Domenica prossima la festa a Quarto (Sarsina)

È fissata per domenica 23 agosto la tradizionale festa al Santuario della Madonna Pellegrina di Quarto. Alle 18 il vescovo Douglas celebrerà la Messa e presiederà la solenne processione, che verrà animata dalla Banda di Sarsina, la quale intratterrà i presenti durante il rinfresco/cena seguente, a misura di Covid.

Sulle origini e sulla storia della frazione di Quarto, in comune di Sarsina, don Daniele Bosi ha raccolto molto materiale che di seguito mettiamo a disposizione di chi volesse approfondirne la conoscenza.

Ecco il testo.

Cosa sappiamo di Quarto?

Il nome deriva dalla distanza da Sarsina: quattro miglia. Ecco il motivo del nome, Quarto.

Già da qui capiamo che le origini di Quarto si perdono nella notte dei tempi.

Il primo documento rimastoci che attesta l’esistenza di una cappella presso Quarto è un diploma papale, redatto a Velletri il 27 agosto 1182, dove papa Lucio III conferma ai canonici della Cattedrale di Sarsina e al loro arcidiacono Rainerio la protezione apostolica, le immunità concesse dal defunto Vescovo Uberto ed elenca i privilegi ad essi attribuiti in diversi luoghi della Diocesi. Oltre alla cappella di Santa Maria in Quarto viene citata anche la cappella di Piandogna, situata nel territorio della parrocchia di Quarto.

Nell’anno 1371 il cardinale Anglic Grimoard de Grisac, fratello del papa Urbano V (Guillaume Grimoard, 1362-1370) e legato papale di Romagna, fece stilare una dettagliata descrizione geografico-amministrativa della Regione. Un documento importantissimo in ragione dell’abbondanza di informazioni geografiche, insediative, storiche, politiche e amministrative. Si parla di Quarto e del castello del Fosso della Canna (antico toponimo di Quarto).

Leggiamo che: “Il castello di Fosso della Canna, che si trova sopra una valle, ha un recinto di mura attorno alla rocca e una torre fortissima sopra il fiume Savio e la strada; ci sono 18 fuochi ”. Informazione importantissima che ci rivela che la comunità di Quarto aveva anche allora contenute dimensioni numeriche.

Nel resoconto della visita pastorale di mons. Brauzzi, del 1609, riportata nel bollettino Diocesano di Sarsina del mese di maggio-giugno 1963, a cura di mons. Dino Orsini, leggiamo che “La chiesa parrocchiale di Quarto, dedicata a Santa Maria, ha tre altari e ne è parroco don Andrea Brunori da Mercato Saraceno, di 60 anni, sufficiens litteratus, nominato il 27 maggio 1592. Recentemente (agosto 1607) è stato investito Alfonso Montecattini di Ferrara del feudo di Fossa Cannarum. Quarto ha circa 40 famiglie e 155 abitanti. La parrocchia ha un’altra chiesa parrocchiale, ma unita a Quarto, presso Plandogna. Vi celebra il parroco di Quarto”.

Nell’anno 1609 Quarto venne concesso in nobile feudo dal Vescovo di Sarsina che lo aveva sotto il proprio dominio, con titolo comitale, alla famiglia dei Montacattini di Ferrara, con piena giurisdizione civile e Giudiziaria. Dato tale fatto, venne costituito il diritto cafiteutico, trasmissibile fino alla terza generazione, in linea mascolina, con pagamento del canone annuale e del laudemio, in ragione del 50% sul reddito. Si riscontra, presso il resoconto della visita Pastorale del 7 maggio 1709, che il territorio parrocchiale di Quarto confina con le frazioni di Turrito, Valbiano, Ruscello, Saiaccio, Massa della Diocesi di Sarsina; Donicilio della Diocesi di San Sepolcro. In quell’anno la comunità era composta da 30 famiglie con un totale di 158 abitanti. La chiesa era dedicata alla Beata Vergine, senza titolo specifico. Dipendeva dal vicariato della Cattedrale di Sarsina.

Troviamo scritto, nei resoconti della visita Pastorale del vescovo Giovan Battista Braschi del 7 maggio 1709, documenti trasferiti nel 2011 dall’Archivio Vescovile di Sarsina a quello di Cesena, che era parroco di Quarto don Francesco De Angelis di Verghereto, immesso al possesso del beneficio parrocchiale nell’anno 1703. La Chiesa era di forma rettangolare allungata, aveva due altari; nel campanile erano collocate due campane. Poco distante dalla chiesa si trovava il Cimitero. Si legge ancora che “nella località di Pandogna (sic) esiste un’altra chiesa, dotata di alcuni beni in terreni circostanti, dove il rettore della chiesa di Quarto soleva compiere alcuni funzioni per comodo della popolazione circostante”.

Un documento del 1770, della visita Pastorale, ci racconta come era la chiesa demolita dalla grande frana nel 1812: “La chiesa ha tre altari. In uno c’è l’immagine dipinta di Maria sotto il titolo della Natività con suo contorno di legno a tendina che detta immagine viene ricoperta. Detto altare è il maggiore. Nell’altare in cornu epistolae evvi il quadro della B.V. del Rosario, nel terzo c’è il quadro di San Matteo. Il confessionale con sopra la statuetta della B. V. della Concezzione (sic). La Via Crucis, una croce col Cristo che si porta nelle processioni, una croce d’ottone per le processioni, una croce di legno senza Christo, tre croci piccole per i tre altari, candeglieri (sic) tra tutti in numero 26, banche della chiesa numero undici”.

Altra visita pastorale il 3 maggio 1793, dove il vescovo “in occasione della Visita si sono venuti li conti del moderno priore Sante Francisconi, delle unite compagnie del SS. Sacramento e del Rosario” , trovati diligenti e ordinati, anche se vi sono passività di entrate.

Nell’anno 1812, in data 21 marzo alle ore 8, avvenne un’enorme scoscendimento di terreno. La frana si mosse dal monte di Facciano, con tale veemenza e in profondità, così notevole, da travolgere terreni e fabbricati. In questo gravissimo infortunio rovinarono chiesa, canonica, cimitero, case circostanti. Nel fiume Savio si venne a formare la località che ora è denominata “Lago”, formata dalle acque per l’enorme gettito dei detriti della frana. Sotto le macerie della canonica perì la madre del parroco, don Luigi Neri. Interessante citare il documento “Memoria sul lago di Quarto” scritto dall’ingegner Giovanni Bertoni, stampata a Roma nella tipografia delle belle arti nel 1843, indirizzata all’Emintenissimo e reverendissimo Cardinale Luigi Vannicelli Casoni, legato della provincia di Forlì. “Dall’improvviso e memorabile sorgimento del Lago di Quarto in quel dorso degli appennini che divide la provincia di Forlì dallo stato della Toscana, si agitarono nell’anno 1812 le attonite meraviglie del pubblico, le curiose indagini dei naturalisti. D’allora il fiume Savio, perduta la precipitosa e libera declività del suo letto, infrenò una insormontabile barriera, a tale che, apertasi fra nuovi e scoscesi fianchi altra via, per questa si ravvivò coi soli rifiuti e straripamenti del Lago. Così le mutate leggi del corso inoltrarono sino all’estate del 1828; quando una siccità deplorabile sopravvenne nella soggetta pianura sino al mare adriatico”. Tutto questo portò ad agitazioni tanto che il magistrato marchese Luigi De’ Calboli Paolucci, sua eccellenza monsignor Antonio e il cardinale Benvenuti spedirono sul luogo l’ingegnere pontificio, autore del libretto sopra citato, a tentare una soluzione. L’ingegner Giovanni Bertoni così descrive: “Per ben due leghe così procede il sentiero sempre mutabile, sempre incerto finchè salendo a mezza costa, ti colpisce dalla sinistra un rombo lontano di acque cadenti che l’eco solitario ripete e moltiplica in mille guise. E’ l’ultima cateratta del lago di cui biancheggiano in alto gli sprazzi senza interamente discoprirla per la lontananza, e per le rocce che la rinserrano. in tal punto, quasi senza avvederti, percorri una estensione disordinata di suolo a più ricolmi, accavallati l’uno sull’altro, per una latitudine traversa di metri duemila, oltre un miglio; pe’ quali ricolmi si tragitta per altrettanta via. Suolo senza piante, tutto cinereo, che appare alcoclore, alle forme quasi un terreno vulcanico. Esso non è che una ghenga scheggiosa, friabile, di fosca tinta; non è che l’ammasso enorme della frana onde il monte altissimo, denominato Montalto si avvallò tutto intero dal vertice al piede. Altissime rupi chiudono intorno un ampio bacino di sospese acque, cui navigano per ogni banda piccole barche pescherecce, largo ottocento metri, lungo oltre millequattrocento.

 

Due grandi influenti superiori vi scendono precipitosi e corrono a perdersi nelle sue acque: il Savio superiore e la Para. Il Savio nella direzione ad ostro a settentrione vi ha sbocco di centoquaranta metri in larghezza; là dove appunto due sporgenti abituri, Pian d’Angelo e Casalbingo, ti sembrano posti a destra e a sinistra come a guardia della gran foce. Per questa entrando, è navigabile il Savio per due miglia e più superiormente, colla profondità dagli otto agli undici metri, e per la lunghezza ragguagliata di 80 metri. Con foce pressochè uguale, la Para entra nel lago nella direzione di sud ovest, ed essa pure con un fondo eguale, e quasi eguale larghezza, può navigarsi superiormente per un miglio ed un terno, circa metri duemila. Per queste due alte gole del Savio e della Para puoi dell’uno e dell’altro corso salire alle prime sorgenti. Il Savio e la Para alimentano di acque perenni il lago di Quarto e, spesso troppo copiose, talora ingolfano da banda a banda le due gole; e rotte e spumanti fra gli scogli precipitano da quei declivi in altre e fragorose fiumane. Nella dura prospettiva degli avvallamenti che circondano il lago di Quarto, qual via, o signori, credete voi destinata alla copia di tante acque? il piano di una gola di monte non più largo di metri venti, lungo cinquecento sessanta, serve alla loro caduta. E’ questo l’unico efflusso, d’onde le acque precipitano da tre balze ad alimentare il Savio inferiore per tre cascate di 4, di 12, di 30 metri. Per tali cause questo elevato cratere, dispensatore di acque per la pianura, acquista un carattere di novità che diversifica il Savio da tutti i fiumi della provincia forlivese, e ben anche da quelli della più parte d’Italia”. Il luogo, Quarto, è molto celebre sia per il passaggio di Annibale e dell’esercito cartaginese, sia per la sua dipendenza dalla famosa Sarsina, patria di Plauto ; o come la tribù sapinia, tolto il nome dall’antico Sapis, ora Savio, questa terra pure abitasse. Fino al marzo 1812 il lago di Quarto era il piano di Quarto. Dentro una vallata cosparsa di radi pascoli, di seminati e di case da contadino, correva il Savio in diversi rami, uno dei quali serviva per alimentare un mulino e l’altro lambiva il palazzo Marini. Il suo letto, dopo avere accolte le acque confluenti della Para, percorreva la gola naturale ed ampia del fiume. Quel 21 di marzo, alle ore 8 del mattino, il culmine di Montalto, elevatissimo e dominatore di ogni monte circostante, si aprì dalla cima per mezzo in una larga e profonda rupina.

 

“L’enorme scoscendimento si vide fra dense nubi di polvere calare tutto insieme colle capanne ed i pastori, e giù giù essere attratto dalla voragine; poi come di un balzo tutto sparire capovolto e chiuso nelle sue viscere. Ed ahi! la pietà rifugge la memoria che sedici sventurati trovarono là dentro il sepolcro! Un questante settuagenario nella parte estrema era tratto a salvezza con violenta mano dalla sua guida; ma il misero vecchio, vacillando e a stento mutando i passi, fu abbandonato, e in quella coverto dalle materie. La guida, fuggendo di gran lena, era ferita e fiaccata dai lanciati sassi; si rialzava, quando nuove ruine a guisa di corrente lava la sopraggiunsero, e mezzo sepolta del corpo emergea fuori colla testa, e colle braccia sporgenti invocava la misericordia dei generosi che a gran pena la poterono salvare. Quella scossa potentissima, che gli abitanti lontani opinarono in terremoto, scommesse fuori delle imposte le travi della chiesa parrocchiale di Quarto, trasse a ruina tutto il sacro edificio e la intiera casa presbiterale, sagrificando la madre di quel pastore. Di diciassette vittime quest’una estinta si ricuperò. Altri molti corsero pericolo, e cinque coloni al margine di quella invasione, ancora vivi, si poterono dissotterrare”. Ma c’erano stati però alcuni segni che avevano preannunciato l’evento catastrofico. Sulla vetta di Montalto alcuni pozzi naturali si erano essiccati, come anche tutte le fonti”

Nei due giorni precedenti ci fu un alzamento del fiume Savio, dove intanto si stava perdendo il “piede” della montagna. L’ingegnere Bertoni viene ospitato dalla famiglia Marini per tutto il periodo dei lavori. 

Scriverà poi un libro di memorie sulla frana e ne farà dono, con dedica personale: “ALL’ILL.MO SIGNOR GIOVANNI MARINI IN SEGNO DI GRATITUDINE E STIMA”, che conserva con piacere Vittoriano Marini di Quarto, il quale me lo ha mostrato e ho potuto estrapolare queste notizie.

Nel 1827 il vescovo Nicola Casali univa in perpetuo la Cura di Quarto a quella di Turrito, che entrambe facevano parte dello Stato della Chiesa. A Valbiano vengono portati alcuni oggetti superstiti della chiesa di Quarto: un quadro, un calice, una campana.

Il parroco di Turrito ebbe sempre un coadiutore per la frazione di Quarto. Dal 1812 al 1819 fu don Domenico Narducci, dal 1819 al 1869 don Luigi Bonucci, dal 1869 al 1887 don Lodovico Peruzzi, dal 1887 fino al 1891 don Andrea Mengoni, dal 1891 al 1894 don Luigi Neri, dal 1894 al 1898 don Celeste Mosconi che fu parroco successivamente a Tezzo, dal 1898 al 1904 don Massimo Morolli, dal 1904 al 1905 don Carlo Fanelli che successivamente fu parroco a Sorbano, dal 1909 al 1919 don Giuseppe Piani, che nel 1919 si trasferì a Valbiano.

