Diocesi
Il vescovo Douglas: “Il 27 ottobre Messa per la pace in Cattedrale con tutti i sacerdoti e i fedeli della diocesi”
Una Messa con tutti i sacerdoti e i fedeli della diocesi per pregare per la pace in Medio Oriente e nel mondo. L’ha annunciata il vescovo Douglas Regattieri al termine della Messa celebrata questa mattina con tutto il clero diocesano, nella parrocchia di San Cristoforo a Longiano, in suffragio di don Giorgi Bissoni. Fra i concelebranti anche don Crescenzio Moretti, alla soglia dei 97 anni, per tanti anni in missione con don Giorgio.
«Accogliendo l’invito di papa Francesco che ha indetto per il 27 ottobre una Giornata di digiuno, preghiera e penitenza per implorare la pace nel mondo – ha detto il presule – presiederò una Messa in cattedrale venerdì 27 ottobre alle 18, a cui invito tutti i sacerdoti della diocesi e i loro parrocchiani. Le Messe pomeridiane di quel giorno, nelle varie parrocchie, sono sospese».
Durante l’omelia, monsignor Regattieri ha ricordato la figura di don Giorgio Bissoni, fidei donum longianese morto nelle scorse settimane in Venezuela, leggendo una testimonianza della riminese suor Antonina Tositori, collaboratrice per sei anni nella missione della Guaira.
«La sua opzione missionaria – scrive la religiosa – era espressa nell’essere “come” il povero, “con” i poveri, “per” i poveri». E poi ancora: «Era un uomo evangelicamente libero, per nulla interessato od occupato con se stesso».
Nel testo letto si ricorda che don Giorgio «era un mite, costruttore appassionato della pace, della giustizia e maestro di perdono; paziente più di Giobbe, ascoltatore e annunciatore infaticabile di Cristo e del suo Regno, ricercatore delle pecorelle smarrite e rifugio per gli scarti e gli emarginati presenti tra la sua gente. Sempre aperto e disposto ad accogliere il “nuovo” che spesso precorreva, a volte spigoloso e ostinato nel battere vie che intuiva essere più adatte al passo del popolo. Mai ha rallentato il suo passo di fronte alle critiche e mai ha giudicato chi ne era responsabile».
Il missionario «curava con la massima attenzione la Liturgia rendendola accessibile e comprensibile ai semplici. Dolce con i bambini che lo chiamavano Babbo Natale mentre gli adulti lo distinguevano come il missionario con la barba bianca e con al collo un grande Rosario o un grande crocifisso».
Proverbiali le sue «lunghe e faticose processioni perché – diceva – quello era l’unico modo per accostare il popolo a Dio e rendere Dio e la Madonna compagni del suo popolo pellegrino. Ascoltava paziente e annunciava, con ardore profetico, il Vangelo ma difficilmente dava consigli perché il consiglio era, nei suoi gesti e nelle sue scelte».
«Non mi meraviglierei – ha concluso il vescovo, al termine della lettura del testo di suor Antonina Tositori – se, passati cinque anni dalla sua morte, da Carupano e dal Venezuela venisse la richiesta di introdurre la causa di beatificazione di don Girogio».