Zamagni a Cesena: “Dottrina sociale, manuale da incarnare nel presente”

É stata un fiume in piena ieri sera la relazione del professor Stefano Zamagni nella quarta lezione della scuola diocesana di Dottrina sociale della Chiesa. Tema della serata “il primato della persona umana nella vita sociale”.

“Anzitutto spieghiamo bene i termini – ha esordito il professore –. Quando si parla di vita sociale bisogna tener presenti tre orizzonti: la politica, l’economia e la cultura, unitamente alla dimensione religiosa. È una degenerazione, infatti, ritenere il sociale solo un campo d’azione verso i poveri”.

Ecco quindi la necessità di incarnare nel presente i principi della centralità dell’uomo, della solidarietà, della sussidiarietà e del bene comune “poiché il cristianesimo è una religione incarnata e non incartata” e la Dottrina sociale “non un manuale ingessato: i principi restano, ma cambia l’applicazione”.

Quali dunque le sfide contemporanee che l’economia ci pone davanti? “Oggi subiamo due grandi eventi storici – ha affermato Zamagni – come la globalizzazione, che ha modificato totalmente il mercato del lavoro trascinando con sé gravi conseguenze, come la delocalizzazione delle attività produttive e gli effetti della terza e quarta rivoluzione industriale, rispettivamente la rivoluzione digitale nata nella Silicon valley in California e lo sviluppo della robotica e dell’intelligenza artificiale”.

Fenomeni le cui conseguenze dannose, se non calcolate e governate da una corretta prospettiva etica nei confronti del lavoro umano, sono state più volte messe in luce con preoccupazione. “In questa visione la prima istituzione ad entrare in crisi è proprio il lavoro. Per un cristiano questa emergenza non dev’essere secondaria, poiché esso è lo strumento che lo rende co-partecipe dell’opera di Dio. Per un cristiano che il lavoro ci sia oppure no non è la stessa cosa, ma non in termini di PIL, bensì di dignità stessa dell’uomo”.

E sui pericoli di un mercato del lavoro robotizzato a scapito dell’essere umano, Zamagni cita l’informatico Raymond Kurzweil, teorico di spicco dell’ideologia del transumanesimo, secondo il quale nel prossimo futuro, non sarà più necessario l’apporto dell’uomo nel mondo del lavoro, poiché sostituito dall’efficienza delle macchine.

Nel mirino dell’analisi critica anche il ruolo della finanza e del capitale rei di condizionare sempre più i processi e le decisioni governative: “Oggi non è più la politica a dettare le regole del gioco, ma l’economia e l’abbiamo visto quando negli Usa le grandi banche d’affari costrinsero l’amministrazione Clinton a togliere la divisione della gestione tra i fondi dei risparmiatori e quelli degli speculatori, gettando così il germe della crisi economica del 2007 – ha commentato – e questo accade anche in Italia quando le leggi sono rese subalterne alle lobby, come nel caso del gioco d’azzardo”.

I paradossi prodotti da un mercato sempre più distante dai bisogni dell’uomo si concretizzano nell’aumento del divario tra ricchi e poveri nel mondo, nella distruzione dell’ambiente, nel dominio della finanza sui processi democratici e sul livello di felicità dei cittadini.

“Più soldi hai e meno sei felice – ha osservato con decisione Zamagni – e questo non lo dico io, ma il paradosso di Easterlin che ben evidenzia come l’utilità del denaro, quando sottrae spazio all’unicità delle relazioni (siano esse famiglia, amici, aggregazioni…) rende l’uomo più solo e più triste, aumentando così il tasso dei suicidi, delle depressioni e delle separazioni. Fateci caso – ha rilanciato –  che sono i ricchi a togliersi la vita e non i poveri”.

Cosa fare allora per raddrizzare l’attuale sistema economico-finanziario? “Come cristiani dobbiamo prima di tutto riprendere consapevolezza e coraggio” fugando così ogni tentazione di pessimismo storico. I tempi che attraversiamo non sono più difficili di quelli dei nostri predecessori e se nel XV secolo l’Europa è uscita dall’era feudale attraverso l’Umanesimo, nato nell’alveo della cultura cristiana, perché non possiamo esserne capaci noi oggi?”. E indica alcune strade da percorrere come il contrasto all’individualismo libertario che rende l’uomo schiavo di quello che vuole: “Volo ergo sum – ha ribadito – e i nostri giovani ne sono impregnati, tant’è che sanno benissimo scegliere, ma sono incapaci di decidere, poiché la decisione corrisponde non ad un calcolo, bensì al coraggio della vocazione”.

Come prospettiva di rilancio del welfare ha invece indicato la strada della sussidiarietà circolare, che coinvolga nel processo decisionale tutti gli enti (governo del territorio, imprese e terzo settore), condividendo sovranità e responsabilità: “Certo per fare questo ci vuole umiltà e coraggio, oggi invece chi governa si sente legittimato nel decidere in autonomia, ma è vera democrazia questa?”.

Infine, l’invito a recuperare la creatività propria della tradizione cristiana “come fece san Benedetto con la regola monastica” e come secoli dopo “realizzarono i francescani, veri inventori dell’economia di mercato e non latori di un assistenzialismo da reddito di cittadinanza” ha chiosato caustico.

In conclusione: “Dobbiamo avere il coraggio di intraprendere vie nuove: superiamo dunque la nostra accidia, sapendo che non è solo compito del papa o del vescovo, ma di tutta la comunità raccogliere e vincere la sfida del nostro tempo”.