegno riferito alla famiglia del proprietario della barca. La sua origine si deve all’incontro tra la vela latina triangolare usata in tutto il Mediterraneo con le forme di vela rettangolare delle acque interne della Pianura Padana”.

La vela al terzo – che deve il suo nome al fatto che il pennone superiore che la sostiene è fissato all’albero a un terzo della sua lunghezza – cessò di essere utilizzata nel secondo dopoguerra dopo l’avvento della propulsione a motore anche sulle piccole barche da pesca. Negli ultimi quarant’anni il suo uso è stato recuperato da diversi gruppi, associazioni e famiglie che ne tramandano la pratica della navigazione, assieme ad altri elementi di cultura immateriale marittima, come il restauro e la decorazione delle barche tradizionali in legno, ora ufficialmente riconosciuti quale espressione di identità collettiva da salvaguardare.