A San Rocco il Corpus Domini: “L’Eucaristia: segno di unità e vincolo di carità”

La solennità del Corpus Domini nel cuore dell’alluvione. Si è svolta ieri, giovedì 8 giugno, la celebrazione presieduta dal vescovo Douglas Regattieri nella chiesa parrocchiale di San Rocco, a Cesena, uno dei quartieri più colpiti dall’alluvione del 16 maggio scorso. Oltre mille famiglie su duemila della comunità guidata da don Paolo Pasolini, che ha il fiume Savio come confine naturale, sono state coinvolte in vario modo nel disastro che ha riguardato gran parte della Romagna.

In tantissimi, forse un migliaio le persone presenti, hanno preso parte alla celebrazione anche grazie al grande schermo allestito sul sagrato della chiesa in via Tunisi.

“Siamo oggi particolarmente vicini a questa popolazione, a questo quartiere così pesantemente colpito – le parole di monsignor Regattieri in apertura della celebrazione – e lo facciamo nella preghiera ricordando chi è morto. E nella gratitudine per chi ha spalato e si è fatto prossimo di chi si è trovato tra acqua e fango”. Un’intenzione di preghiera è stata dedicata per papa Francesco, “il Signore gli doni la salute perché possa tornare presto alla sua missione”, e una per la pace in Ucraina e in ogni parte del mondo.

Durante la Messa hanno ricevuto il mandato dal vescovo 14 nuovi ministri dell’Eucaristia. Sono Roberto Casadei (parrocchia di Case Finali), Giuliana Lugaresi (Madonna del Fuoco), Silvia Bondanini (Osservanza), Luca Brasini (Osservanza), Antonio Giangrasso (Osservanza), Silvia Milini (Osservanza), Giuseppa Mundo (Ruffio), Alice Sanna Bucci (San Mauro in Valle), Lorenzo Lugaresi (San Pietro), Luigi Tentoni (San Pietro), Remo Domeniconi (San Pio X), Ruggero Rossi (San Pio X), Emanuela Casadei (Torre del Moro), Sandra Mazzotti (Villachiaviche).

 “Giunti a Cristo, pane di vita, acqua viva e parola che illumina, uniti a Lui nella fede noi ritroviamo tanti fratelli, noi riconosciamo tanti fratelli, noi amiamo tanti fratelli – le parole del vescovo Douglas all’omelia (in basso il testo integrale e la preghiera recitata dal Ponte vecchio) -. Quale unione con Cristo più forte e più coinvolgente e sconvolgente del mangiarlo. La nostra povera mente, la nostra limitata immaginazione non avrebbe mai raggiunto un pensiero così ardito. Sant’Agostino mette in bocca a Dio queste parole: ‘Io sono il nutrimento degli adulti. Cresci e mi mangerai, senza per questo trasformarmi in te, come il nutrimento della tua carne; ma tu ti trasformerai in me’. Uniti a Lui, o meglio in Lui che assume e trasforma noi, consolidiamo la nostra unità, la nostra carità, la nostra fraternità. San Paolo ci ha ricordato: ‘Noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane’. La sorgente e la fonte della nostra unità è questa, l’Eucaristia: segno di unità e vincolo di carità”. 

Dalla chiesa di San Rocco è partita la processione guidata dal vescovo con Gesù Eucaristia. Via Farini, via Malta, via Ex Tiro a segno fino al Ponte Vecchio il percorso. E in cima al ponte simbolo della città, tra canti e il ‘canto’ del fiume Savio – e all’orizzonte i bagliori del temporale – il vescovo Douglas e il vicesindaco Christian Castorri hanno gettato nelle acque del Savio una corona di fiori per onorare i defunti dell’alluvione. La benedizione alla città, dai quattro punti cardinali, ha concluso la celebrazione.