Il 20 settembre 1914 la famiglia Marini chiede il permesso al vescovo di aprire un Oratorio presso la propria casa e il Vescovo, mons. Eugenio Giambro, lo concede. Due mesi dopo, il 14 novembre 1914, visitando il nuovo oratorio scrive: “Avendo visitato l’oratorio semipubblico eretto nella proprietà della famiglia Marini abitante nella frazione detta Quarto, appartenente questa alla parrocchia di Torrito, e avendolo trovato discretamente in ordine giusto quanto prescrive la liturgia, a richiesta della nominata famiglia, permetto che in esso si facciano le funzioni religiose per comodità del pubblico e in modo speciale delle famiglie che abitano quella frazione, le quali si trovano distanti dalla parrocchia cinque chilometri incirca, alle seguenti condizioni: a) durante le funzioni in esso deve essere libero l’accesso a tutti i fedeli indistintamente; b) vi si possono compiere le funzioni che sarà per permettere l’arciprete di Valbiano pro tempore; c) tali funzioni devono farsi a richiesta della famiglia Marini, proprietaria dell’oratorio; d) in esse si deve sempre preferire l’arciprete di Valbiano a cui appartiene dirigerle; e) quando l’Arciprete di Valbiano non può intervenire la famiglia Marini può invitare un altro sacerdote di accordo però con l’arciprete di Valbiano e l’invitato deve dipendere nelle funzioni da questo; f) quando si invitano più sacerdoti si deve preferire l’arciprete di Torrito; g) a questo non si può impedire di fare delle funzioni ch’egli potrà giudicare necessarie e utili per quella frazione, purchè riguardo l’orario vada di accordo con l’arciprete di Valbiano; h) se l’arciprete di Torrito deve invitare altri sacerdoti preferirà l’arciprete di Valbiano; i) il mantenimento dell’Oratorio e di quanto può occorrere per le funzioni vada tutto a carico della famiglia Marini; l) una copia vada all’Arciprete di Valbiano, una all’Arciprete di Torrito, una alla Curia vescovile e una alla famiglia Marini, che deve tenerla visibile nel coro dell’Oratorio”. L’oratorio di Quarto viene aperto al culto il 24 novembre 1914.

Il 1 dicembre 1914 il vescovo scrive nuovamente, puntualizzando che “Don Getulio Merciari per tre anni, e cioè fino al 31 dicembre 1917 cede la cura attuale del villaggio detto Quarto, frazione della parrocchia di Torrito, a don Giuseppe Piani, il quale accetta e promette di fare  a vantaggio di quella frazione tutto quanto deve un parroco. Durante questo periodo i battesimi, i matrimoni, i funerali verranno fatti nella chiesa parrocchiale di Valbiano o nell’oratorio di Quarto; don Piani prenderà per se tutti i proventi annessi ai servizi che verrà prestando, versando alla Diocesi la tariffa stabilita. Egli si obbliga ad accompagnare i cadaveri al cimitero di Torrito ”. La gente inizierà così a partecipare alla messa nella piccola chiesa. Davanti all’ingresso vi era un pergolato grande e molto ombreggiante, così il solito gruppetto di fedeli, che non si sedeva mai nelle panche, si fermava all’ombra del pergolato senza neppure entrare in chiesa perché era piena, essendo di dimensioni ridotte.

Il parroco di Turrito, don Getulio Merciari, che nel 1937 inaugurerà la nuova bellissima chiesa, il 25 aprile 1935 scrisse al Vescovo chiedendo un Cappellano per la frazione di Quarto.

Nel 1925 entra in funzione la Centrale idroelettrica di Quarto che normalizzerà l’erogazione della corrente elettrica nella Valle del Savio. Scompariranno le lampade a petrolio e verranno sostituite dalle comuni lampade a incandescenza.

A Sarsina la “luce” era arrivata già da quattro anni, nel 1921, per la messa in opera della centralina del Mulino del Grillo (nell’Area della necropoli romana di Pian di Bezzo) da parte di una società locale, nata per volere del canonico Candido Marinelli e del benestante Costante Salvadori.

La Centrale di Quarto per decenni divenne il punto di ritrovo principale per i ragazzini. I giovani di Quarto Vecchio e quelli di Piandisotto si davano spesso appuntamento, specialmente nelle luminose sere d’estate, in centrale dove vivevano le famiglie che vi lavoravano. I giochi più ricorrenti erano, solitamente, giochi semplici come “Liberato”, “Rubabandiera”, “Mondo” ecc. “Il gioco era anche un modo per voltare pagina, come racconta Sandro Santini, e i più grandi, dopo anni di rinunce e sofferenze, anche con i pochi mezzi a disposizione, facevano di tutto per divertirsi.

 In seguito divenne un punto di incontro anche per gli adulti, perché si proiettavano Film per tutti ed era così un’occasione per scambiare quattro chiacchiere tra i paesani e non. Ora tutta la zona è abitata da un dipendente dell’Enel in pensione, Enzo Petracci e famiglia, che vi si reca prevalentemente in estate e nei fine settimana. Le altre abitazioni, da molto tempo abbandonate, sono quasi crollate.

Durante l’ultima Guerra Mondiale, nel 1944, Quarto venne attraversata prima dalle truppe tedesche, successivamente da quelle alleate. Tutti si fermarono per un certo tempo, soprattutto i tedeschi che avevano occupato il palazzo dei Marini per le loro esigenze logistiche, lasciando ai proprietari il minimo indispensabile per le necessità personali.

Racconta Vittoriano Marini “che i partigiani locali, con una loro azione, fecero saltare in aria una autoblinda tedesca in zona “Ponte del Diavolo. Per rappresaglia vennero incendiate le abitazioni di Ca’ di Giannino e rastrellare tutte le persone che si trovarono in un vasto raggio”.

“Ricordo una lunga fila di persone – racconta Vittoriano Marini – che saliva a piedi dalla centrale sotto il controllo dei soldati tedeschi. Vennero rinchiusi negli scantinati dell’osteria di Libero Baraghini per essere fucilati. Grande era la disperazione per tutti. Un comandante tedesco, di animo buono, che si era insediato a Piandistotto e che conosceva le famiglie Baroncini e Santini, anch’essi catturati nel rastrellamento, riuscì ad evitare la loro fucilazione e a salvarli tutti. Prima della ritirata i tedeschi minarono la centrale e la resero inutilizzabile. Fu rimessa in funzione a conflitto terminato”.

Le lezioni della scuola elementare si svolgevano in un ambiente piuttosto grande, che si trovava nella casa colonica abitata dalla famiglia Milanesi. Successivamente fu costruito il palazzo scolastico con l’abitazione per le insegnanti vicino alla casa cantoniera. Dai poderi sopra Piandisotto (Casellina e Petronilla) venivano vari bambini, arrivati in “centrale” si aggiungevano altri bambini che abitavano lì e andavano insieme a scuola, erano già 10/12 bambini provenienti da quella parte, altri 20 e più bambini arrivavano da “Quarto vecchio” e altri poderi circostanti per cui in totale in quella scuola c’erano oltre 30 bambini. La scuola era divisa in due pluriclassi. Per riscaldare le aule c’erano due grandi stufe in terracotta e, non essendoci bidelli, erano gli stessi bambini ad accendere e caricare la stufa durante l’inverno. Per molti anni durante e dopo la guerra a Quarto ci sono state due Insegnanti storiche, Guidi Adelaide e Conti Teresa, molto brave ma anche molto severe. 

                Attualmente quel palazzo è stato trasformato in case popolari.  La maestra Conti dava lezione anche agli alunni delle scuole medie che avevano qualche difficoltà. Grazie a lei nascono a Quarto i primi programmi culturali-ricreativi aperti a tutti. Erano gli anni Cinquanta quando, su un palco un po’ improvvisato in un locale del bar ora denominato “Bar del Lago”, la maestra Conti presentava ad un folto pubblico la prima commedia.

“I testi non erano scritti da lei, ricorda Vittoriano Marini, ma usava trame già affermate. Tra gli attori ricordo Gianni Santini, Rosalba e Irma Santini, Gina Bartolomei, Omero Boattini e altri. Quartesi genuini alle prime armi, ma tutti molto bravi. La sala era sempre piena e il divertimento era assicurato. Alla Domenica, racconta Sandro Santini, c’era l’appuntamento della messa che era abbastanza frequentata. A Quarto non c’era ancora la Parrocchia. A dire la messa veniva il Parroco di Turrito don Giuseppe Baraghini. La Chiesa era ancora a “Quarto vecchio” nella casa padronale dei “Marini”. Era piccola ma ben tenuta, non riusciva a contenere tutti, e soprattutto d’estate gran parte degli uomini restavano fuori nel prato antistante e più che seguire la messa erano impegnati in chiacchiere sulla caccia e argomenti vari. Per molti anni la catechista che preparava noi bambini alla comunione e cresima è stata Neri Luigina di Cà di Francione (poi diventata Suor Immacolata, vivente).

Nei primi anni Cinquanta, nella frazione della Massa, vi erano numerose famiglie. La strada non era asfaltata e non esistevano i mezzi di trasporto moderni. Così le persone che avevano bisogno di recarsi al mercato a San Piero o a Sarsina scendevano a Quarto a piedi con scarpe vecchie e se le cambiavano nella falegnameria di Pietro. Così lui doveva essere nella falegnameria di mattina presto per favorire queste persone disagiate.

 Oltre all’agricoltura vi erano due negozi alimentari e osterie, un calzolaio Bruno, detto Gandi, che aveva sposato Severina Marini di Piandangelo e c’era anche un fabbro, Para Leardo, che in tempi moderni fonderà la Ditta “Sampierana Macchine”, sopra ricordata, oggi molto apprezzata anche all’estero. 

Non mancava l’organizzazione per il tempo libero. Nella stessa sala dove si svolgevano le commedie si ballava. In seguito venne allestita anche una pista da ballo all’aperto, per l’estate. Alcuni ragazzi si ingegnarono nel formare una orchestra, i cui componenti erano: Santini Pietro alla fisarmonica, Santini Renzo (chitarra e batteria), Santini Aurelio (saxofono e clarino) e Gianni Marini (violino).

“L’orchestra era molto apprezzata dagli appassionati. A quei tempi però si rispettavano rigorosamente le feste religiose e la quaresima e l’orchestra si adeguava di conseguenza. Le ragazze del paese si ingegnavano come potevano per  presentarsi al meglio nella varie feste. Quasi tutte si arrangiavano cucendosi i vestiti da sole e molte avevano imparato i rudimentali di cucito presso alcune sarte del posto (presso Giuseppina e Genoveffa) – afferma Vittoriano Marini. – La mia mamma, Santini Genoveffa, sarta esperta, invitava le ragazze del posto ad imparare un poco il mestiere. Così la nostra casa di Quarto Vecchia era frequentata continuamente da giovani ragazze che mettevano allegria a tutti quanti. Ricordo Gina Bartolomei, Ezia, Rosa, Anna, Giovanna, Rosalba. Di queste ragazze solo Rosalba, sposata con Donato Ensini, è rimasta nel suo paese. Tutte le altre, per ragioni di lavoro e familiari, si sono allontanate per non tornare più” così ricorda Vittoriano.

La trebbiatura del grano era un momento importante per la vita dei contadini. Il grano era allora il prodotto principale nell’economia delle famiglie contadine. Un buon raccolto, oltre al giusto premio per il duro lavoro di tutto l’anno, poteva significare sfamare la famiglia per l’anno successivo. Il proprietario del podere e il contadino erano sempre presenti nell’aia e controllavano con attenzione il peso del grano che veniva raccolto in appositi sacchi e diviso fra i due. La trebbiatura era anche l’occasione per fare festa. Tutti ci tenevano ad accogliere bene la “squadra” che accompagnava la trebbiatrice e le donne di casa davano il meglio di sè per preparare i migliori pranzi (si racconta che nei poderi più ricchi come Pagno, Monteriolo, Massa si mangiasse divinamente).

In alcuni poderi agli “addetti alla macchina” veniva addirittura concesso un letto per dormire. Gli “addetti alla squadra” si dovevano accontentare di un capannone con la paglia. Il trasporto della trebbiatrice da un podere all’altro era una vera e propria avventura. In molti casi su strade ripide e strette si doveva  ancorare la trebbiatrice con delle funi tenute dagli uomini della “squadra” per evitare il ribaltamento della stessa.

A Quarto ci fu anche la “Ricevitoria postale”: era un ufficio postale a “scartamento ridotto.” Infatti era abilitato per la spedizione della corrispondenza ordinaria, raccomandate e assicurate ma non si potevano fare operazioni in denaro (vaglia o altro). Non c’era un vero e proprio orario d’ufficio. In genere l’ufficio rimaneva aperto un’ora prima del passaggio della corriera per ricevere raccomandate. Il titolare inoltre faceva anche il portalettere.   A quei tempi per questo incarico non c’erano concorsi e la titolarità si otteneva per successione. Sandro Santini ricorda: “Infatti dopo la morte della mamma passò a mio babbo (3° mestiere) e per l’ultima volta da mio babbo a mia sorella Irma. Poi la ricevitoria fu soppressa e a Quarto rimase solo il portalettere”. Il titolare della Ricevitoria doveva mettere a disposizione una stanza (o meglio sgabuzzino) a sue spese. La prima sede (mt 2 x 2) fu ricavata all’interno della bottega alimentari della “casa Baraghini” posta sulla strada nazionale dove c’era la fermata della “Sita” e successivamente  nella casa costruita Santini sempre sulla strada nazionale, di fronte alla bottega Baraghini.

Nell’immediato dopoguerra la zona più popolata era quella di “Quarto vecchio”. C’era poi la zona “centrale elettrica” dove abitavano 7 dipendenti della centrale (prima S.I.D.A.S. poi diventata Enel) con le loro famiglie. A “Quarto centro” allora c’erano solo due fabbricati importanti: la “Casa Baraghini” (ora Ristorante del Lago) con osteria, bottega di generi alimentari e, come detto, uno sgabuzzino adibito ad ufficio “ricevitoria postale”. In una baracca vicina,  bassa e lunga, c’erano la bottega da falegname di Santini e la bottega da calzolaio di Bruno detto “Gandi”.

Più avanti sempre sulla strada nazionale, in direzione San Piero, la casa “Moretti” (ora Ristorante La Pineta) anche questa con osteria, piccolo ristorante, generi alimentari (gestiti direttamente dalla famiglia Moretti), capannoni e magazzini adiacenti per il commercio della legna e  del carbone. In una baracca adiacente si trovava la bottega da “fabbro” di Para Leardo, ricordato più sopra.

Mi ha raccontato minuziosamente l’amico Sandro Santini nel 2013:  “A Quarto nel primo dopoguerra, e per alcuni anni successivi, nella piana dove ora c’è la nuova scuola ed altre abitazioni, si tenevano due fiere di bestiame, ovini e pollame molto importanti. Adiacenti al luogo della fiera c’erano giostre, bancarelle con dolciumi che per i bambini erano una vera “pacchia”. Con 5 lire si prendeva un abbondante gelato che Crociani di San Piero vendeva con il suo carrettino. In particolare risuonavano le urla dei “mediatori” che con una forte stretta di mano fra venditore e acquirente siglavano i contratti di compravendita del bestiame. In occasione delle fiere la corriera doveva fare diverse corse in più per portare la gente da Sarsina e San Piero. Mio babbo aveva messo a disposizione una stanza-deposito per quelli che d’inverno arrivavano dai poderi circostanti con gli stivali, prendevano la corriera per Cesena o San Piero, e avevano bisogno di sostituire gli stivali con le scarpe (come contropartita si risparmiava di andare a portare la posta a Massa ed altre zone lontane)”.   Quarto era diventato un vero e proprio “centro commerciale” e crocevia di smistamento per tutte le zone circostanti ancora abbastanza popolate.

C’era un fiorente commercio di legna e carbone gestito da Rino Moretti. I contadini e carbonai provenienti dalle zone di Massa, Para e Ruscello portavano con i loro muli legna, carbone ed altri prodotti, si fermavano con tutta calma a rifocillarsi presso l’osteria “Moretti” facendo la immancabile partita a carte, un po’ di chiacchiere e soprattutto abbondanti bevute di sangiovese. Come detto c’era la Ricevitoria postale, la fermata della corriera (SITA). C’era perfino un servizio “taxi” gestito da Gianni Marini. A cavallo tra gli anni 50’ e ’60 fu aperto anche un distributore carburanti gestito da Selvi Natalino (ex maresciallo dei carabinieri di Sarsina). Presero avvio anche piccole attività commerciali come l’attività ambulante di “frutta e verdura” di Gianni Ulivi e due/tre ditte individuali di autotrasporti.

