Puleto chiuso e Covid in corsa. La Valsavio arranca

Pubblichiamo un’intervista al ristoratore Guglielmo Giorgi titolare dell’omonimo locale che si trova in territorio di Mercato Saraceno. Il servizio è anche sull’edizione cartacea uscita in data 17 dicembre.

Il Covid ha superato il Puleto.

L’emergenza sanitaria non è uguale per tutti. Per il ristorante “Ponte Giorgi” a Cella di Mercato Saraceno – realtà ben lontana dai problemi dello smart working e del telelavoro – la sfida quotidiana si combatte all’ultima bolletta, all’ultima fornitura e anche all’ultima promessa non mantenuta.

“La situazione è drammatica”, afferma Guglielmo Giorgi, da sempre al timone dello storico locale situato poco lontano dall’uscita della E45, all’altezza del bivio per Montegelli, meta di famiglie in gita fuori porta, ma anche di banchetti di nozze, feste di comunioni e cresime, lauree o semplicemente cene e pranzi.

“Siamo davvero alla frutta”, si sfoga il ristoratore che dall’alto della collina mercatese vede una realtà che pare sfuggire a chi gestisce i meccanismi di contenimento del contagio da Coronavirus, ma non solo quelli.

“Le faccio un esempio. Il blocco dello spostamento fra i Comuni per noi è stata una tragedia. Non siamo in una zona popolosa come Cesena, Cesenatico o Forlì. Ha presente dove ci troviamo? La rotonda all’uscita dalla E45 si trova nel in territorio di Mercato Saraceno, si passa Bivio Montegelli (Sogliano al Rubicone) e dopo 400 metri si è in terra di Roncofreddo. Si arriva al cimitero, e all’inizio della curva c’è Borello, cioè Cesena. Qui era impossibile muoversi. Per venire a mangiare da noi si devono attraversare svariati comuni nel giro di pochi chilometri e il Dpcm non ha dato indicazioni in questo senso. Hanno blindato il nostro giro”.

L’asporto e la consegna a domicilio hanno portato beneficio?

Il servizio a domicilio per il nostro tipo di attività con piatti della tradizione romagnola non funziona. Durante il primo lockdown è stato diverso. Intanto le famiglie avevano qualche soldo da parte, ma in campagna non sempre la gente ha potuto lavorare e la cucina che proponiamo noi se la fanno in casa. Il nostro asporto con la pizzeria è lo stesso che facevamo prima. Con il secondo lockdown è sceso al 30 per cento. Siamo in una difficoltà estrema”.

Gli aiuti governativi sono arrivati?

Ciò che si dice alla televisione non corrisponde alla realtà. Certo non abbiamo pagato la Tari, l’Imu, le tasse, l’Iva. L’unica cosa che ho pagato nella mia disperazione sono stati i contributi dei dipendenti, quello che ho potuto rateizzare l’ho fatto. Tenga conto che abbiamo un calo del fatturato pari al 50 per cento. Un locale come il nostro può accogliere fino a 350 persone, con 12 dipendenti fissi più 15 a chiamata. Oggi ne serviamo una quarantina, ma i costi fissi restano. A parte spegnere una cella frigorifera e un congelatore, devo pagare l’energia elettrica (3000/3500 euro), l’acqua (800/1000 euro), il gas (sempre sopra i 1500), calati di appena il 15/20 per cento. Chi mi viene incontro sono i fornitori. Siamo sulla stessa barca, ci capiamo e ci aiutiamo. Compriamo l’indispensabile e paghiamo alla consegna, lasciando sospese le scadenze vecchie.

Gli studi parlano di ripresa per il 2021, la considera verosimile?

Certo che in primavera arriverà la ripresa. Per forza, o finisce tutto o c’è la ripresa. Ma la gente non avrà la voglia o lo spirito per venire al ristorante. Le famiglie non hanno 70 euro per venire con tranquillità a mangiare da noi a mezzogiorno e anche chi farà la Prima Comunione e la Cresima non avrà né lo spirito né i soldi come prima. Il nostro sarà un danno definitivo.

Cosa vi servirebbe per ripartire?

Abbiamo un volume d’affari attorno al milione di euro. Quest’anno arriveremo a 500, con una media di fornitori in sospeso sui 40/50 mila euro. Stesso identico importo da pagare per imposte e tasse. Per ripartire ci dovrebbero azzerare quello che è rimasto sospeso da pagare fino ad oggi, i sospesi con fornitori e Stato.

Cosa si doveva fare e non si è fatto?

Il nostro spirito è “proviamo a sopravvivere” però lo Stato ce lo sta impedendo. Ci sono zone e zone, bisognava intervenire anche a livello regionale, tra Umbria, Toscana ed Emilia Romagna. Eravamo già in crisi. Il danno dovuto al Covid non si riesce a superare con facilità. In questa vallata aspettiamo ancora gli aiuti del Puleto.