Valle Savio
Bagno di Romagna. Dino Campana sotto la lente
L’Appennino di Dino Campana. L’ha proposto nel palazzo del Capitano venerdì 27 settembre la “Fondazione Abbatia Nullius Balneensis” incentrata sulla personalità e sulla produzione letteraria di questo eminente figlio della Romagna, nativo di Marradi e profondo conoscitore, per diretta esperienza, dei crinali appenninici del territorio. Campana è ancora oggi sì abbastanza conosciuto, ma non ancora degnamente valorizzato come invece meriterebbe.
Alla conferenza, moderata dal professor Robert Lolli, è intervenuto Emiliano Cribari, fotografo, poeta, guida ambientale escursionistica, ideatore e organizzatore delle “camminate letterarie” articolate in escursioni e letture narrative e poetiche, appassionato conoscitore del territorio appenninico, oltre che autore di testi narrativi. Cribari ha partecipato all’edizione dello scorso anno dell’evento culturale “Fuori Contesto”, organizzato dall’Amministrazione comunale.
Partendo dalla profondissima cultura di Campana, un po’ sottovalutata dai suoi contemporanei, Cribari ha messo in evidenza, la sua conoscenza di sei lingue e il particolare fiuto di Campana nel saper cogliere le novità del suo tempo, non solo ad esempio in campo letterario con la frequentazione di futuristi come Soffici e Papini, ma anche allargando il proprio orizzonte in direzione della filosofia e di un autore come Freud: arrivò a tal proposito a consigliare gli intellettuali italiani, che pure si vantavano di essere le avanguardie letterarie e culturali, ad aprire gli occhi e a smettere di perdere tempo con le loro poesie da quattro soldi, spronandoli energicamente a leggere Freud, che secondo lui avrebbe rivoluzionato il panorama culturale europeo.
L’intervento di Cribari poi, ha analizzato i numerosi viaggi campaniani lungo i territori, spesso impervi e desolati, dell’Appennino tosco-romagnolo, da lui stesso ripercorsi alla ricerca di Campana: presenza da lui avvertita – da giovane irrequieto – in uno dei primi cammini appenninici, lui che sino a quel momento si era limitato a leggere l’unica opera del marradese, i “Canti orfici”, trovandolo un autore complesso e difficile, ma rendendosi conto di non averlo capito, di non aver messo a fondo la sua personalità travagliata e di non aver saputo coglierne il messaggio certamente innovativo. “Campana – dice Cribari – si capisce e si gusta interiormente solo se si leggono le sue poesie camminando, così come tanto Dino aveva camminato nella sua tormentata vita, sin dall’infanzia”.
Cribari si è concentrato anche sulla malattia nervosa che colpì Campana già a 15 anni, che lo condannò a trascorrere gli ultimi 14 anni della sua breve esistenza nel manicomio di Castelpulci e che molto probabilmente era causata dal tormentatissimo e pessimo rapporto con la madre, che mai lo tollerò, amò e capì, ricoprendo al contrario di attenzioni e di affetto il fratello minore Manlio. E da qui il relatore è passato a illustrare la breve, ma fortissima relazione amorosa con la celebre scrittrice e femminista Sibilla Aleramo: intensissima e bruciante passione d’amore, che fu interrotta a causa della gelosia e dell’ossessività incontrollata di Campana nei confronti della donna. La scrittrice, numerosi anni dopo, arrivò a confessare che non aveva mai scritto due parole su quella loro storia d’amore, perché a distanza di anni il solo ricordo le apriva una ferita molto dolorosa nel cuore e non riusciva a trovare le parole giuste per poterne parlare.
L’intervento di Cribari, di fronte a un buon pubblico costituito anche dagli studenti della sede di Bagno del liceo Scientifico “Righi” di Cesena, è stato costellato di opportune letture di parti dei “Canti orfici”, che hanno messo in giusta luce l’umanità, la sensibilità e la complessità di una figura come Dino Campana, che merita di essere più conosciuto, oltre che compreso e apprezzato.