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Di seguito, il video del lancio della corone nel Savio e la fotogallery di Pier Giorgio Marini

httpss://www.flickr.com/photos/corrierecesenate/albums/72177720308921511

Di seguito pubblichiamo il testo integrale dell’omelia pronunciata dal vescovo Douglas e la preghiera recitata dal Ponte vecchio. 

  1. 1.    Dio ha cura di te

Giunto e stabilitosi nella terra donata dal Signore, Mosè invita il popolo a guardare indietro e a considerare tutta la strada percorsa durante il cammino nel deserto: “Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto” (Dt 8, 2). Perché giunti alla prosperità, alla stabilità, alla sicurezza gli uomini rischiano di dimenticarsi di Dio: ammonisce infatti così il salmo: “confidano nella loro forza, / si vantano della loro grande ricchezza” (Sal 49, 7). Ricevuto il beneficio, presto ci si dimentica del benefattore! “Io vi ho condotti per quarant’anni nel deserto; i vostri mantelli non si sono logorati addosso a voi e i vostri sandali non si sono logorati ai vostri piedi” (Dt 29, 4). Il bene ricevuto è stato tanto e grande; ora non lo consideri più?: Quando il Signore, tuo Dio, ti avrà fatto entrare nella terra che ai tuoi padri Abramo, Isacco e Giacobbe aveva giurato di darti, con città grandi e belle che tu non hai edificato, case piene di ogni bene che tu non hai riempito, cisterne scavate ma non da te, vigne e oliveti che tu non hai piantato, quando avrai mangiato e ti sarai saziato, guàrdati dal dimenticare il Signore, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile” (Dt 6, 10-12).

Ha dato il pane, la manna sconosciuta ai padri (Cfr Dt 8, 3), ha dato l’acqua “dalla roccia durissima” (Dt 8, 15), ha dato la legge, la parola, che illumina e guida (Cfr Sal 119, 105. 35). E’ stato come il pastore “bello” (Gv 10, 11) attento e premuroso che conduce ad acque tranquille e a pascoli erbosi  il suo gregge (Cfr Sal 23). Ci si può dimenticare di tanto dono?

 

  1. 2.   I segni rimandano a Cristo

Ciò che Dio ha dato con tanta liberalità al suo popolo, trova la sua pienezza in Cristo.

E’ Lui, Cristo, il pane di vita. Gesù ha detto categoricamente: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno” (Gv 6, 51.58).

E’ Lui, Cristo, l’acqua viva. Alla samaritana aveva promesso: “Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4, 13-14). Tutti noi siamo come la samaritana: assetata di acqua, ma di acqua vera, di acqua viva. Don Primo Mazzolari, concludeva una sua predica sulla samaritana con queste parole: “Non c’è sofferenza più grande (e quindi non potrebbe essere nel nostro animo pietà più grande) di queste povere creature che vengono avanti con l’anima assetata e bruciata”.

E’ Lui, Cristo, la parola che guida e illumina. Non abbiamo bisogno solo di pane e di acqua, ma anche di una ragione di vita, di un senso da dare al nostro cammino, di un orizzonte da raggiungere. La Parola, il Verbo, Gesù Cristo è tutto questo.

 

  1. 3.   In Lui, fratelli

Giunti a Cristo, pane di vita, acqua viva e parola che illumina, uniti a Lui nella fede noi ritroviamo tanti fratelli, noi riconosciamo tanti fratelli, noi amiamo tanti fratelli. Quale unione con Cristo più forte e più coinvolgente e sconvolgente del mangiarlo! La nostra povera mente, la nostra limitata immaginazione non avrebbe mai raggiunto un pensiero così ardito. Sant’Agostino mette in bocca a Dio queste parole: “Io sono il nutrimento degli adulti. Cresci e mi mangerai, senza per questo trasformarmi in te, come il nutrimento della tua carne; ma tu ti trasformerai in me” (Agostino, Le Confessioni, VII, 10, 16). Uniti a Lui, o meglio in Lui che assume e trasforma noi, consolidiamo la nostra unità, la nostra carità, la nostra fraternità. San Paolo ci ha ricordato: “Noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane” (1Cor 10, 17).La sorgente e la fonte della nostra unità è questa, l’Eucaristia: segno di unità e vincolo di carità. “Noi siamo un solo corpo”!

