Lo chef Marco Garattoni all’Ancòra di Cesenatico

Il mare Adriatico è a poche centinaia di metri e l’odore di iodio con il sole che batte già forte ci proiettano in estate anche se ancora il calendario non ne dà l’ufficialità. Dallo scorso 22 aprile in viale Trento a Cesenatico ha aperto le proprie porte l’ambizioso ristorante Ancòra dello chef Agostino Iacobucci. In cucina il padrone di casa è il cesenate Marco Garattoni.

Marco, tra voi due è nata una forte amicizia che ha portato a questa nuova avventura.

L’ho conosciuto tramite il cibo: ci siamo scambiati dei consigli per dei piatti tramite web, poi dopo alcuni incontri a cena è nata questa idea.

Il cammino non era incominciato in pompa magna.

Inizialmente l’idea è stata presa superficialmente, poi, saputo dell’abbandono di questo locale, ci siamo incontrati diverse volte e gli ho spiegato la mia idea. Abbiamo steso il piano e dopo un ultimo colloquio a Bologna mi ha fatto la proposta che ho accettato in un nanosecondo.

Sei tornato alle origini, dove una volta risiedeva il ristorante Magnolia prima del trasferimento a Longiano.

Nonostante stessi bene da Magnolia, dopo quasi cinque anni ho scelto di cambiare strada per una questione di immagine. Ora sono più visibile. L’obiettivo è raggiungere la mia prima stella Michelin.

Siete però partiti con cautela.

Abbiamo tenuto un profilo basso. Inizialmente chiudevamo le prenotazioni con 10-15 clienti al giorno. Ora siamo più strutturati e arriviamo a circa 30 coperti. Credo che per prima cosa sia necessario conoscersi, siamo un team di 10 persone.

Una scelta particolare è stata quella di restare a riposo al martedì.

Il lunedì siamo aperti in un giorno solitamente di chiusura per i ristoranti. Mi vengono a trovare anche dei colleghi, ci studiamo sempre l’uno con l’altro.

Come è composto il menù?

In netta prevalenza è di pesce ma abbiamo qualche tipologia di carne come anatra e piccione. Personalmente amo di più quest’ultima, ma al mare deve prevalere la cucina tipica locale. Inseriamo un po’ tutte le materie prime del territorio anche povere, cercando di rivisitarle in chiave moderna.

Il risotto è il cavallo di battaglia.

Alla pescatora si faceva ‘rosso’ negli anni ’70-’80 con il brodetto di pesce. Noi lo abbiamo rivisitato: il carnaroli lo cuociamo con brodo di vongole e abbiamo creato delle salse che andiamo a nascondere alla base del piatto. Il tutto viene mantecato con olio e aggiungiamo un po’ di acidità. Sopra mettiamo una nota vegetale: una polvere di plancton verde e di cipolla. Si crea un gioco tra consistenza e gusto, anche grazie alla presenza di elementi marini come seppie e gamberetti.

Con 30 anni da compiere il prossimo 26 luglio, la gavetta è stata tanta.

Completai i miei studi al ‘Pellegrino Artusi’ di Forlimpopoli con ottimi voti. Andai subito a lavorare al Magnolia per quasi due anni. Quando finii ebbi la fortuna, tramite lo chef Faccani, di conoscere Berton. Da lui feci i classici quattro anni di formazione a Milano. Entrai a testa bassa come stagista e uscii come sous chef. Lì ho imparato a cucinare.

Poi un’esperienza determinante è stata effettuata in Spagna.

“A Barcellona venni assunto al Disfrutar per due anni nel ruolo di responsabile. Al termine del mio percorso raggiunsi la qualifica di sous chef di cucina. Devo dire che fu un’avventura molto bella e fondamentale di crescita. Quando esci da esperienze del genere hai gli occhi aperti: conosci nuovi metodi di gestione, nuove persone e cucine. Ho imparato tanto anche a livello umano”.

C’è una furiosa competizione nel settore?

Come in tutti gli ambienti, ma credo vari da persona a persona e dai caratteri. Ho amici molto stretti nel settore e mi confronto con loro, non ho persone che invidio. Penso sia uno dei lavori più belli del mondo e penso sia giusto valorizzarlo.

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