Negli anni 50/60 la zona di “Quarto centro” ebbe un importante sviluppo edilizio con la costruzione di nuove case, la Chiesa con annesse opere parrocchiali, le case popolari e successivamente la scuola materna/elementare.

In pochi anni il traffico sulla strada nazionale aumentò notevolmente. Le attività commerciali locali (generi alimentari, osterie, ristoranti) ne trassero grande beneficio. Anche per gli operai e braccianti la situazione economica migliorò grazie alle opportunità di lavoro offerte dai nuovi investimenti pubblici (strade, scuole, case popolari) e dalle numerose iniziative private. Anche in queste zone si respirava aria di  “boom economico”.

In tutto questo rifiorire era necessaria una nuova chiesa. Tutto il resto stava nascendo. La Curia sarsinate fece, il 7 gennaio 1947, una prima domanda al Ministero dei Lavori Pubblici per chiedere la costruzione di una nuova chiesa intitolata alla Natività di Maria, titolo storico, richiesta ripetuta il 22 maggio 1950 dal Vescovo Emilio Bianchieri.

Dal libro “Cronicon” della parrocchia di Quarto, leggiamo il racconto di don Antonio Buffadini: “Trovandomi in qualità di direttore spirituale di un Istituto religioso di Suore a Figline Valdarno, ebbi la visita del rev.do Arciprete di Montecastello don Osvaldo Balducci al quale, tra l’altro, confidai il desiderio di erigere una chiesetta nella frazione detta “Satone” a 3 km da San Piero in Bagno, dove tutt’ora vivono i miei fratelli con la mia cara mamma di ben 88 anni che,grazie a Dio, porta benissimo e gode della più perfetta salute.

A questa confidenza l’ottimo arciprete riprese: “Don Antonio, dato il vivo desiderio di Mons. Bianchieri di erigere il Santuario della Madonna Pellegrina, precisamente sul lago di Quarto, non le parrebbe più facile e conveniente di fare questo bene a Quarto anziché al Satone? E, tanto per farla breve, mi riservai di pensarci e riflettere bene prima di decidere. Decisione che poi fu affrettata, ossia causata, dalla solita….incomprensione sia dei parenti che dell’arciprete e così accettai la proposta in linea di massima pregando il Vescovo di dirmi a quali condizioni”.

Nel frattempo, il vescovo Bianchieri aveva nominato parroco di Quarto il giovanissimo (23 anni) don Vittorio Morosi, diventato prete nel 1950. Don Vittorio, scomparso nel 2007, mi ricordava sempre che quella notizia gli diede grande gioia: sapeva che a Quarto bisognava costruire la nuova chiesa, anche per ospitare la statua della Madonna Pellegrina, e visse alcuni mesi di grande entusiasmo nell’attera. Dopo un paio di mesi, il Vescovo richiamò don Morosi, che nel frattempo risiedeva in Seminario, comunicandogli che al suo posto aveva nominato un altro parroco per Quarto. “Mi inginocchiai piangendo” mi raccontava don Vittorio. Ma il Vescovo non cambiò idea. Una ferita che don Vittorio si portò dentro tutta la vita. Una storia che nessuno ha mai scritto ma che non dobbiamo dimenticare: deve fare riflettere tutti noi. 

Ebbe in data 12 febbraio 1951 la risposta ufficiale dove la Curia consegnava a don Buffadini il podere di Santa Petronilla e il podere “Chiesa vecchia” di Turrito alto, chiedendogli di svolgere il ministero pastorale con zelo e cura di parroco, di dare la sua cooperazione per lo svolgimento delle pratiche inerenti alla erezione della frazione di Quarto a parrocchia, all’assistenza per l’esecuzione dei lavori che saranno eseguiti sotto la esclusiva direzione dell’ufficio Amministrativo. Il 1° marzo 1951 il nuovo parroco si trasferì a San Piero in Bagno in famiglia in attesa di qualche sistemazione provvisoria a Quarto. Il Vescovo gli diede possibilità di dimorare nella canonica di Turrito e prestare servizio anche a questa frazione, dalla quale Quarto ancora dipendeva. “Mi preoccupa non poco – riprende don Buffadini – il fatto di dover trasportare, per oltre due ore di cammino, i morti da Quarto al cimitero di Turrito in cima al poggio di Turrito”.

Prendendo la pratica, don Antonio scrive alla nuova giunta comunale e, finalmente, il 7 luglio del 1952, dopo due mesi di lavoro della ditta Giuliani di Montecastello, il vescovo mons. Bianchieri potè benedire la prima pietra del nuovo cimitero e benedice l’inizio dei lavori e il luogo dove sorgerà il Santuario della Madonna Pellegrina. E’ presente anche don Pier Damiano Buffadini, Generale del Monaci Camaldolesi, fratello di don Antonio. Scrive don Antonio: “Descrivere l’odissea vissuta e combattuta specie anche da Mons. Vescovo, per poter arrivare a questo…fatidico giorno è cosa veramente assurda e improponibile. Ostruzionismo e difficoltà di ogni sorta e da ogni ceto di persone; nessuna meraviglia è sempre stato così: tutte le cose e iniziative sante hanno avuto e sempre avranno il battesimo del…fuoco!”

Nel 1952 è economo diocesano don Osvaldo Balducci, parroco di Montecastello, che provvede prima di tutto alla costruzione del salone sottostante dopo averne gettate le fondamenta.

 Il giorno 3 aprile 1952, come troviamo in un documento nella cartella “fogli parrocchiali Quarto”, nell’archivio di Sarsina ora trasferito a Cesena dal 2011, la Pontificia Commissione Centrale per l’Arte Sacra in Italia si riunisce nel Palazzo della Cancelleria, alle ore 16, fornendo questo verdetto: “Si approva il progetto dell’ing. D. Zuccherini, della nuova chiesa parrocchiale di Quarto, raccomandando che nella facciata appaia una sola bifora”.

Il 12 novembre 1952 viene concluso il preventivo dei lavori: per la costruzione della Chiesa Parrocchiale £ 7.341.736, per il campanile £ 1.879.668, per la casa canonica £ 5.775.810, per un totale di £ 14.997.214 arrotondate a £ 15.000.000.

Le spese e competenze relative al contratto di Donazione da parte della Società Idroelettrica dell’Alto Savio alla Curia Vescovile di Sarsina, avvenuta il 14 aprile 1955, ammontarono a £ 14.459.

Il 1 agosto 1952 il Vescovo Mons. Emilio Bianchieri fa un “Appello per la Giornata della Madonna Pellegrina al dilettissimo Clero e Popolo Sarsinate”. “Sono ormai trascorsi due anni, scrive il Vescovo, dalla conclusione della Peregrinatio Mariae e dalla sera dell’11 giugno 1950 la soave effige è ospite della chiesetta di Quarto, tanto facilmente avvicinabile alla capanna di Betlemme. Avremmo voluto, come suol dirsi, bruciare le tappe e veder sorgere, come per incanto, il Santuario della Madonna Pellegrina sulle sponde del lago di Quarto. Ognuno dedica il suo contributo ascoltando la voce del cuore, con gli occhi fissi alla mano della Madonna tesa verso di lui. Chi ha ricevuto di più dalla Provvidenza, dia l’esempio che trascina ed edifica. Chi è povero ricordi il valore dell’umile obolo che esprime il sentimento di tutta l’anima”.

Il progettista, ing. Duilio Zuccherini, il 12 dicembre 1952 compila la relazione tecnica di come sarà il nuovo santuario. “Il terreno è costituito da un’area di mq 1000 circa avuto in donazione dalla Soc. idroelettrica Alto Savio; è situato a valle della strada statale n. 71 a 7 km a monte di Sarsina; ha la forma rettangolare e profilo irregolare con una depressione rispetto alla strada, nella sua parte media, di m. 4 circa. Si è pensato di eliminare l’onere del riempimento della depressione utilizzandola per la costruzione di un locale da adibirsi a salone per le attività parrocchiali. La copertura del salone parrocchiale, poco sopra il livello stradale, costituisce il piano sul quale sorge la chiesa. La canonica è sviluppata su tre piani, prevedendo al piano sotto la strada una sala per le organizzazioni cattoliche e i servizi per la abitazione del Parroco, al piano stradale i servizi della parrocchia (sacrestia) e i locali di residenza diurna del Parroco; al primo piano le camere da letto e i relativi servizi.

 L’Opera di Carità “Linea Gotica” anticipa, per la costruzione del Santuario, una cifra consistente di £ 1.807.299.

Tantissime aziende e ditte locali sono impegnate nella costruzione del Santuario, tra cui l’impresa ing. Zuccherini & C che si occupa della costruzione, le ditte di autotrasporti di Luigi Petracci e  fratelli Marini di Mercato Saraceno, dalla SFAG di Borello (Società Frantumazione e Allestimento Ghiaia), la Società Valentini di Borgo San Sepolcro per le mattonelle (125 metri quadrati), dalla ditta Teodorani per la tinteggiatura, l’impresa Lorenzo Satanassi di Sarsina che fornisce materiali edili, la ditta Ruggero Calbucci (impresa lavori edili stradali) di Mercato Saraceno che fornisce cemento e laterizi, la ditta Torelli Giovanni di Sarsina –alimentari, ferramenta, articoli da caccia – che fornisce mine e micce per gli scavi, il falegname Magalotti di Borello.

La Società Artistica Marmo di Faenza si occupa della nicchia, formata dalla cornice in marmo rosso e rivestita in marmo cipollino per una spesa di 75.000 lire. Contribuisce al lavoro anche l’idraulico Camprini Epaminonda. Il fabbro Para Aleandro fornisce il telaio per 2 finestre dell’abside, 3 sulla facciata, 4 in chiesa con i comandi per aprile, fornisce 4 putrelle da 16 mm per il sostegno delle campane e il castello in putrelle da 8 mm per l’abbassamento delle campane.

L’ebanisteria Vincenzo Sbaragli & figlio si occupa di fornire n. 7 porte complete di ferramenta e vernice, 2 porte perlinate, 4 finestre con controtelaio complete di ferramenta, vetri e vernice, il portone di ingresso in legno di rovere di Slavonia completo di ferramenta e lucidatura a copale misurante metri 3 x 2, il tamburo interno della chiesa in legno di abete, le serrande per la canonica avvolgibili comprese di cassonetti coprirullo.

Dal 18 agosto 1954 al 15 settembre 1954 vengono acquistate, presso la fornace Laterizi di Marcato Saraceno, 4000 tegole e 38.340 mattoni. 

La ditta “Enrico Pandolfini Marmi” di Pietrasanta presso Lucca consegna, l’11 ottobre 1954, il nuovo altare in marmo. Le alzate sono  in marmo Cipollino; le pedate in Botticino; le colonnette, il paliotto e le colonnette del ciborio in Rosso Amiata, il rimanente tutto in Botticino.

In tanti contribuirono alla raccolta di offerte per l’erigendo Santuario. Primo fra tutti, il Vescovo Mons. Emilio Bianchieri con £ 600.000, seguito dai sacerdoti mons. Ettore Fabbri, mons. Augusto Casadei, can. Bondanini Colombo, can. Bernabini Domenico, can. Alessi Alfredo, can. Corrado Balducci, can. Baraghini Giuseppe, can. Leonardi Amedeo, can. Ponti Agostino, can. Luigi Testi, can. Giuliani Antonio, can. Giannini Olinto, can. Farneti Silvio, can. Matassoni Celemente, il Municipio della Città di Sarsina, le parrocchie di Sarsina, Bacciolino, Badia, Balze, Cigno, Colonnata, Falcino, Giaggiolo, Linaro, Massa, Mercato Saraceno, Montecastello, Montecoronaro, Montejottone, Montepetra, Montesasso, Musella, Paderno, Pagno, Piavola, Ranchio, Rivoschio, Rontagnano, Rullato, Ruscello, San Damiano, San Romano, Sorbano, Turrito, Valleripa, Quarto, per un totale di £ 4.939.870, lo Stato contribuì per £ 12.224.910, i frutti dei libretti £ 5.795, per un totale di £ 18.175.360 di entrate.

Il 20 maggio 1953 il parroco di Massa, don Clemente Matassoni, dà parere favorevole sul fatto che 15 famiglie della sua parrocchia, che gravitano su Quarto, vengano smembrate da Massa e aggregate alla nascente parrocchia di Quarto. Risponde, il 22 maggio 1953, anche il parroco di Turrito, esprimendo parere favorevole sul fatto che tutta la frazione di Quarto venga stralciata da Turrito e costituisca parrocchia a sé.

E’ del 31 maggio 1953 l’erezione canonica della parrocchia della Madonna Pellegrina in Quarto, grazie all’interessamento del Vescovo Mons. Bianchieri. “Considerato che gli abitanti della frazione di Quarto, parrocchia di Turrito, e sedici famiglie della parrocchia di Massa distano dalla propria chiesa parrocchiale rispettivamente oltre cinque e oltre tre chilometri e non vi possono accedere senza notevole incomodo; considerato che Quarto fu per più di un secolo parrocchia autonoma, e che solo a causa della distruzione della chiesa e della canonica avvenuta per uno scoscendimento di terreno fu unita  a Turrito; considerato che le dette famiglie di Massa sono assai vicine a Quarto; viste le ripetute domande fatte a noi e ai nostri predecessori  dagli abitanti sopra ricordati per avere la parrocchia a Quarto; sentito il parere del Capitolo della Cattedrale e dei Parroci di Turrito e Massa, e avutolo favorevole; visti in canoni 1427,1 e 1428,1 del Diritto Canonico; valendoci della nostra autorità ordinaria, per il bene di quelle anime abbiamo stimato opportuno emanare, come di fatto emaniamo, il seguente DECRETO. 1) erigiamo una parrocchia autonoma, di libera collazione, amovibile, col titolo di Madonna Pellegrina. 2) il territorio di detta nuova parrocchia confina a nord con le parrocchie di Ruscello e Valbiano, a est con Monteriolo, a sud con Massa, a ovest con Donicilio e con Sajaccio. La chiesa parrocchiale sarà quella che verrà costruita dallo Stato (legge 18 dicembre 1952, n. 2522, Gazzetta Ufficiale 8 gennaio 1953) così pure la canonica: presentemente serve da chiesa parrocchiale una cappella privata e da canonica pure una casa privata”.

Il 7 luglio 1953 la bella e cara statua viene trasferita dal piccolo Oratorio al bel salone che, provvisoriamente, fungerà da nuova chiesa parrocchiale.

Scrive, nel libro “Cronicon” della parrocchia, don Antonio Buffadini parroco: “Tutta la strada era illuminata a giorno tramite fiaccole, candele e razzi. La popolazione volle riservarsi l’onore di offrire le campane, ma non riuscì a racimolare oltre 75.000 e così anche per queste, come per le finestre istoriate dietro l’altare, dovetti provvedere, col mio denaro, io sottoscritto parroco. Con il valido aiuto dell’operazione “Giuffrè” riesco a completare il pavimento alla “Veneziana”, le panche e i due confessionali, nonché la bella e grande bussola all’entrata della Chiesa, balaustra e cancello in ferro e, in fine, l’altare del Sacro Cuore e il Battistero”.