 

 

 

Preghiera davanti al Santissimo Sacramento

 

Questa sera, o Signore,

è risuonata forte,

quasi come un rimprovero

o forse solo come un avvertimento

come fa un padre con il figlio,

la tua parola:

 

“Ti ho umiliato.

Che cosa sei, infatti? Che cosa credi di essere,

con tutto il tuo orgoglio,

con il senso di onnipotenza che ti ha preso,

con la forza mediatica, tecnica, e digitale

che credevi di possedere?

E ti ritrovi, alla fine,

un cumulo di macerie da buttare,

una fatica quotidiana costata sudore e notti insonni

ridotta al nulla

e davanti alla devastazione della tua casa

che hai custodito,

al tuo campo che hai arato e seminato

con cura e solerzia,

         Il vuoto, il buio, l’incertezza del futuro”.

 

Tu, o Signore, ci hai umiliati

non per deprimerci,

non per condannarci,

non per castigarci.

Ma per ricordarci che “Non di solo pane”,

non di sola tecnica,

non di soli soldi,

non di sola carriera,

non di sola casa,

non di solo lavoro

si vive

ma della tua parola e del tuo amore.

Signore, abbiamo bisogno della tua parola.

Mai come in questo momento

aneliamo a toccare e sperimentare il tuo amore.

 

Altrettanto forte abbiano percepito, stasera, un’altra tua parola:

 

“Ti ho messo alla prova

per sapere quello che avevi nel cuore”.

         

E abbiamo colto l’ammonimento:

 

“Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore,

ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni;

non dimenticare il Signore, tuo Dio.

Vuoi buttare via tutto l’amore che ti ho voluto?

Vuoi dimenticare il bene che ti ho donato?

 

Si, o Signore, è proprio vero:

nella prosperità rischiamo di dimenticarci di te;

ci hai invitato

a non temere se uno arricchisce,

se aumenta la gloria della sua casa;

egli nella prosperità, infatti,

rischia di perdere la testa,

è simile alle bestie.

 

Ma è pur vero che anche nella tribolazione

possiamo volgere il nostro cuore

ad altri padroni,

ad altri soccorritori,

ad altri salvatori,

ad altre sicurezze

che ai tuoi occhi risultano fragili e inconsistenti.

 

Vorremmo, Signore, stasera,

fare nostre le parole del tuo grande servo Agostino

che immagina una tua parola di conforto rivolta al suo servo tribolato, così:

 

“Invocami nel giorno della tua tribolazione,

e io ti libererò e tu mi glorificherai. 

Perché non devi fidarti delle tue forze;

i tuoi aiuti sono ingannevoli. 

Invocami nel giorno della tribolazione: ti libererò, e tu mi glorificherai. 

Per questo ho permesso che venisse per te

il giorno della tribolazione;

perché, forse, se tu non l’avessi conosciuta,

non mi invocheresti;

ma siccome soffri mi invochi;

siccome mi invochi io ti salverò;

siccome ti salverò, tu mi glorificherai

e non ti allontanerai più da me”.

 

E conclude il santo e noi con lui:

 

“Loda dunque Colui che promette,

loda Colui che ti chiama,

loda Colui che esorta,

loda Colui che aiuta;

e renditi conto della tribolazione

nella quale sei posto.

Invocalo, sarai liberato,

lo glorificherai, resterai in lui”.

 

Loda, Sion, il tuo Dio!

Loda, Cesena, il tuo Signore!

Perché Egli è con te:

nella prova ti solleva,

nella tribolazione ti rialza,

nella paura ti dà sicurezza,

nell’incertezza rende sicuri i tuoi passi!

 

Amen.