Morandini a Cesena: “L’enciclica Laudato Si’, per la cura della casa comune”

Ultima lezione, martedì 5 marzo, per la scuola diocesana di Dottrina Sociale della Chiesa. A conclusione del primo biennio, ieri sera c’è stato l’intervento di Simone Morandini, insegnante di matematica e fisica e docente presso l’Istituto di studi ecumenici San Bernardino di Venezia, oltre che membro del gruppo Custodia del Creato della Cei.

Una serata tutta incentrata sull’enciclica di papa Francesco Laudato si’ vera “rottura epistemologica – come definita dallo stesso relatore – pur in continuità con il magistero precedente”. “Non è da ieri che il mondo cristiano si interroga sulla custodia del Creato – ha affermato Morandini –. Già lo aveva fatto Giovanni Paolo II con il Messaggio per la XXIII Giornata Mondiale della Pace del 1990 e Benedetto XVI nell’enciclica Deus caritas est. In questo caso però Francesco ha bucato lo schermo, riuscendo a farsi ascoltare anche in ambienti impensabili”.

Con buona pace dei detrattori del mondo laicista che “accusavano il Papa di scarsa competenza in materia, senza considerare il contributo dato alla stesura del testo, dai migliori consulenti del mondo scientifico provenienti da realtà accademiche, come la Pontificia Accademia delle Scienze”. Una sferzata di novità quella data dal pontefice ravvisabile “sia sotto il profilo metodologico che in quello pastorale”. Il primo riferimento è alla predilezione per l’orizzonte ecumenico, finalità supportata già dalla scelta del titolo della stessa enciclica in riferimento a san Francesco d’Assisi, oggi modello di dialogo per la Chiesa con il mondo. “Esiste da tempo un magistero ecumenico sul fronte dell’ecologia. Il più noto è quello del patriarca Bartolomeo, citato in larga parte nell’enciclica. Ma Francesco si spinge ancora più in là, ricorrendo spesso al pensiero del filosofo riformato Paul Ricoeur e con grande coraggio al misticismo sufita musulmano. Questo per dirci quanto la questione ecologica non riguardi solo i cristiani, ma debba essere compresa come responsabilità comune”.

Anche nel linguaggio pastorale si è ravvisato l’arricchimento dovuto al concetto di ecologia integrale, vero prisma interpretativo del testo pontificio. “Dobbiamo capire che le istanze della giustizia vanno di pari passo con quelle della sostenibilità – ha detto Morandini – non possono esserci squilibri sul piatto della bilancia. Le soluzioni alle problematiche sociali devono trovare la loro armonia con quelle di carattere ambientale. O si vince su entrambi i fronti – ha asserito – o si perde su entrambi. Francesco l’ha capito bene”. Uno sprone a raccogliere in maniera creativa le sfide che l’età contemporanea ci pone davanti, a cominciare dalla consapevolezza di vivere in un mondo sempre più antropocenico, cioè di un tempo geologico dominato dall’impatto dell’uomo su tutto l’ambiente circostante come mai avvenuto nelle epoche passate. Una visione che deve mettere in guardia circa un utilizzo consapevole e responsabile del creato.

“Voi che siete qui stasera sfidando la spensieratezza del carnevale – ha scherzato Morandini con i presenti – dovete farvi carico di una responsabilità in termini etimologici. L’umanità ha forse perso la capacità di dare risposte di fronte ai problemi? Noi cristiani dobbiamo essere all’altezza di questa chiamata”. Ed elencando con pragmatico realismo le numerose questioni odierne, dai i mutamenti climatici, alla tutela dell’acqua, dalla lotta alla cultura dello scarto e alla salvaguardia delle biodiversità, Morandini ha indicato tre direttrici da percorrere: lo sviluppo di un’economia sostenibile, il miglioramento dell’efficienza energetica e la cura per una diversificazione della produttività secondo standard ambientali elevati. Dunque non un approccio apocalittico né catastrofico, bensì accorto e maturo nella consapevolezza che una crisi ambientale globale può essere superata solo tramite un approccio globale.

“La Dottrina sociale con la sua visione sussidiaria può venirci in aiuto anche in questo caso – ha suggerito ai presenti – perché ciascuno a più livelli può affrontare la sussidiarietà ambientale secondo le proprie competenze, a partire dai governi, passando per le imprese, fino ad arrivare ai consumatori”. A chi domanda invece il perché della difficoltà, in certi ambienti culturali e politici, nel riconoscere le evidenze dei cambiamenti climatici risponde: “a pensar bene potremmo ricondurre il tutto ad interpretazioni fataliste o fondamentaliste, come avviene per certe chiese evangelicali negli Stati Uniti d’America. Ma sia chiaro che la comprensione cattolica del Dio di Gesù Cristo, non ammette un Padre cattivo che punisce attraverso i flutti della natura. A pensar male invece, cosa più probabile, possiamo riconoscere un autoinganno per tutelare gli interessi economici”. Ma la prospettiva cristiana non può estinguersi né nel pessimismo né nel catastrofismo. Ecco dunque l’invito a coltivare una spiritualità ambientale, già presente nella tradizione cattolica, come quella di san Bonaventura, o del più blasonato poverello d’Assisi in cui, l’idea di un Dio che si manifesta e si fa conoscere nella sua creazione, richiede da parte dell’uomo uno sguardo contemplativo. Un antidoto possibile anche nei confronti della frenesia consumistica imperante. Infine un’esortazione: “camminiamo cantando! – ha concluso Morandini citando il finale della Laudato si’perché le nostre lotte e la nostra preoccupazione per questo pianeta non ci tolgano la gioia della speranza”.