Ed ecco, finalmente, il decreto di elevazione della Chiesa parrocchiale a Santuario, del 16 ottobre 1954:l’erezione della nuova parrocchiale di Quarto – il monumento di riconoscenza e di amore della Diocesi verso la Celeste Pellegrina – è un fatto compiuto. Ora Noi, mossi dal vivo desiderio di favorire e accrescere ognor più nei fedeli la Devozione alla Madonna, a maggior decoro dell’omaggio dei figli alla Madre, e a ricordo dell’Anno Mariano, celebrativo del centenario della definizione dogmatica dell’Immacolato Concepimento di Maria, valendoci della nostra autorità ordinaria eleviamo la detta nuova chiesa al grado di Santuario, che prenderà il nome di “Santuario della Madonna Pellegrina”, e come tale vogliamo che da tutti sia ritenuto. Dato a Sarsina, dalla Curia Vescovile, il 16 ottobre 1954 .”

 Nel gran giorno dell’inaugurazione, il 17 ottobre 1954, dopo la cerimonia avviene il pranzo per i cantori, i sacerdoti, i carabinieri, la moglie e la figlia del Capo della Centrale (in tutto 34 persone) a £ 13.600. Alla “schola cantorum” per il servizio vengono donate £ 15.000, per i fuochi artificiali vengono spesi £ 22.000, per 100 manifesti grandi e 200 piccoli £ 5.000.

Le cronache raccontano: Il 17 ottobre 1954 rimarrà per la nostra Diocesi una data storica indimenticabile. Il monumento della riconoscenza e dell’Amore verso la “Celeste Pellegrina” è un fatto compiuto. Il giorno 13 sono state consacrate le quattro nuove campane generosamente offerte dalla popolazione. Il giorno 16, alle ore 8, ha avuto luogo la solenne consacrazione della Chiesa-Santuario; alle ore 11 S. Ecc.za Mons. Carlo Bandini ha celebrato la prima S. Messa nella nuova chiesa; alle ore 16 la venerande Effige è stata processionalmente trasferita nella sua sede definitiva dal salone sottostante alla chiesa, dove si trovava dal 7 luglio 1953, utilizzando in quell’anno il salone come sala di culto. E’ seguita la lettura del Decreto di Erezione della Nuova Parrocchia e la immissione in possesso del primo Parroco. Il 17 ottobre è stata una giornata trionfale. Tempo ottimo, massiccio intervento di fedeli da molte parti della Diocesi, particolarmente nel pomeriggio. Alle ore 8 Mons. Vescovo ha celebrato la Messa della Comunione Generale, ammettendo alla I° Comunione e quindi alla Santa Cresima un gruppo di bambini della parrocchia; alle ore 10 Mons. Massimiliano Massimiliani, Vescovo di Modigliana, ha celebrato la Messa Pontificale; prima dell’Omelia è stato letto il Decreto di Erezione della Nuova Chiesa a Santuario della “Madonna pellegrina. Fra le Autorità intervenute abbiamo notato: l’ingegnere Capo del Genio Civile, l’Ing. Ricci e l’Ing. Carli, Sua Ecc.za il Prefetto della Provincia; il sig. Sindaco di Sarsina, il dott. Bellavia del Provveditorato alle opere Pubbliche per l’Emilia. S. Ecc Emilio Bianchieri, Vescovo di Rimini, che fu l’ideatore e il primo animatore dell’opera, non ha potuto partecipare, come era nel Suo e nostro vivo desiderio, alla consacrazione e inaugurazione del Santuario. Accolga, benigna, la Madre il dono dei figli e tutti maternamente benedica”.

 

Nell’agosto 1955 viene ultimata la nicchia della Madonna, con marmi e una parte rocciosa, fornita dalla SAM di Faenza.

Leggiamo, nel bollettino Diocesano del maggio-giugno-luglio 1958, che “Col ritorno della bella stagione, è ricominciato pure l’afflusso dei pellegrini al Santuario. Tra questi ricordiamo i più numerosi giunti con corriere da Cesena, Terni, Senigallia, Imola, San Sepolcro, Ravenna, Serravalle, Subbiano, Bologna, Rimini quasi tutti guidati dai propri parroci che, durante la S. Messa, distribuirono la Comunione ai propri pellegrini. Per l’ascensione giunsero cinquanta alunni del Collegio Serafico di Faenza che, durante la Messa, cantarono a più voci mottetti e la messa di Santa Cecilia, poi proiettarono nel grande salone il film “Credo in Dio”. Pure il Corpus Domini fu celebrato con particolare solennità. La Messa solenne fu cantata da 45 cantori di San Piero in Bagno e, durante la processione, alcuni aerei civili gettarono fiori al passaggio del Re dei Re!”

Il 27 ottobre 1957 mons. Carlo Bandini invita tutti i vescovi dell’Emilia Romagna e il vescovo di San Sepolcro a far parte del comitato organizzativo delle feste per l’incoronazione della Madonna Pellegrina. Tutti i vescovi rispondono e questi biglietti sono conservati nell’Archivio Vescovile di Sarsina, ora trasferito a Cesena.

 Il 1° agosto 1958 il Vescovo Mons. Bandini invia a tutti i Sacerdoti e ai Fedeli l’esortazione per le feste dell’Incoronazione della Madonna Pellegrina durante il Congresso Mariano Diocesano della Diocesi di Sarsina. La statua della Madonna Pellegrina venne portata in Cattedrale a Sarsina “che si è radicalmente trasformata, quasi ad essere più degna di accogliere la dolce immagine della Madonna Pellegrina, che giungerà trionfalmente, la sera del 31 agosto, dal suo Santuario di Quarto” . “L’atto solenne dell’incoronazione vuole essere il momento culminante di suprema esultanza, in cui tutto il popolo vede appagati i suoi desideri. La venerata immagine, cinta di prezioso diadema per le mani auguste di un Eminentissimo Principe della Chiesa, si sentirà più da vicino circondata dai suoi figli esultanti di gioia e animati da migliori propositi di venerazione e di amore. Quel diadema, che per sé è simbolo di dignità, di potenza e virtù regale, possa ancora simboleggiare quelle tante vittorie, che in onore di Maria vorremmo riportare sulle nostre miserie, quelle tante opere virtuose e sante, di cui, come di altrettante gemme, vorremmo coronare la Sua fronte per tutta la vita. Domenica 31 agosto 1958 la statua, con corteo di automobili e motociclette, arrivò fino al Bivio di San Martino dove, alle 20.30 circa, si sviluppò la processione verso la città, dove il Vescovo tenne parole di saluto e impartì la Benedizione Eucaristica. Lunedì 1 settembre si svolse il pellegrinaggio delle parrocchie dei Vicariati di Ranchio, San Romano e Rivoschio. Il raduno fu alle ore 8 presso il cinema Silvio Pellico formando il corteo verso la Cattedrale, per assistere alla messa delle 8.30 celebrata da un Vescovo. Alle 10 la conferenza Mariana e alle 11 la messa cantata a voce di popolo. Alle 15 la funzione di chiusura e alle 19.30 il Rosario e il discorso di don Lino Mancini di Cesena. Martedì 2 settembre i fedeli dei vicariati di San Martino, Monteriolo e Balze. Mercoledì i fedeli dei Vicariati di Montesorbo e San Damiano. Giovedì 4 settembre la giornata dei Sacerdoti e dei Seminaristi e venerdì 5 settembre la giornata delle Rev.de Suore. Sabato 6 settembre il pellegrinaggio del Vicariato di Sarsina. Domenica 7 settembre fu caratterizzata dalla giornata dell’Infanzia, partendo alle ore 8 dall’Asilo Infantile sfilando per via Roma fino alla Cattedrale, dove fu celebrata la Messa del Fanciullo. Alle 10 la conferenza con filmina mariana e alle 14.30 la funzioncina di chiusura, con omaggio floreale e consacrazione alla Madonna. Lunedì 8 settembre fu presente il cardinale di Bologna Giacomo Lercaro che giunse alle 9.30 presso la Chiesa del Suffragio. In corteo si proseguì in Cattedrale per il Pontificale Solenne e, alle 12, la solenne Incoronazione della Venerata Immagine della Madonna Pellegrina. Alle 16 si tenne il Rosario solenne seguito dalla Processione per le vie della città, dal discorso di chiusura e dalla consacrazione della Diocesi alla Madonna e la Benedizione Eucaristica, impartita dallo stesso card. Lercaro con un preziosissimo ostensorio, dono della Città di Genova all’Opera di Carità Linea Gotica. Dopo la messa vespertina delle 17, alle 20 ripartì il corteo di automobili e motociclette per Quarto, dove la Statua fu accolta dal concerto Bandistico e dai fuochi d’artificio della rinomata ditta Soldi di Figline Valdarno. Le parrocchie della Diocesi, i Sacerdoti e i privati offrirono oro e argento, o denaro. Le parrocchie offrirono £ 410.975, gli enti e i privati £ 276.800, vennero offerti grammi 284 d’oro e 1898 d’argento, per un totale generale di offerte pari a £ 840.775. Le spese sostenute per le feste furono di 687.775, rimasero lire 315.000 che andarono per il Restauro della Cattedrale”.                             

Il 9 settembre, mons. Bandini scrisse in seguito alla Settimana Mariana: “Pieno ancora l’animo di consolazione per la felice riuscita della nostra settimana mariana, sento il dovere di esprimere a quanti vi hanno collaborato i sensi del mio animo grato. In particolare il Card. Lercaro e i Vescovi di Ravenna, Forlì, Rimini e Cesena. La nostra settimana mariana ha prodotto in Diocesi un risveglio di amore alla Madonna: che questo risveglio non sia semplicemente la luce di un lampo, che subito si spegne.

Passano alcuni anni dove la vita procede tranquilla alle soglie del Concilio Vaticano II.

Don Antonio, pur avanti con gli anni (era del 1903) è al passo coi tempi. Acquisterà in quegli anni una capanna del Presepio con annesso carillon, luci e statue in movimento: una rarità per quei tempi. La capanna è ancora in sacrestia, ma i movimenti non funzionino più, dopo oltre 50 anni. Si trova negli sportelli in alto dell’armadio a muro della sacrestia; conservata come un cimelio, vicino alla statua di San Mamante proveniente da Ruscello.

Scrive don Antonio nel Cronicon parrocchiale: “A tutt’oggi, 1° gennaio 1965, all’infuori del solito grande concorso di coppie desiderose di sposarsi in questo santuario, nient’altro di rilevante è accaduto. Fin’ora tutti i fatti di cronaca venivano riportati nel Bollettino Diocesano ma ora il nuovo direttore non vuole vengano più pubblicati, da nessuna parrocchia e quindi neanche da questa di Quarto. Ho riempito, con la spesa di mezzo milione, con terra l’avvallamento di fronte alla terrazza della canonica, riuscendo a collegare la strada col garage nuovo, fatto pure coi miei risparmi, costatomi trecento mila lire. Tutte queste cose le scrivo non tanto per la cronaca, quanto nella viva e certa speranza di ricevere qualche… Requiem dai miei successori che si godranno questi non piccoli benefici che furono per altrettanto grandi sacrifici. 7 marzo 1965: da oggi diciamo la messa in italiano e per facilitare la partecipazione di tutti i presenti ho pensato bene di installare un microfono spendendo lire 75.000.  Il 2 novembre 1966 dovetti chiamare 2 sacerdoti e, sebbene 5 sante messe a tutte queste si distribuì la comunione, con 2 pissidi piene di particole consumate tra il giorno dei Santi e quello dei Morti.”

Nell’agosto del 1965 la parrocchia attraversò un momento difficile, con il processo, arresto e scarcerazione di don Antonio, venendo accusato di essere intermediario per il caso “il piccolo Giuffrè”. Tale vicenda ebbe eco nella stampa di Romagna, della quale ci restano articoli. Ma la vita riprese il suo corso e don Antonio rimase parroco fino alla morte, nel 1983.

I 15 anni di episcopato di mons. Bandini furono impegnativi per mons. Bandini in quanto a problemi vari con sacerdoti, abbandoni, trasferimenti in altre Diocesi. Lungo gli anni ho potuto leggere tante lettere a proposito. Don Quintino Sicuro affermerà in una lettera, pubblicata negli scritti: “il nostro Vescovo lascia la Diocesi un anno in anticipo, per l’incontentabilità di alcuni sacerdoti”. Ma … il tempo sistema tutto.

Nel 1967 avviene la 3° Visita Pastorale di mons. Bandini dalla quale troviamo dati interessanti. La parrocchia allora è formata da 115 persone, 62 maschi e 53 femmine. Le famiglie sono 44 e i battezzati, dal 1961, sono 35. Tantissimi sono i matrimoni, n. 70 dal 1961 ma, come annota don Antonio, “sono quasi tutti forestieri” che vengono a benedire la propria unione ai piedi della Santa Vergine Pellegrina. I defunti sono 10, dal 1961. Nel 1967 i ragazzi dai 6 ai 15 anni, sono 40: 14 maschi e 26 femmine, mentre da 1 a 6 anni sono anch’essi 40: 17 maschi e 23 femmine. Il catechismo viene impartito tutte le domeniche in chiesa sia ai fanciulli, eccetto nelle domeniche d’estate, e un’ora prima della messa, sia agli adulti nel pomeriggio durante la Benedizione. La frequenza dei ragazzi a catechismo è discreta, “vista la lontananza delle abitazioni sui monti e colline”.   I fedeli frequentano la messa nella quasi totalità. Alla messa delle 9, la domenica, vi partecipano in media 20 uomini e 40 donne, mentre alla messa delle 16 vi sono 28 uomini e 60 donne.

Don Buffadini scrive anche che: “ci sono una “diecina” di parrocchiani emigrati in Svizzera, per lavoro, e ci si tiene in contatto con corrispondenza. Le comunioni si aggirano dalle 40 alle 50 nei giorni festivi e 5 nelle messe quotidiane.

Continua il racconto il primo parroco: “1 settembre 1968: Sono riuscito a dar inizio ad un lavoro casalingo qui nel salone parrocchiale dove 22 donne confezionano giocattoli per una rinomata ditta di Bologna”.

Il 13 settembre 1968 don Buffadini ottiene il pezzo di terra, sul fianco sinistro della chiesa, per la costruzione di una palestra e di un campo da gioco, per allontanare dalla strada così pericolosa i bimbi e giovani che non hanno altro luogo per divertirsi. Il 17 agosto 1969, presenti i vescovo Bandini e Gianfranceschi si inaugura il campo sportivo e la pista in asfalto.

Per il Cinquantesimo di Sacerdozio di don Antonio, in occasione della festa della Madonna Pellegrina il 21 agosto 1977, i confratelli e i parrocchiani regalano a don Antonio un altare per celebrare la messa verso il popolo, dono del valore di 490.000 lire. Ha organizzato la festa di parroco di Sarsina, don Vicinio Caminati, e alcuni capifamiglia di Quarto.

Don Caminati regalò anche le colonnine di onice, messe ai lati del nuovo altare, dove sopra furono collocati due candelieri di bronzo acquistati per 55.000 lire dal nipote Buffadini Luigi di Rimini. Per l’occasione si fece la ripulitura e la tinteggiatura dell’abside.

Nel 1968 viene data vita ad una PRO-LOCO, con lo scopo di creare una attrazione turistica per il Paese.

