La Giornata del malato, le testimonianze di due medici

È in corso in questo momento la Messa nella chiesa di San Domenico, a Cesena, presieduta dal vescovo Douglas, in occasione della Giornata mondiale degli ammalati.

La celebrazione è stata preceduta da due testimonianze. La prima di Alessandro Circelli, medico del reparto di terapia intensiva dell’ospedale “Bufalini” di Cesena.

“Da noi – ha esordito il medico – arrivano gli ammalati più gravi di Covid. Il messaggio di papa Francesco per questa Giornata mi ha aiutato molto. Mi sento impotente di fronte a questa malattia. Riesco a farci poco, sia che vada bene sia che vada male. Ci sono pochi rapporti con gli ammalati, perchè da noi o dormono o sono poco coscienti. Abbiamo tanti rapporti con i familiari e con loro si inizia una relazione. O divento cinico, quando non si può fare nulla, oppure spalanco la ragione di fronte a un bisogno di senso”.

“Diventa allora importante – ha proseguito il dottor Circelli – fare compagnia all’altro, anche quando si devono dare cattive notizie. Come Giobbe andò in uno stato di abbandono, così capita anche a me: mi devo abbandonare, perchè da solo non ce la faccio. Diventa decisivo l’aspetto relazionale, sempre frutto di un incontro, nonostante la scienza e i macchinari di cui disponiamo. In questo modo sono nati tanti rapporti, nonostante le morti e le sconfitte, ma questo, appunto, è il vero miracolo”.

Poi il ricordo di un episodio. “Un paziente di poco più di 40 anni era ricoverato da noi da tanto tempo – ha detto ancora Circelli -. Per lui ho pregato tanto in compagnia della moglie. Il giorno di Santo Stefano è morto. Ma il miracolo tanto invocato per la sua guarigione è stato il rapporto nato con i suoi familiari”.

Ha fatto eco al dottor Circelli, la collega Lucia Pierpaoli che lavora nel reparto di Medicina di urgenza all’ospedale di Ravenna. “Assecondare le varie esigenze – ha detto la dottoressa – mi ha fatto comprendere che la realtà è sempre in cambiamento. Ci siamo dovuti arrendere al fatto di dover chiedere sempre ai colleghi, in modo che tutti potessero dare il proprio contributo. Le uniformi che indossiamo ci impediscono, a volte, di ragionare bene, ma davanti ai volti degli ammalati e dei loro familiari le difficoltà si sono sempre dileguate. Quanti, tra questi volti, sono stampati nella mia memoria e in quella del Padre”.

E poi ancora la testimonianza della Pierpaoli: “Che incontri in quegli sguardi anche senza dirsi nulla. Stiamo vivendo una realtà che non ha bisogno di parole. È forte, d”altro canto, il bisogno di sentirsi amati”.

Infine l’ammissione: “La nostra impotenza davanti alla malattia è il pertugio per l’ingresso di Dio. In ogni caso non sono sola. Tanti amici mi aiutano a camminare, anche nella solitudine degli ammalati con i quali mi devo sempre confrontare”.

Alle 17 di oggi, nella cappella dell’ospedale, il vescovo Douglas presiederà un’altra Messa sempre per la Giornata mondiale dei malati.