Truffelli, presidente nazionale di Azione cattolica, ieri sera a Cesena: “Il bene comune o si costruisce insieme o non è bene comune”

Il palazzo del Ridotto ieri sera era gremito di persone per la presenza del presidente nazionale di Azione cattolica, Matteo Truffelli.

Dopo il saluto del presidente diocesano Rosauro Amadori (il testo del suo intervento è riportato in fondo) e la proiezione di un video realizzato in loco dal titolo Scatti di Bene comune”, Truffelli ha svolto la sua relazione sul significato e la declinazione appunto del termine “Bene comune”.

“Come Azione cattolica abbiamo deciso di dedicare un anno alla pace. Ciò significa dedicarsi al bene comune. Spetta a tutti, in ogni condizione e a ogni età, dedicarsi e appplicarsi per la pace. E con la medesima passione”.

“Il termine scatto – ha proseguito il presidente – nasce dallo sguardo, dalla capacità di guardare la realtà. Siamo chiamati a superare i preconcetti, i nostri pregiudizi e a partire dalla realtà così com’è. A guardarla con sguardo contemplativo, come ricorda papa Francesco nella Evangelii gaudium (n. 71). Dobbiamo saper educare il nostro sguardo sulla realtà e a voler bene alla realtà così com’è. E siamo chiamati a farlo da dentro o da chi sta sotto alla realtà. Non certo da fuori. Anche se dobbiamo esercitare uno sguardo critico”.

Oggi viviamo in un contesto di semplificazione massima, invece la realtà è complicata – ha aggiunto Truffelli -. Viviamo con una politica che va per slogan, con parla con un sì o un no. Non dobbiamo ridurre la politica a talk show. Dobbiamo aiutarci a farci carico della complessità del reale.  Vi faccio un esempio, il referendum istituzionale del dicembre 2016. Ci era stato chiesto di esprimerci. Noi abbiamo preferito aiutare le persone a farsi un pensiero consapevole sulle questioni in gioco. Oggi si è perso il senso della democrazia come confronto. Oggi viviamo in un Paese diviso, lacerato: giovani e adulti, credenti e non credenti, nord e sud, chi è nato qui e chi no, poveri e ricchi. Invece, sono convinto che noi siamo chiamati a ricucire. Noi oggi, come Ac, siamo chiamati a mettere a servizio del Paese e della cultura ciò che sappiamo fare bene: l’esercizio del confronto”.“Quando il Papa ci dice: mettetevi in politica, ma quella con la P maiuscola, che vuole comunicarci? Io penso che voglia dicrci di metterci in gioco dove possiamo dare il meglio di noi, nella capacità di dialogo, di confronto, vista la tanta incapacità in campoi. A noi è chiesto di lavorare nel tessuto della nostra società. Il bene comune o si costruisce insieme o non è bene comune. Nasce dal dialogo. È il tentativo di fare qualcosa assieme a tutti coloro che hanno buona volontà. Dobbiamo colmare i fossati anziché scavarne di nuovi. D’altronde il nostro carisma è questo: mettere insieme, anzichè dividere. Essere costruttori di alleanze dentro la Chiesa e nel mondo. È il nostro patrimonio di esperienze”.Costruttori di alleanze dentro la chiesa e nel mondo. Oggi si chiede all’ac di farsi carico di questa responsabilità”. Dopo questa ampia premessa, il presidente Truffelli si è chiesto: “Che cos’è il bene comune? Due immagini: è una catena o una maglia di anelli che compone la nostra società. E la tenuta della catena dipende dagli anelli più deboli. Più diminuiscono le disuguaglianze e più aumenta la sua tenuta. Ha a che fare con la condizione di chi è più debole. Ecco perchè dobbiamo prendere la parte di chi ha meno chances. Eppoi dobbiamo essere consapevoli che non sono le singole questioni che fanno il bene comune, ma è tutto l’insieme”.Comunque, visto che occorre dare concretezza, pongo cinque questioni, non esaustive, ma come esempio. La prima: chi cerca la salvezza fuggendo da casa sua. La questione dei migranti è la grande questione del nostro tempo. Farci carico della storia. In quella questione c’è una promessa di futuro. È un banco di prova per la nostra società. Dobbiamo saper andare al di là dei luoghi comuni e dei pregiudizi. Siamo chiamati a demistificare le questioni. Lì ci sono gli anelli deboli della catena, come diceva Giovanni Paolo II nella Sollecitudo rei socialis e nella Centesimus annus. Per il nostro tempo, questa è una questione paradigmatica.La seconda questione: il lavoro. Senza lavoro si smarrisce il senso del futuro, la famiglia, l’esistenza dei giovani. E anche nel mondo del lavoro ci dobbiamo stare così, com’è oggi, precario e difficile, per ridare al lavoro un senso umanizzante. Siamo chiamati anche a farci promotori di buon lavoro, di un lavoro solidale, cooperativo.La terza questione che pongo è quella della cura e della custodia del creato. Ogni cosa ha importanza: tutto è connesso, tutto è collegato, ha scritto papa Francesco nella Laudato si’. Tutto è bene comune. L’ambiente, il buco dell’ozono. Cosa ci possiamo fare?, molti si chiedono. Ma chiamandoci fuori in questo modo si rischia il primo passo verso quella globalizzazione dell’indifferenza di cui parla spesso papa Francesco. La quarta questione è la cultura della legalità. O ci coinvolge tutti o non regge, ha detto a chiare lettere Truffelli. Deve essere un esercizio condiviso e riguarda tutti noi. E poi, vedere e denunciare l’illegalità”, perchè non è affatto scontato. 