I giovani presenti decidono di costruire un poligono di tiro al piattello in zona “Campo della barca”. Fu subito un grande successo ma grande anche il sacrificio per chi lo gestiva perché, avendo famiglia, veniva sacrificato molto del loro tempo libero. Questi giovani, per capire come avviare l’attività del poligono di tiro, si recarono a Torrette di Ancona, dai fratelli Rossini, allora campioni olimpionici di tiro al piattello. Costruito l’impianto si iscrissero alla F.I.T.A.V. (Federazione Italiana Tiro A Volo). Così eravamo ufficialmente riconosciuti da tutti gli organi istituzionali ed autorizzati a fare anche competizioni sportive. L’impegno di tutto quanto ricadeva su Vittoriano Marini (già sposato, con due figli in tenera età), Franciosi Lanfranco (scapolo, figlio di un dipendente ENEL che abitava in Centrale) e Selvi Natalino (gestore della stazione carburanti di Quarto). Questi tre anticiparono tutte le spese per l’acquisto delle macchine e la costruzione dell’impianto. Organizzarono tante gare: partecipavano sportivi da tutta la vallata del Savio, da Cesena, Forlì, Rimini, Torriana, Ravenna. Grande era la partecipazione del pubblico che nei giorni festivi riempiva Quarto in ogni angolo, dando ai gestori soddisfazione per l’impegno profuso.

Vittoriano racconta: “l’impianto era aperto al pubblico tutti i giorni festivi, settimanali e infrasettimanali, a partire dal Lunedì di Pasqua fino al 15 agosto, dalle ore 13,30 alle ore 20,00 e oltre, fino a quando gli ultimi appassionati: Facciani, Ceccarelli Sergio e Ricci Franco di San Piero in Bagno decidevano di andarsene! Sparavano centinaia di colpi ciascuno. Ricordo che Facciani, quando smetteva, aveva la spalla sanguinante per i contraccolpi ricevuti dalla sua doppietta a canne sovrapposte”.

Come accennato sopra, durante queste attività nei giorni festivi Quarto si trasformava. Sembrava una piccola città. I gestori del bar mettevano tutti i tavolini che avevano nel piazzale antistante ed era un piacere vedere grandi e piccini divertirsi assieme.

Continua Marini: “Peccato che a quel tempo non esisteva ancora una bella piazza e un bel parco come oggi. Iniziammo l’attività nella primavera del 1968 e la portammo avanti fino al 15 agosto del 1973. Selvi Natalino era sempre più preso nella gestione del suo distributore e ben presto si allontanò dalla gestione del poligono. Eravamo rimasti in due. Dopo cinque anni di sacrifici anche noi avvertimmo la necessità di un po’ di riposo e dedicare un poco di tempo libero anche alle nostre famiglie. Così lasciammo la gestione della attività ad altri soci della Pro-Loco con il bilancio economico in attivo. Questi però non gestivano l’attività con la stessa passione. Non erano puntuali all’apertura del pomeriggio trattenendosi al bar per una partita a carte. Gli appassionati arrivavano e, non trovando nessuno ad accoglierli, aspettavano un poco e poi se ne andavano via. A lungo andare non ritornavano più. Così l’impianto fu chiuso, le macchine vendute e con esso, nella primavera 1974, finì anche la prima Pro-Loco”.

Per diversi anni nessuno prese iniziative. Poi un gruppo di giovani composto da Boattini Marcello, Baroncini Corrado, Ensini Evaristo, Giampreti Giovanni fremeva e progettò di dare vita ad un gruppo sportivo per il tennis costruendo anche un campo per il gioco delle bocce di fianco alla chiesa.   

Questi giovani avviarono una sottoscrizione di contributi sotto forma di denaro, mano d’opera e donazioni, con cui si impegnava nella costruzione dell’impianto sportivo.

Poiché l’iniziativa non riesce a prendere piede si ripiegò nuovamente su una Pro-Loco, perché ritenuta più sensibile alle necessità del Paese. Era l’anno 1984.

Continua Vittoriano: “Io ne fui subito rimasto coinvolto completamente, come tesoriere (da allora fino ad oggi ininterrottamente) e come tuttofare, secondo le necessità del momento. Non fu facile la partenza. Subimmo una pressione notevole dai vari enti perché non si vedeva di buon grado una Pro-Loco nuova e indipendente così vicina a quella di Sarsina, esistente da anni. Anche l’Ente Provinciale del Turismo suggeriva la fusione con Sarsina. Nessuno credeva che saremmo stati capaci di avviare e sostenere nel tempo l’associazione, considerando che Quarto era un paese di appena 360 abitanti. La nostra determinazione era fortissima e la nostra convinzione ancora maggiore. Così siamo partiti da soli. Ricordo lo spirito battagliero del maresciallo Selvi, che gestiva la stazione dei carburanti: quando ci trovammo in riunione per valutare le varie opzioni, diede un pugno sul tavolo ed esclamò: “Colera! Loro non vogliono ma noi facciamo da soli!”. E così fu!”

                I Presidenti, in ordine cronologico, furono:

1.            Giampreti Giovanni, dal 1984 a maggio 1995. Lascerà per incarichi nel Consiglio Comunale di Sarsina dopo le elezioni Amministrative di quell’anno.

2.            Bartolini Silvio, che porta a termine il mandato di Giampreti fino al 31/12/1996

3.            Rossi Romano dal 01/01/97 al 31/12/1999

4.            Bartolini Eris, dal 01/01/2000 al 31/12/2008

5.            Rossi Romano dal 01/01/2009 al 31/12/2011

6.            Bartolini Giampiero dal 01/01/2012 e tuttora in carica

 

                Continua Marini: “Non avevamo nulla, nessuna attrezzatura, ma l’entusiasmo nostro e di tutta Quarto era grande. I primi due anni prendemmo in affitto per tre giorni lo stand da un’altra associazione pagandola £50.000 al giorno. Per la cucina usavamo fornelloni da campo funzionanti con bombole a GPL. Qualche mese prima della festa un gruppo di nostre donne si riuniva in casa di Martinetti Tina in Valli per preparare cappelletti, ravioli e strozzapreti da servire alla festa. L’organizzazione è così ancora oggi. Finita la pasta fatta in casa offrivamo maccheroni a volontà. I sughi erano tutti di produzione casalinga”.

Fino al 1997/98 a festa si svolgeva davanti alla chiesa parrocchiale, sulla vecchia strada statale. 

“La cucina era molto buona e apprezzata dai partecipanti. Così ogni anno l’affluenza aumentava e ci costringeva a migliorare le nostre attrezzature per affrontare le nuove esigenze. Eravamo molto attenti ai bilanci e per non gravare sulle spese dell’associazione, anche noi organizzatori pagavamo quello che mangiavamo. Le nostre attività andavano molto bene, così la nostra Pro-Loco migliorava di prestigio e si imponeva all’attenzione di tutti gli amministratori locali, provinciali e regionali. Avevamo sempre una piccola riserva di denaro per far fronte a qualsiasi richiesta ci pervenisse da altre associazioni. Ricordo che il 27/02/1988, con pentole, pentolini e fornelloni, andammo a Cesena nella sede del Centro Sportivo Italiano a preparare una maccheronata al personale C.S.I. Non finivano mai di ringraziarci. Per noi fu l’occasione per farci apprezzare anche da quella associazione e anche un modo per arrotondare il bilancio.

                L’affitto dello stand aumentava ogni anno. Inoltre per ritirarlo ci si doveva recare nella zona di Dovadola con un autotreno e, finita la festa, era da smontare con sollecitudine perché dopo di noi, altri ne dovevano fare uso. Il sacrificio era grande. Così decidemmo di costruircelo da soli, diventando più indipendenti. Claudia Marini, geometra di professione, venne incaricata di copiare gli schemi dello stand che avevamo in affitto, per avere qualche riferimento, il resto fu tutta opera dell’allora presidente Giampreti Giovanni. Giampreti aveva da sempre una grande passione per la lavorazione del ferro e proprio la costruzione di questo stand fu la sua prima esperienza importante. In seguito aprì la ditta “Carpenteria Metallica di Giampreti Giovanni, molto attiva e apprezzata ancora oggi in tutta la regione.

La festa si svolgeva sempre nella settimana di Ferragosto, culminando nella domenica dopo ferragosto, festa della Madonna Pellegrina. Per anni, in occasione di questa festa, veniva organizzata una mostra di pittura alla quale partecipavano pittori del Cesenate con soggetti scelti a piacimento nel paese.

Queste pitture venivano donate alla Pro Loco che organizzava un’asta di beneficenza in occasione delle feste natalizie e il ricavato veniva inviato a don Paolo Raggi, missionario in Africa, per le necessità di quelle popolazioni meno fortunate.

Una volta organizzammo un convegno con la partecipazione di Monsignor Tonini di Ravenna, ora defunto. Il salone parrocchiale era gremito di persone provenienti anche da Bologna.

Le attività della Pro Loco erano molteplici e coprivano l’intero anno solare. Erano attività ricreative, culturali per incrementare turismo e qualità della vita senza trascurare la beneficienza.

In gennaio, alla vigilia dell’Epifania, si partiva con un “Tombolone di beneficienza” nella sala parrocchiale.

In giugno veniva organizzata la “Scampagnata a Monteriolo”, che vedeva una grande partecipazione di pubblico anche da altre frazioni. Dopo molti anni verrà sospesa per ragioni organizzativo – logistiche e sostituita dalla “Scampagnata al Cippo del Monte Alto”, da dove il 21 marzo 1812 si staccò la frana che cambiò il volto al paese. In quella ricorrenza ancora oggi viene celebrata la Santa Messa al Cippo in commemorazione ai caduti, a seguire la maccheronata e dolci a volontà.

Nel mese di luglio si organizzava un torneo di calcetto a 8 squadre e a volte anche a 12, per la durata di circa 20 giorni, molto partecipato.

La parte culturale veniva curata da un animatore locale, Efrem Satanassi, trasferitosi da molti anni a Quarto da Sarsina e autore di varie  commedie dialettali, nonché numerosi filmati girati nella zona con attori dilettanti del paese. Anche autore di diversi libri.

                Sotto l’egida della Pro Loco, negli anni ’80, nasce una corale con elementi quasi tutti nostri e qualche sarsinate. Svolge servizio in parrocchia, ma anche fuori. Era un gruppo di circa 30 persone. Si riuniva due volte alla settimana per le prove e, non meno importante, stare un’ora insieme allegramente.

Per due anni con questo gruppo canoro, la Pro Loco ha partecipato al Teatro Bonci di Cesena in occasione del Festival della Canzone dialettale romagnola “Il campanon” con due canzoni scritte dal maestro Efrem Satanassi e armonizzate da Paolo Ensini, nostro organista e direttore del coro. Le canzoni erano “Signor dla matena” e “La buga”, che riscossero grande successo di pubblico e di critica. 

Diversi giovani di quel gruppo successivamente si sposarono e lasciarono la corale che ancora oggi è attiva con una quindicina di elementi in grado di svolgere il suo servizio nelle ricorrenze più importanti.

Tutti gli anni la Pro Loco organizza una cena di ringraziamento alla quale partecipano tutti i soci in regola con il tesseramento, in segno di riconoscenza per la collaborazione offerta durante l’anno.

                Nel pomeriggio del 24 dicembre un giovane della Pro Loco si traveste da Babbo Natale e con l’aiuto di alcuni amici porta il panettone a tutte le persone anziane, oltre ai regali per i bambini più piccoli.

 La Pro Loco ha sempre provveduto anche all’installazione delle luminarie natalizie a proprie spese.

Racconta Vittoriano: “Lo spazio davanti alla chiesa, sulla vecchia strada statale, non era più sufficiente per la nostra festa. Decidemmo perciò di spostarci nel campo sportivo in Via Monte Bacino, zona di Quarto Vecchia, più idonea per le nostre attività”.

La Pro Loco sottoscriveva una convenzione con il Comune per il suo utilizzo accollandosi anche la manutenzione dell’intera area. Anche il torneo di calcetto, che si svolgeva vicino alla chiesa parrocchiale nel campo in asfalto, viene portato nel campo in erba, molto più bello e meno pericoloso per gli atleti.

Non avendo un magazzino per le attrezzature della Pro Loco, queste erano divise e depositate presso le famiglie del paese, con notevole disagio per chi le aveva in consegna (si trattava dello stand, circa 300 sedie, 50 tavoli e l’attrezzatura per la cucina) e per chi le doveva raccogliere nel momento in cui servivano.

Con il desiderio di sistemare meglio l’attrezzatura, un grosso sforzo economico e l’autorizzazione del Sindaco costruimmo così un magazzino dalle dimensioni di m 10×12 con intelaiatura in ferro e rivestimento esterno in legno.

La spesa di circa trenta milioni di lire venne sostenuta per intero dalla Pro Loco. Venne costruito il magazzino in territorio comunale, vicino al campo sportivo dove di svolge oggi la festa. In base alla convenzione sottoscritta dalle due parti, il magazzino è di proprietà dell’Amministrazione Comunale ma utilizzato dall’associazione quartese.

Marini continua: “L’aspetto negativo di tutto questo era che le manifestazioni più importanti si svolgevano lontano dal centro abitato e questo non ci piaceva, perché veniva a mancare l’impegno di migliorare il paese, previsto nel nostro statuto. Decidemmo di trasformare il vecchio campo da calcetto e da bocce in un modernissimo campo polivalente regolamentare idoneo per lo svolgimento delle attività di tennis, pallavolo e calcetto con il fondo in erba sintetica”.

Marini, deciso, constata: “Purtroppo nelle riunioni ufficiali a volte venivano fatte promesse che poi venivano dimenticate. Tanti sono stati gli articoli sulla stampa allo scopo di sollecitare gli amministratori a tutti i livelli. Sono state effettuate diverse volte analisi ai sedimenti del lago e ogni volta il referto dava un diverso risultato. Questo impediva l’inizio delle operazioni di sfangamento. Finalmente il Ministro dell’Ambiente decise di commissionare le analisi a due Università di fama internazionale e affidarsi al loro lavoro. Finalmente fu possibile effettuare una piccola ma importante pulizia, anche se purtroppo non ebbe il seguito sperato”.

Tale operazione era importante per tutta la vallata del Savio e ancora più per la produzione di energia elettrica pulita, oltre all’importante funzione di integrare l’approvvigionamento dell’invaso di Ridracoli, ormai insufficiente. L’allora Presidente di Romagna Acque, Giorgio Zanniboni, convinto dell’utilità del lago di Quarto, con i fondi allora a disposizione, portò avanti questo progetto, ma in Consiglio la maggioranza fu favorevole all’utilizzo del C.E.R..  Così venne sostituito l’intero Consiglio di Amministrazione di Zanniboni, restituiti i fondi disponibili ai comuni e avviata la scelta del C.E.R.. Vittoriano afferma: “Il canale emiliano-romagnolo prende acqua dal fiume Po, acqua che, chiaramente inquinata può essere utilizzata solo per le irrigazioni agricole. Contro ogni nostra aspettativa fu emessa una deroga apposita da Bruxelles grazie alla quale ancora oggi l’acqua viene utilizzata come potabile. Per Quarto la pulizia del lago rimane ancora un obiettivo da perseguire”.

Da vari anni la Pro Loco chiedeva lo spostamento di un terreno ingombrante davanti alla chiesa per fare spazio alla piazza e al parco giochi e con i suoi rappresentanti locali riesce nell’obiettivo. Nell’ultima legislatura dell’Amministrazione Cappelli, Sindaco di Sarsina, Quarto si trova rappresentato dal consigliere di maggioranza Mirco Gradassi e in giunta, organo decisionale, dall’assessore Simone Marini. Il forte impegno di entrambi riesce ad ottenere l’approvazione di un progetto in tal senso molto importante. Poiché la legislatura volge al termine, l’opera sarà attuata dalla legislatura successiva.

 Così, piazza e parco verranno inaugurati dal nuovo Sindaco Manlio Bartolini il 14 aprile 2012 con la presenza del Vescovo Douglas Regattieri. Oggi, chi arriva a Quarto, trova un paese moderno, completo, con una bella piazza, un bel parco, l’impianto sportivo polivalente della parrocchia e un utile collegamento pedonale fra Quarto nuova e Quarto vecchia.

Ritorniamo ora alla vita della comunità cristiana.

Il 1° maggio 1983 feci, in forma strettamente privata, il mio ingresso nella Parrocchia – Santuario di Quarto per l’avvenuta morte, il 10 marzo 1983, del mio predecessore don Antonio Buffadini” così scrive don Vittorio Quercioli, che dal 1957 era parroco residente a Corneto, con il servizio anche a Nasseto e Pereto. Venendo a Quarto, continuava il servizio a Corneto e Pereto, lasciando invece a don Berardo di Capanne il servizio a Nasseto

Nel suo grande impegno e con la sua generosità don Vittorio si rimbocca le maniche per sistemare una struttura che, dopo trent’anni, si trova in condizioni precarie. Si impiega subito per installare l’impianto di riscaldamento in chiesa che, essendo molto grande, e con le pareti piuttosto sottili, risulta freddissima d’inverno e calda d’estate. In chiesa viene sostituito l’impianto elettrico, sotto traccia e a norma e si provvede a varie riprese d’intonaco, le riparazioni dei finestroni, la ripulitura e lucidatura del pavimento, per una spesa complessiva di quattro milioni di lire. L’ufficio parrocchiale viene trasferito dal piano superiore al piano della sacrestia, l’impianto idrico viene allacciato alla rete del Comune e viene costruito un bagno al piano superiore. L’impianto elettrico viene messo a norma e sottotraccia, tutto il fabbricato viene liberato, nel lato sud, dalla terra che arrivava alle finestre delle aule del catechismo, vengono aperte due porte per il garage, vengono levigati tutti i pavimenti e tinteggiato tutto il fabbricato nell’interno e nell’esterno, per la spesa di 22 milioni.

Nei mesi estivi don Vittorio organizza gite per i bambini e ragazzi del Catechismo a Mirabilandia, a Gardaland e in altri luoghi di divertimento.

Il 22 aprile 1986 don Vittorio Quercioli, rettore del Santuario, chiede l’autorizzazione al comune di Sarsina per essere autorizzato a compiere un lavoro di sistemazione al tetto del campanile, per eliminare il problema della caduta delle tegole ogni volta il vento si faccia impetuoso, chiedendo di sostituire il manto di copertura esistente in tegole con la più stabile e sicura copertura in carta catramata tinteggiata, con vernice a base di alluminio.

Il 21 giugno 1987 la prima Visita Pastorale di mons. Amaducci a Quarto, dove il Vescovo osserva che è bene formare qualche catechista, aggregare i giovani, coltivare un buon rapporto con le famiglie. Vengano predisposti i libri dell’amministrazione della parrocchia e continuare il libro della cronaca parrocchiale e studiare una sistemazione definitiva del presbiterio.

Nel 1988 vengono elettrificate, dalla ditta Gallorini Gerardo di Castiglion Fiorentino, le tre campane maggiori, mentre alla piccola viene applicato il percussore per il suono a tocchi. Quest’ultima verrà motorizzata per volere di don Gabriele Foschi nel 2008. Le belle campane, del 1954, sono della pregiata ditta De Poli di Vittorio Veneto, come le vicine campane di Valbiano del 1930. Un concerto in do diesis maggiore.

Il 17 agosto 1999 feci personalmente il rilievo delle campane. Non fu facile in quanto le campane, non so perché, sono montate molto alte rispetto alla cella campanaria, quasi non si vedono da sotto: sembra un  campanile senza campane.

Aprendo dopo 21 anni il quaderno relativo, ho ritrovato i rilievi che feci quel giorno:

La maggiore, misurante diam. cm. 66 e altezza 68, pesa kg 180 e produce voce “do #”. Sorretta da corona a sei prese, è ornata da due strisce di festoni: una sul corpo e l’altra sulla bocca. Al centro del corpo troviamo l’iscrizione: IN HONOREM B. M. VIRGINIS POPULUS  MCMLIV FULGURE ET TEMPESTATE LIBERA NOS. Sono presenti sul corpo anche sei raffigurazioni: 1) timbro della ditta De Poli contenente l’iscrizione: PREMIATA FONDERIA DE POLI IN VITTORIO; 2) San Girolamo; 3) Crocifissione; 4) Risurrezione; 5) Madonna e Bambino; 6) S. Giorgio.

La media, misurante diam. cm  59 e altezza cm 62, pesa 125 kg e produce nota “re #”.

Sorretta da corona a sei prese, è ornata da due strisce di festoni: una sul collo e l’altra sulla bocca. Sul corpo troviamo alcune rose, distanziate, che circondano tutto il perimetro. Al centro del corpo compare l’iscrizione: IN HONOREM S. ANTONII ABBATIS AD OMNI MALO LIBERA NOS ANTONIUS ALOYSIUS  BUFFADINI  PRIMUS SANTUARI RECTOR  MCMLIV. Troviamo anche ben sei pregiate raffigurazioni: 1) stemma della ditta De Poli contenente firma: PREMIATA FONDERIA DE POLI IN VITTORIO; 2) San Vicinio 3) S. Romualdo;  4) Assunzione di Maria; 5) S. Antonio Abate; 6) S. Antonio da Padova.

 

La mezzana, misurante al diametro cm 53 e all’altezza cm 56, pesa 90 kg e produce la voce di “fa naturale”. Sorretta da corona a sei prese, è ornata da due fasce di festoni ben fatti: una sul corpo e l’altra sulla bocca. Porta sul corpo la seguente iscrizione: IN HONOREM  S. IOSEPH  SPONSI  B. M. V. AC S. EMIDII ET NOX IN EX TU PROTEGAT ET FLAGELLO TERREMOTIU LIBERET. Sono presenti sulla campana anche ottimi rilievi di: 1) San Sebastiano; 2) Madonna con Bambino; 3) S. Giuseppe; 4) San Giovanni Evangelista; 5) S. Cristoforo; 6) marchio De Poli, di forma circolare, contenente la firma: PREMIATA FONDERIA DE POLI IN VITTORIO.

 

La campana piccola, sempre della ditta De Poli, fusa nel 1954, misura al diametro cm 44 e all’altezza cm 49. Pesa 50 kg e produce la voce di “sol #”. Anch’essa sorretta da corona a sei prese, è ornata sul corpo da due fasce di festoni, una sul collo e una sulla bocca. Porta sul corpo le seguenti iscrizioni: IN MEMORIAM MARIÆ CARLI FILII MCMLVI  R. I. P.  Vi sono impresse anche ottimi rilievi di: 1) Madonna di Guadalupe; 2) S. Vicinio; 3) S. Eurosia; 4) stemma della fonderia De Poli contenente la scritta: PREMIATA FONDERIA DE POLI IN VITTORIO.

I nomi degli offerenti delle campane, e del Santuario, sono visibili in due lapidi marmoree sopra le porte d’ingresso nella controfacciata interna.

 

 Le aule del palazzo scolastico, costruito a Quarto Vecchio negli anni precedenti la seconda Guerra Mondiale non sono più sufficienti a contenere tutti gli alunni di quei tempi. Inoltre erano prive dei requisiti richiesti dalle nuove norme vigenti. Così l’amministrazione comunale di Sarsina decide di costruire un nuovo palazzo scolastico in località Quarto nuovo di fianco la strada che porta a Massa.  E’ una bella struttura moderna con ampie aule molto luminose, dotata di tutti i servizi necessari a svolgere il servizio di mensa, una comoda sala adibita a refettorio e un parco esterno ampio e bene attrezzato.

Il 3 giugno 1991 avviene l’inaugurazione della nuova scuola e l’intitolazione della stessa a Tina Severini Bettini. Alle 10.15 il parroco don Vittorio Quercioli celebra la messa in chiesa, intervengono poi il direttore didattico dott. Caro Cara, il Sindaco Lorenzo Cappelli, un genitore e un alunno, il cav. dott. Giovanni Bettini.

Il tutto inizia nel maggio 1986 le scolaresche, ancora nella scuola di Quarto vecchio, partecipano, con gli alunni della scuola di Turrito, ad un viaggio di istruzione per visitare e conoscere il “parco dei mostri” di Bomarzo, in provincia di Viterbo. Conseguentemente a questo viaggio gli alunni di queste scuole partecipano ad un concorso indetto dagli organizzatori del Parco e ricevono un assegno di £ 500.000 quale premio sorteggiato fra tutte le scolaresche visitatrici. L’importanza di questo concorso non si esaurirà solo col valore di quel premio, ma sarà l’inizio di una collaborazione umana intensa e duratura nel tempo che porterà grandi vantaggi alle due scuole.   Anziché premiare il miglior elaborato fra quelli inviati dagli alunni, la signora Tina Severi, moglie del proprietario del Parco, con grande sensibilità pedagogica, decide di premiare tutti i partecipanti di Quarto e Turrito indistintamente.

Col trascorrere del tempo nacque e si sviluppò un’affettuosa corrispondenza epistolare tra gli alunni delle due scuole e la Signora Tina che, gelosamente, custodiva le lettere degli alunni. Tale corrispondenza si intensificò in occasione della malattia – seguita poi dalla morte – della Signora Tina tanto che anche gli alunni più giovani, che non l’avevano conosciuta di persona manifestarono grande senso di commozione. Il dott. Giovanni Bettini, alla morte della moglie, trovò le lettere degli alunni e, compresa l’entità dello speciale rapporto che era maturato tra loro, volle onorare la memoria della consorte proseguendo un rapporto di collaborazione. Giunsero così alle due scuole vari contributi in denaro che vennero utilizzati per fornire a queste scuole un importantissimo aiuto per molti anni, fornendole di biblioteche sempre aggiornate, fotocopiatrici, computer, registratori, tanto che saranno tra le scuole più attrezzate della vallata. Questa collaborazione terminerà, negli anni ’90, con la morte del dott. Giovanni.

 

Nel 1990 vengono svolti, dal parroco don Vittorio Quercioli, importantissimi lavori di ristrutturazione. Al campanile vengono sostituite le tegole sconnesse e pericolanti con grembialina in rame e soletta in cemento. All’abside della chiesa vengono tolte le tegole ormai fatiscenti e il tutto viene consolidato con una soletta in cemento armato, viene inserita la carta catramata prima non presente, viene sostituita la doccia circolare in rame e vengono rifatte due vetrate.

In canonica viene costruito l’impianto termico, nella tettoia vengono sostituite le colonne in legno con colonne più solide in mattoni, rinnovando la copertura con tegole alla romana. Vengono rifatti i soffitti delle cappelle laterali, vengono montate le banchine alle 10 finestre, prima non presenti, viene ripreso l’intonaco caduto e deteriorato dalle infiltrazioni di acqua, per una spesa di £ 4.437.000 affrontate per intero dalla Diocesi.

Nel salone parrocchiale viene rifatto l’impianto elettrico e la tinteggiatura. I lavori hanno un costo di lire 20.108.317.

 

Don Vittorio, scrivendo al vescovo mons. Amaducci, il 10 novembre 1990,  racconta: “in questi ultimi anni più volte ho dovuto affrontare per necessità, lavori più o meno consistenti, di straordinaria manutenzione, ai fabbricati dei complessi di Quarto e Corneto-Pereto, impegnando completamente le entrate sia personali sia parrocchiali…c’è ancora parecchio da fare; pensi, Eccellenza, Pereto è sprovvisto di un qualsiasi servizio igienico!”

Nel 1996 don Vittorio rinnova l’impianto microfonico della Cattedrale di Sarsina e le casse sostituite vengono portate a Quarto. Le casse bianche, originali della ditta “Geloso”, vengono trasferite dalla chiesa al salone. Diversi anni prima era stato sostituito l’amplificatore “Geloso” a valvole, con uno moderno a transistor della ditta RCF di Reggio Emilia. Lo storico amplificatore veniva usato per la processione della Madonna Pellegrina fino al 1997, quando il coro dei preti si intratteneva in chiesa a cantare, mentre la processione raggiungeva gli uffici di controllo della diga. Le trombe, nel secondo piano del campanile, ci sono ancora, anche se rovinate dal tempo.

Il 1 luglio 2000 don Vittorio, per motivi di salute, lascia la parrocchia di Quarto dopo 17 anni di servizio e va ad abitare nella casa privata di Alfero, continuando il servizio a Pereto e Corneto. La chiesa e la canonica sono provviste di tutto e sono in buono stato.

Con don Vittorio, che già da anni incontravo a Sarsina in Cattedrale, ogni mattino, essendo lui il responsabile, c’era un bel legame e lo ricordo come figura importante del mio passato. Nel 1997 in prima media scrissi un tema su di lui descrivendolo. Nel luglio 2000 mi chiamò a Quarto per fare insieme a lui l’inventario di tutto ciò che era in parrocchia. Dal mattino presto lavorammo fino a sera, scrivendo minuziosamente su carta ogni minimo oggetto o paramento ini questo inventario, specificando se il medesimo era stato acquistato nel periodo del suo ministero, o prima del 1983. L’indimenticabile cognata Mina mi ospitò a pranzo, perché lavorammo fino a sera. Avevo 15 anni ed ero venuto col mio “motore” su a Quarto e ricordo benissimo questa giornata; una volta a casa, trascrissi con il computer l’inventario dandone diverse copie a don Vittorio, e conservandolo anche per me.

I parrocchiani così salutano don Quercioli alla sua partenza nell’estate del 2000: “Caro don Vittorio, qualcuno, ora non più giovane, La ricorda nei suoi primi anni di sacerdozio, dolce di bell’aspetto, determinato nell’esercizio ministeriale e pastorale. Di quegli anni rimane la determinazione, e sotto la scorza burbera traspare la generosità di un cuore grande. Generazioni di parrocchiani l’hanno vista all’opera nell’edificare questa porzione della Chiesa: si è prodigato per educare i ragazzi e i giovani, accompagnare le famiglie, consolare chi era nella sofferenza e nel dolore. Per questo Le siamo grati. Quali siano state le sue aspettative di giovane prete e del suo ministero parrocchiale non ci è dato di saperlo né se si è corrisposto alle sue attese. Al di sopra di tutto prevale un sentimento di gratitudine al Signore per averci donato un pastore che ha condiviso con noi un tratto di strada. Significativamente i suoi 17 anni di ministero a Quarto hanno coinciso con la fine del 20° secolo e vogliamo ringraziarLa per averci “traghettato” all’alba del nuovo millennio facendosi carico delle “gioie e le speranze, le tristezze e le angosce” di questa piccola porzione di Chiesa. Riandando col pensiero a quegli anni rimane la gioia del cammino fatto insieme: dei numerosi momenti lieti e anche delle non poche difficoltà. Il tutto vissuto insieme come una “famiglia”. A questo stile e clima familiare hanno dato il loro sostanziale contributo il fratello Araldo, che ricordiamo con affetto, e sua cognata Mina: quante volte la partecipazione della Messa festiva era accompagnata dal profumo che giungeva…. dalla contigua cucina. Profumo che faceva “casa”. Che diceva familiarità. Che parlava di vita quotidiana.