Infine, ha chiuso il suo lungo intervento di circa un’ora il presidente Truffelli, la quinta questione è legata al sentirci responsabili della democrazia. Avere cura della democrazia per suscitare passioni per la democrazia, per la fatica della democrazia. Da noi in Ac si sperimenta come elemento identitario. La nostra è un’esperienza di corresponsabilità. Siamo anche chiamati ad accompagnare le persone che si dedicano alla politica. Perchè poi altrimenti, chi si impegna viene visto come un appestato e si sente isolato, emarginato. Abbiamo una grande responsabilità perché non c’è altra associazione che dà tante persone alla politica come la nostra.

Rispondendo ad alcune domande dal folto e attento pubblico in gran parte costituito di ragazzi e giovani, Truffelli ha detto che “la malattia del nostro tempo è una tristezza individualista e l’anticorpo, di cui noi siamo esperti, è la capacità di tenere insieme. È il valore che noi abbiamo da trasmettere a questa nostra società”.

Di seguito pubblichiamo il saluto di benvenuto rivolto dal presidente diocesano Rosauro Amadori al presidente nazionale Matteo Truffelli. Ecco il testo.

Buonasera e benvenuti a tutti voi e soprattutto benvenuto all’ospite di stasera: Matteo Truffelli, presidente nazionale di Azione cattolica dal 2014 e rieletto l’anno scorso per il secondo mandato triennale. Credo che abbiate notato tutti che siamo circondati o meglio incorniciati da una mostra sulla storia delle associazioni parrocchiali della nostra diocesi. E’ stato un modo bello per riscoprire le radici e le storie di tante persone che hanno dato un volto e una voce all’Azione cattolica nel corso di tanti anni al servizio della Chiesa e non solo. Veniamo alla nostra serata con a tema “SCATTI DI BENE COMUNE”. Perché parlare di bene comune?? E’ una tematica molto cara alla nostra associazione che ha sempre posto al centro della formazione la persona, ogni persona, ad ogni età; dai ragazzi, ai giovani, agli adulti e agli anziani. Mettere al centro la persona ci allarga lo sguardo alla vita quotidiana, fatta di lavoro, tempo libero, incontri, certo, con tutta la sua bellezza, ma anche con le possibili difficoltà che oggi vanno accolte con una speranza nuova capace di orientare a progetti futuri per tutti e per ognuno.

C’è bisogno di riappropriarci di quei valori sacrosanti sanciti dalla nostra costituzione che, nonostante sia una signora settantenne, è ancora molto bella e attraente ed è in grado di dare sempre nuove energie a tutti noi. E come non citare il richiamo fatto dal presidente della Cei, il cardinale Bassetti in un suo intervento a Spello proprio alla presidenza nazionale di Ac. “È venuto il momento oggi di rimettersi in cammino, oggi e non domani. E in una forma nuova. Pur tenendo fissi dei paletti ai quali non possiamo abdicare – la dignità umana incalpestabile e la cura dei poveri – occorre trovare il coraggio intellettuale, morale e politico di rimettersi in cammino. C’è un paese da ricucire con cura e amore”. E continua indicandoci una Chiesa in uscita per annunciare Gesù in ogni angolo della città con l’attitudine di incontrare tutti senza preconcetti e chiusure. Tornando al nostro titolo “SCATTI DI BENE COMUNE” da una parte c’è la necessità di mettere a fuoco la realtà con uno “scatto” da fermoimmagine, dall’altro serve uno “scatto” un’accelerazione per compiere quei piccoli gesti quotidiani che ci fanno stare dentro questo tempo, così complesso, con uno stile unitivo, dialogante e inclusivo……..