In Lei abbiamo compreso cosa significa amare il Signore e la Chiesa, a spendersi per tutti perché ognuno venisse ricondotto all’Amore del Padre. Certamente non saranno mancati i momenti di fatica, di scoraggiamento, le delusioni e gli avvilimenti. Anche questi sono stati preziosi per noi per volerLe più bene e per trarre l’insegnamento che seguire Gesù è a volte faticoso ma rimane sempre l’unica cosa necessaria da fare perché Lui solo ha “parole di vita eterna”. Nella sua testimonianza si è alimentata le nostra speranza, fede e carità.

Dall’agosto 2000, dopo la partenza del parroco don Vittorio Quercioli, viene incaricato del servizio don Stefano Pasolini, parroco di Montecastello, e vicario zonale. Presterà servizio per un anno, fino al giugno 2001. Il vescovo Garavaglia scrive ai parrocchiani: “La mancata nomina di un parroco per Quarto non è stata e non è una mia dimenticanza ma l’impossibilità di avere un sacerdote per tale servizio. Una soluzione sarebbe stata quella di unire la parrocchia a Turrito, ma non è stata accettata …. Vi devo comunicare che vi potrò assicurare soltanto la Messa festiva, avendo incaricato don Renato Baldazzi, addetto al culto di San Vicinio. Per l’azione pastorale ho provveduto affidandola al diacono prof. Domeniconi Werther, amministratore di fatto della Parrocchia, che inizierà il suo servizio domenica 8 luglio 2001”. Per un anno rimarrà il diacono Werther, fino al momento del suo sacerdozio, destinato poi ad una comunità più grande.

Dal settembre 2002 prende servizio don Gabriele Foschi, che risiede a Sarsina, fino al 2003, lasciando poi il posto a don Arturo Ambrogetti.

Il 17 ottobre 2004 grande festa per il 50° anniversario della Consacrazione del Santuario. La festa, venne preparata con un incontro con lo scrittore Vittorio Tonelli, che presentò Maria nella devozione popolare a Quarto e nella Valle del Savio. Si terminò con caldarroste e vino per tutti. Il sabato, 16 ottobre, alle 16 si tenne l’Adorazione Eucaristica e alle 17 la Messa in Suffragio dei Benefattori del Santuario, defunti. Nel salone fu approntata una mostra fotografica su Quarto e dintorni. Domenica 17 ottobre 2004 il vicario mons. Virgilio Guidi celebrò la Messa solenne alle 16.30, seguita dal concerto della Corale “S. Cecilia” di Bibbiena diretta dal m° Paolo Santini, al quale seguì un ricco buffet offerto dalla Pro-Loco e accompagnato dalle note del parrocchiano Gianfranco Ruggeri.

Il 26 dicembre 2004 il vescovo mons. Lanfranchi stralcia la zona di Santo Stefano dalla parrocchia di Donicilio e la incamera a Quarto. I nuovi confini tra le parrocchie sono così delimitati: a est dal Torrente Para, dalla zona “Cave di Pietra” alla località Valspineto; a sud dal confine dei comuni di Sarsina e Verghereto, da “Poggio Grosso” al Torrente Para, a ovest il “fosso Casella” è il nuovo confine tra la parrocchia di Selvapiana e Quarto.

La prima domenica di Avvento, 3 dicembre 2006, don Arturo Ambrogetti saluta la comunità che ha seguito dal 2003. Nella lettera di saluto, scrive : “Carissimi tutti, amatissimi parrocchiani di Quarto, è mancata l’occasione di un saluto sincero e affettuoso in questo nostro distacco e nel consegnare a don Gabriele la parrocchia di Quarto. Ci sono stati motivi di salute che non ha retto, e il dovere mi ha consigliato di prendere questa decisione anche se con amarezza. Ringrazio della sentita partecipazione a quanto di bello abbiamo fatto, sicuramente qualcosa rimarrà nel cuore dei bimbi e delle famiglie… Vi amo ad uno ad uno e vi porto nel mio cuore come carissimi amici e figli spirituali; sono con voi: in ogni situazione della vita, particolarmente nei momenti della lotta e della sofferenza”.  E così ritorna facendo servizio da Sarsina don Gabriele Foschi, fino al 2010.

Il 24 giugno 2007 vengono definiti nuovi confini con la parrocchia di Turrito, al quale viene affidato tutto il territorio oltre il fosso della “Marianna”, denominato fosso del Molinello. In effetti tal territorio, in precedenza appartenente a Valbiano, era troppo lontano da Quarto e ad un passo da Turrito.

Sabato 8 agosto 2009 viene inaugurato il campo a calcetto rinnovato, a sinistra della chiesa. Il campetto da quel momento diventa “regolare”, con erba sintetica, e viene inaugurato con una partita tra i ragazzi di Quarto e quelli di San Piero in Bagno, seguita dalla benedizione e dal rinfresco.

Nel gennaio del 2010 don Gabriele saluta Quarto e torna alla “bassa”, a Sant’Egidio. Dal mese di febbraio inizia il suo servizio, come amministratore parrocchiale, don Fiorenzo Castorri, che risiede a Sarsina ed è incaricato anche del culto al Santuario di San Vicinio.

Lunedì 6 giugno 2011 il vescovo Douglas tiene un incontro con il consiglio Pastorale che, in data 12 giugno, invia a lui una lettera dove “l’emozione e la tensione – che erano grandi – sono stati superati dalla Sua affabilità e semplicità: ci ha messo a nostro agio! … Grazie per le concrete indicazioni che ci ha lasciato”.

La parrocchia, con la guida del suo parroco don Fiorenzo Castorri, porta a termine i lavori attorno alla chiesa, il salone parrocchiale e la ristrutturazione dell’appartamento sopra la sacrestia.

Inoltre il nuovo parroco promuove una vita parrocchiale legata alla catechesi e la creazione dei vari organi ecclesiali di cui fino ad allora i parrocchiani non avevano mai sentito parlare. Costituisce il C.C.P. , il C.P.A.E., il C.V.S., la Caritas, la A.C.R., nomina tre ministri straordinari dell’Eucarestia e il gruppo dei lettori impegnato nelle lettere durante la Santa Messa.

Nel 2018 lascia la comunità don Fiorenzo e subentra il diacono Braschi Piergiorgio di Taibo. Da riconoscere l’opera di Mirco Gradassi, padre di famiglia, che anima la comunità col suo impegno.

Nella sua testimonianza in cui racconta l’infanzia, afferma Athos Baroncini: “Furono gli anni più sereni della mia vita dei quali conservo ancora oggi un vivido ricordo. D’inverno quando c’era molta neve rimanevamo isolati ma non ho mai sofferto la solitudine perché costituivamo una piccola comunità molto unita. Solo a distanza di molto tempo ci siamo resi conto di quale fortuna avessimo a vivere in quel posto e tutti quanti rimpiangiamo quegli anni”.

 

Nicoletta Baroncini mi racconta la sua infanzia vissuta negli anni ’50 e ’60 a Quarto, in un ricordo struggente: “Dalla mia casa, che io consideravo “in centro”, potevo osservare e partecipare a tutte le attività che si svolgevano in paese, ed il paese negli anni ha offerto a tutti noi tanti stimoli e opportunità. Fin da piccolissima uno degli ambienti che ho “vissuto” di più è stata la canonica e quindi ho tanti ricordi di don Antonio, il parroco di allora, e di Giuseppina, la sua perpetua. Quando penso a don Antonio, ancora oggi sorrido e rivedo la sua lunga veste nera, il cappellone con la larga tesa e le sue mani che mi accarezzavano i capelli con affetto o mi tenevano stretta la testa sollevandomi da terra (con mio grande disappunto). Aveva sempre una caramella in tasca e quando, durante il periodo di Pasqua passava a benedire le case, per ogni bambino aveva un uovo di cioccolato ricoperto di zucchero colorato. A Natale, invece, quando allestivamo il presepe mostrava con orgoglio, a noi bambini, la capanna con le statuine che si muovevano dolcemente al suono di un carillon. La sera della vigilia ci trovavamo in chiesa per spartirci i bastoncini scintillanti che ogni anno ci comprava e che potevamo accendere per fare festa prima che iniziasse la messa. Se mi trovavo in canonica o nei dintorni della chiesa capitava che mi prendesse per mano e, entrati in chiesa, mi metteva in ginocchio sull’altare per pregare con lui. Non capivo cosa volesse dire “…per la mia intercessione…” ma ubbidiente rispondevo alle sue preghiere, un po’ annoiata come può esserlo una bambina di tre o quattro anni. A volte con la vecchia “Prinz” ci portava a Sarsina o nei dintorni; io ero combattuta tra la voglia di andare e il timore di salire in macchina con lui al volante… sapevo che avremmo viaggiato al centro della carreggiata perché don Antonio era più preoccupato di salutare e benedire tutti che non del traffico che puntualmente schivava all’ultimo secondo. Quando ero più grande, ricordo, ci chiamava per suonare le campane. Era divertentissimo: noi bambini facevamo a gara per tirare quelle grosse funi per essere poi strattonati di peso sempre più in alto.

                Anche la sua perpetua, Giuseppina, era una persona buona ma completamente diversa. Se don Antonio, sicuramente di buon appetito, era sempre sorridente, aveva un aspetto florido, un viso rotondo e non riusciva a nascondere la pancia neanche con la larga veste, Giuseppina era piccola (me la ricordo in ginocchio sulla sedia per lavorare meglio all’altezza del tavolo), magrissima, sempre seria, quasi da sembrare perennemente arrabbiata. Non sono mai riuscita a darle un’età perché, se da una parte aveva il viso solcato da una fittissima rete di rughe, i suoi capelli, raccolti in una lunga treccia che arrotolava sulla nuca, erano nerissimi. Quando parlava dondolava la testa, sembrava dicesse sempre di no. Ma quello che più mi inquietava erano i suoi grandi piedi storpi; forse perché la mia mamma, quando combinavo qualche guaio era solita dirmi: “Sei cattiva, ma Gesù ti castiga!” Così io pensavo: “Ma quanto sarà stata cattiva la Giuseppina se Gesù l’ha castigata cosi?”

Era sempre indaffarata: in chiesa, in cucina, nel giardino e curava da sola ogni cosa. Non deve essere stato facile occuparsi di tutto anche perché don Antonio non era mai puntuale, né a pranzo, né a cena e lei si lamentava. Ma lui, con il suo solito sorriso, aveva sempre una risposta per tranquillizzarla.

                Don Antonio non c’è più da tanto tempo, a Quarto si sono succedutì  molti preti ma quando dalla finestra della mia casa “in centro”  osservo la chiesa mi sembra ancora di vederlo passare o di sentire la Giuseppina che lo chiama”.

 

Anche Maria Laura Moretti mi ha lasciato alcuni suoi ricordi giovanili che ora provvedo a pubblicare: “Le soffici nuvole bianche che cavalcavano i cieli primaverili mi facevano impazzire. Immaginavo sempre di stendermi sopra quel candore e sprofondare. Lo immaginavo stendendomi nel campo di erba medica dietro casa mia, per poi immaginare di toccarle.

Quarto mi ha regalato un’infanzia bellissima: i giochi con gli amici, le corse, le risate. Anche la solitudine era bella. Tutto aveva un ritmo diverso. Tutto aveva un suono e una voce diversi, che arrivavano diretti al cuore e mi innalzavano verso quelle nuvole, anche quando non c’erano. Ancora oggi, ogni tanto mi lascio rapire da quei ricordi e subito ritrovo equilibrio e leggerezza.

                Mi piaceva molto il mio piccolo paese. Mi piaceva la sua luce dorata, d’estate, e il grigiore dei lunghi inverni. Mi piacevano i suoi “angoli” pieni di magie, per una bambina fantasiosa come me.

Ricordo il boschetto di fronte alla chiesa, dove costruivamo strane case di stracci, tra gli alberi e lì giocavamo, a volte mangiando le gustosissime cioccolatine della Ferrero, da 10 lire, che rubavo dal negozio di mia mamma. Come dimenticare poi il campetto, dove da bambina amavo nascondermi in mezzo agli alti arbusti, che da ragazzina ho vissuto intensamente come campo da pallavolo e luogo di incontro?  Ma la massima espressione del gioco fine a se stesso si snocciolava nelle stanze sotto la chiesa, dove vecchi mobili odorosi di incenso, arredavano dimore immaginarie di strani personaggi che noi bambine e bambini impersonavamo, con grande enfasi, soprattutto dopo l’esperienza di recitazione che una strana compagnia teatrale di passaggio aveva offerto a diversi di noi. Più cerco di ricordare e più i ricordi si presentano alla mia mente, come se stessi facendo l’appello. Arrivano baldanzosi, sempre più nitidi, fieri di raccontarsi e di sfidare il tempo che poi, alla fine, indebolisce il Passato e lascia entrare un Presente che non ha mai cessato di esistere…

Ecco arrivare i bellissimi anni della scuola elementare… Le mie maestre, la signora Proli, una vera “istituzione”, in classe prima e la dolce signora Magalotti in classe seconda. Non dimenticherò mai il disagio del giorno in cui presentai alla maestra Proli il disegno di una bellissima rana che mi aveva disegnato mia madre: lei scoprì immediatamente che non l’avevo disegnata io e ne rimasi così stupita da considerarla quasi una maga… “Santa innocenza”, avrebbe detto mia nonna, “innocente presunzione” direi io. I successivi tre anni furono davvero speciali, tre bellissimi anni vissuti con il mio carissimo maestro. Tre anni durante i quali ho avuto tutte le opportunità possibili che un bambino può avere di vivere la scuola come scoperta del Tutto ciò che è, ma soprattutto come opportunità di manifestazione del mio Sé dentro, l’Altro da me, prezioso scrigno che racchiudeva  e racchiude  ancora  l’universo  intero. Sono stati anni intensi di emozioni e di progressi. Era semplicemente bellissimo quando, appena arrivati in classe, tempo permettendo, ci incamminavamo con quaderno e penna, verso le colline intorno a scrivere testi o a ragionare di matematica. Era in quelle occasioni che l’orizzonte intorno a me, sembrava stringermi in un caldo abbraccio, con quelle sue colline che coloravano lo scorrere delle stagioni e del Tempo, meno inesorabile e più vicino al cielo che pareva sfiorarmi i capelli. Credo di avere imparato davvero l’essenza dello Scrivere su quei monti e per questo non ringrazierò mai abbastanza il mio maestro. E poi sorrido pensando al Carnevale che festeggiavamo a scuola o in giro a chiedere dolciumi, camminando lungo strade fangose dove sprofondavo. Ero tanto avvilita per essermi  sporcata  le scarpe, da farmi portare.

                E che dire delle merende alla diga o delle coccole della Fosca e di Giulio? Che dire di Don Antonio che ogni volta che mi vedeva, mi metteva il suo braccio attorno al collo e tirava fino a farmi male? E che dire di quando cantavo da solista in chiesa? E che dire…?

                Potrei proseguire per pagine intere, perdermi nella miriade di pensieri fluttuanti e, oramai, incontrollabili. Non posso che indicare loro quell’Altrove dove le parole hanno voce per richiamarne altre, e lì planare come gabbiani sul mare. A Quarto non torno spesso, ma le mie radici sono lì, ancora  ben salde in quella terra così ricca di vita e di una particolare energia che a volte si desta per accogliere il mio richiamo e la sento scivolare silenziosa dentro di me. E torno lassù, stesa a guardare le nuvole bianche. E tutto si acquieta”.

 

Qualche anno fa ho rilevato anche una testimonianza di padre Vittorio Moretti, che ora è deceduto. La riporto integralmente e con questa chiudo il saggio su Quarto.

“Premetto che sono nato poco lontano da Quarto, comune e diocesi di Sarsina, a un chilometro circa in linea d’aria. Precisamente nel podere chiamato Terre in parrocchia di Donicilio, comune di Bagno di Romagna, diocesi allora di Sansepolcro e che, nei primi anni trascorsi dove sono nato, Quarto mi appariva un grande centro dove si trovavano tutti i servizi dei signori.

Lo raggiungevamo con la barca, dopo aver percorso un tratto di strada di circa trecento metri, per arrivare all’imbarco. Pian d’Angelo era il porto fisso di partenza, mentre erano vari quelli dell’approdo: la

Manina, Romualdo, la diga…

I ricordi che mi vengono in mente sono tanti. Li elenco in ordine sparso.

La chiesa parrocchiale era al di là da venire e qualche volta, di Domenica, insieme alla mamma, andavamo a Messa, celebrata dal parroco di Massa Don Vittorio Babini, che raggiungeva l’oratorio privato della Famiglia Marini in Quarto Vecchio con il suo somarello mansueto e così piccolo che il cavaliere quasi toccava i piedi a terra.

Il luogo più frequentato era da Rimovaldo (oggi il Bar Ristorante La Pineta): un bazar dove trovavi: sale e tabacchi, alimentari e osteria, legna e carbone, posto per giochi, danze e … macelleria.

Quasi tutte le domeniche nel primo pomeriggio vi accompagnavo mio nonno Francesco (Cecco dal tèrri) per la partita o a tresette o a briscola con l’immancabile mezzo litro (la Fujetta) e la conversazione sul raccolto e sulle bestie con gli amici, mentre noi molti bambini giocavamo a nascondino nel bosco circostante. Venivo chiamato dal nonno al momento della bevuta per assaggiare per primo un sorso di sangiovese e poi riprendere i giochi fino al tardo pomeriggio quando dovevamo tornare a casa per custodire le bestie. Spesso si ballava o nella sala o nella piattaforma esterna con Pietro Santini alla fisarmonica, Gianni Marini al violino e Lorenzo Santini al bengio o chitarra…

Rimanevo incantato dalla musica e dai suonatori.

Nei giorni feriali raggiungevo Quarto per comprare da fumare al babbo Rino, il tabacco da naso al nonno, il carburo per l’illuminazione e, raramente, un po’ di pasta, che l’Olga avvolgeva con la carta gialla paglierina e… mezzo etto di mortadella per otto persone. Mi fermavo a guardare i carbonai, che erano scesi dai monti con i loro muli e si fermavano a giocare a mora, facendo udire le loro voci anche in lontananza. Mi colpiva particolarmente Adolfo (Biozzi) con il fazzoletto alla garibaldina al collo, lo sguardo truce, sempre in compagnia del suo giumento magro, scortico, con il pelo arruffato.

Altri appuntamenti erano le Fiere, quando scendevano i molti abitanti di Donicilio,

Castellane e anche Alfero e le barche si riempivano di uomini e di donne che portavano uova e polli a vendere (dopo aver controllato il prezzo più conveniente tra Amadori e la Pia), per poi comperare qualche vestito e qualche calzatura;

le feste dell’Unità, organizzate da Omero Boattini e soci, dove venivamo coinvolti nella corsa podistica a Quarto Vecchio e una volta arrivai quasi  primo… dopo Toto.

Ricordo l’esame di quinta elementare nella scuola vicino alla Casa Cantoniera, quando la Maestra Conti, seria e severa, fece l’elogio di fronte alla numerosa classe (Massa, Quarto, S. Stefano … ) e la Commissione esaminatrice per il mio tema sul vento; la pesca delle rane nelle sere di primavera lungo le rive del lago con la barca guidata da Cesare di Piandangelo con il mio babbo che teneva sulla sinistra il lume a carburo per abbagliarle e le catturava con la mano destra mentre io tenevo stretto il sacchetto in cui venivano riposte. Il giorno dopo a tavola era una grande festa.

E la guerra?

Noi bambini ci fermavamo estasiati a guardare gli aerei che solcavano il cielo e li contavamo; le lunghe file dei militari che transitavano lungo lo stradone con jeep, camion o a piedi, accompagnati dai cavalli e dai bovini che avevano razziato.

Ricordo il pomeriggio in cui mi trovavo con mio fratello Maurizio su un ciliegio quando uno stormo di aerei scese a bassa quota e bombardò la diga e il lago si prosciugò e rimase asciutto per qualche anno diventando luogo di coltivazione, di pascolo e di giochi…

Poi nell’autunno del 1949, dopo aver seminato il grano insieme al nonno, il vento mi portò lontano e da allora sono tornato in zona soltanto una volta all’anno e per pochi giorni…

Nel frattempo Quarto è cresciuta fino a diventare quello che oggi possiamo ammirare. Nei pochi giorni che rimanevo in famiglia Quarto era la meta del mio andare a Messa nei giorni feriali, perché la domenica si celebrava dai parroci di Donicilio Don Federico Damiani e poi da Don Augusto Taccioli nella chiesina di Santo Stefano. Nei primi tempi si celebrava a Quarto Vecchia, dove conobbi Don Antonio e dove ebbi la sorpresa di incontrare e salutare il giovane vescovo di Sarsina e Amministrattore di Sansepolcro (1949-1953) Mons. Emilio Biancheri (Ventimiglia 19 luglio 1908-Rimini 8 agosto 1982); poi nel salone sotto l’attuale chiesa, allora in costruzione, e finalmente nella Chiesa santuario Madonna Pellegrina.

Ordinato Sacerdote a Roma da Mons. Ettore Cunial nella Basilica dei Santi XII Apostoli il 30 marzo 1963, proprio a Quarto decidemmo, insieme alla famiglia, di celebrare la prima Messa solenne e il Matrimonio di mia sorella Guerrina con Gabriele Giannini, anche se non era la nostra parrocchia. La celebrazione ben preparata da Don Antonio Buffadini (parroco e costruttore del nuovo bel santuario) fu allietata dai canti eseguiti dalla Corale di Alfero, diretta dal carissimo Don Arturo Ambrogetti con la partecipazione di molti parenti, amici e fedeli. L’agape fraterna si consumò nei locali non sufficienti di Rimavaldo.

Passano gli anni …

Nel gennaio 1978 mio fratello Laurente (Lollo) acquista la proprietà del Signor Romualdo Moretti, viene ad abitare a Quarto e avvia il Bar Ristorante la Pineta.

Da allora la sua casa diventa il mio albergo per ferie e mi sento un quartese stagionale.

L’amicizia con Don Antonio Buffadini, parroco dal 1950 al 1983, diventa più famigliare e negli ultimi tempi, quando la malattia lo stava consumando ogni giorno di più, mi confidava il rammarico di non essere riuscito a formare una comunità più unita e partecipe.

Venni da Assisi per partecipare ai suoi funerali e concelebrai insieme a Mons. Luigi Amaducci, vescovo di Cesena e Amministratore Apostolico di Sarsina, a Mons. Carlo Bandini vescovo emerito di Sarsina e altri sacerdoti.

Con il successore Don Vittorio Quercioli, parroco dal 1981 al 2000 (ci conoscevamo fin da bambini), ho vissuto momenti molto belli, soprattutto quando mi portava nelle piccole parrocchie per confessare e celebrare l’Eucarestia e alle feste di Balze, Pereto, Cometo (i suoi amori), Tavolicci…

Nel frattempo, dopo aver esercitato il sacerdozio in diverse Regioni, sono destinato ancora una volta al Santuario del Piratello, dove resterò per sedici anni dal 1987 al 2003 e le visite a Quarto si fanno più frequenti.                    ·

Il 24 aprile 1988, insieme a mia sorella e mio cognato, celebrammo il venticinquesimo anniversario, il mio di sacerdozio e il loro di matrimonio, invitando tutti a fare festa con noi e a pregare per noi. Don Vittorio si adoperò perché tutto riuscisse bene. Un grazie a lui. I partecipanti furono numerosi. Si fece presente anche il vescovo di Cesena-Sarsina Mons. Luigi Amaducci. Nonostante i capricci metereologici il pranzo comune all’aperto riuscì allietato da musica e intrattenimenti vari.

Quando Don Vittorio lasciò Quarto per tornare ai suoi primi amori (Cometo e Pereto), si stabilì ad Alfero, ma l’amicizia è continuata.

Dopo il breve servizio del diacono Werther Domeniconi, a Quarto venne Don Arturo Ambrogetti (oltre che amico parente da parte della mia mamma) che sempre ricordava. 

Fu parroco dal 2001 al 2005. Non posso dimenticare le gite sui monti e sui luoghi abbandonati, o quasi, qualche strizza in automobile e… le nostre discussioni sulla vita pastorale, che restavano sempre lontane.

Nei tre anni di Don Gabriele Foschi (2006-2009) ero residente a Roma.

Nei giorni in cui ero a Quarto il mio contatto era soprattutto con Mirko Gradassi, clavigero della chiesa, perché Don Gabriele risiedeva a Sarsina e anche la domenica arrivava in fretta alle 10,30.  Il 21 luglio 2007 ebbi la gioia di assistere, celebrando l’Eucarestia, al matrimonio di mia nipote Marta, figlia di Lollo, con Massimo Quaranta. Fu una grande festa con la partecipazione di tanti parenti, amici e Quartesi.

Nel 2010 è arrivato Don Fiorenzo Castorri.

Fin dal primo incontro il nostro rapporto è stato caratterizzato da cordialità più che fraterna che nel tempo si è andata sempre più consolidando.

Si è visto il 21 aprile 2013, quando, con la partecipazione attiva di tutta la comunità di Quarto, abbiamo celebrato il cinquantesimo anniversario, mio di sacerdozio e di mia sorella e mio cognato di matrimonio.  

L’Eucarestia con l’assemblea devota e partecipe è stato il momento più bello della festa, che è continuata con l’agape fraterna, allietata oltre che dalle vivande squisite e genuine, dalla musica folkloristica animata da mio nipote Christian nei locali di mio fratello Lollo: il ristorante La Pineta.

Mi sgorga dal profondo del cuore un grazie riconoscente al Signore per quanto mi ha dato, di vivere con le persone incontrate e gli eventi vissuti a Quarto”.

 

LE OPERE D’ARTE NELLA CHIESA DI QUARTO

Entrando in chiesa,  sulla destra, un cippo romano con scritta “DONO DELL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE 1956” che sostiene l’acquasantiera. Il cippo proviene dal museo archeologico e sostiene l’acquasantiera scavata in un capitello romano o bizantino, il cui abaco è stato sbrecciato e arrotondato asportando i caulicoli angolari, nel corpo troviamo tre ordini di otto foglie di acanto, di cui le più alte combinate con coppi di caulicoli. E’ datata al secolo IV ma non si può escludere che sia anche più antico. Misura in altezza cm 50 e in diametro cm 54. Risulta in buono stato nonostante la manomissione. Proviene dalla chiesa di Romagnano, ricca di numerosi reperti.

La prima, pala d’altare della chiesa di Nasseto dove è stata fino al 1983, per poi essere conservata a Corneto fino al 1993 e poi qui a Quarto. Della misura di m. 2,30 x 1,50, è dipinta ad olio su tela e raffigura la Madonna col Bambino, al centro in alto su nubi, con un cherubino al centro. In primo piano, a sinistra, in piedi, i Santi Lorenzo, Agata, Maddalena e Sebastiano. Nel mezzo sta il Castello di Uguccione della Faggiola: questa è l’unica immagine esistente di tale famosa storicissima struttura. Anonimo, discreto, del sec. XVII. E’ stato restaurato nel 1989.

 

Dipinta ad olio magro su tela, la seconda pala era fino al 1993 era nella chiesa di Corneto, portata a Quarto per motivi di sicurezza. Al centro troviamo la Madonna col Bambino, su un trono posto su zoccolo a zampe leonine, con cherubino al centro e dossale curvo. La Madonna è incoronata da due angeli in volo. Sui lati ci sono porzioni di vedute campestri, con alberi e monti. In primo piano, a sinistra, troviamo San Pietro e a destra San Martino, questi in chiroteche e piviale ornato da figure. Nel basso troviamo una cartella con ricci contenente epigrafe: EGO DILIGENTES ME DILIGO: ET QUI MA NE VIGILAVERINT AD ME INVENIET ME FRANCONIVS FRANCISCVS A. D. F. MDLXXI. Più sotto: DOMINUS FRANCISCVS FRANCONIVS. La ripetizione del nome del Franconi potrebbe indicare nel medesimo parroco il committente e il pittore. E’ alto 2 metri e largo 1,65 metri. Restaurato nel 1993.

 

Troviamo poi un’altra pala d’altare, dipinta ad olio magro su tela, proveniente dall’Oratorio di Corneto, distante pochi metri dalla chiesa parrocchiale. La tela era qui fino agli anni ’80. Troviamo al centro seduta la Madonna e il Bambino con accanto, a sinistra, San Giuseppe. A sinistra, in primo piano, San Francesco. A destra in secondo piano troviamo un Santo non ancora identificabile, con chiroteche rosse e al quale il Bimbo regge ua croce astile a tre bracci traversi; in pirmo piano in ginocchio San Domenico. Nella parte superiore ai due lati troviamo i tondi con i 15 Misteri del Rosario. In basso la scritta, entro cornice lignea dipinta a fregi policromi: R. D. FRANCISCVS FRACONIVS PIGI CVRAVIT 1609. Di anonimo tardo manierista locale, di gusto paesano. Era appeso alla parete destra dell’oratorio.

 

Troviamo poi un’altra pala d’altare, collocata da sempre nella parete sinistra dell’Oratorio del Popolo di Corneto, dov’era collocata fino agli anni ’80. Al centro del dipinto, ad olio magro su tela, troviamo al centro San Sebastiano, a sinistra Santo Stefano e un altro santo dalla cui bocca sembrano uscire animule, a destra Santa Lucia e Santa Caterina. In basso la scritta: R.D.STEPHANUS FRANCONIVS RECTOR A.D. 1620. L’opera si trova contenuta in cornice lignea contenente fregi policromi. Di gusto paesano, anonimo tardo manierista locale.

La vita della piccola comunità continua… una piccola barchetta nelle grandi acque della Chiesa e del Mondo. Ho tanti ricordi legati alla comunità, specialmente all’infanzia quando i genitori mi portavano alla festa; ricordo la festa del 1991 quando vennero inaugurate le campane di Massa, che erano appoggiate in terra in chiesa, consacrate da mons. Garavaglia. E ricordo la cena del 1996, quando Don Vittorio volle che andassi anche io perché, come disse, dovevo vedere come era la vita dei preti anche al di fuori della “chiesa”; ricordi indelebili per sempre che conservo nello scrigno della mia esistenza.