Dal Mondo
Voto di coscienza: Zoffoli sul caso Verona
Doveva essere una normale mozione in consiglio comunale. Invece è diventato un caso politico nazionale. Stiamo parlando dell’approvazione del testo che impegna l’amministrazione del comune di Verona a sostenere la maternità, specie se in difficoltà, per fare della città scaligera la “città della vita”.
Sono stati 21 i voti favorevoli alla mozione, ribattezzata dalla narrazione laicista come “anti-aborto”, ma che in realtà applica appieno la legge 194 nell’intenzione di aiutare le madri in difficoltà. Tra i favorevoli anche la capogruppo del Pd veronese Carla Padovani. Una scelta che ha sollevato una potenza di fuoco mediatica e che ha visto riversare sulla consigliera le peggiori critiche interne, fino al segretario Martina, formalizzando addirittura la richiesta di dimissioni da parte dei colleghi consiglieri.
La colpa? Essere cattolica ed aver votato secondo coscienza. La questione ha riaperto un dibattito mai sopito all’intero del Partito Democratico, che interroga in particolare l’anima cattolica dei democratici e che svela la difficoltà nel trovare spazi di manovra e di libertà nel panorama politico odierno.
Sul tema abbiamo interpellato l’eurodeputato cattolico Damiano Zoffoli, ex sindaco di Cesenatico, eletto con il Pd nel Parlamento Europeo. Egli stesso nel 2015 si era trovato al centro di numerosi malumori, per la decisione di votare in dissonanza con la linea del suo gruppo, sul documento che voleva equiparare le unioni omosessuali al matrimonio.
Cosa ne pensa della votazione a Verona sulla mozione a favore della vita?
Lo spirito della legge 194 è proprio quello: la tutela della vita. Si tratta di un tema che spesso viene affrontato in maniera ideologica e che dovrebbe unire, non dividere. Che sia la vita nascente o quella bisognosa di aiuto in mare, quando si ha che fare con la vita bisogna sempre tutelarla, perché ricordiamo esiste un diritto alla vita, non un diritto alla morte.
Nel Pd c’è un problema di sopravvivenza dei cattolici?
Oggi il problema è trasversale, non penso riguardi solo il Pd. Non si può fare un comizio col rosario in mano e poi pensare di chiudere le frontiere. Penso che papa Francesco su questo ci stia aiutando molto. Davanti alle persone che vivono drammi umani, bisogna saper prestare la doverosa attenzione.
Ma nel Partito Democratico la cesura sembra più netta.
Ribadisco che non è solo un problema del mio partito. Oggi non siamo più ai tempi della Democrazia cristiana, viviamo in una società secolarizzata dove sappiamo che i valori cattolici non sono certamente la maggioranza. Tuttavia questa consapevolezza non deve metterci nelle condizioni di diventare marginali.
Se la sente di esprimere vicinanza politica alla collega, per cui è stata chiesta anche l’espulsione?
Certamente sì. L’espulsione è una cosa improponibile. La coscienza su certi temi è sacra, lo è sempre stato e lo statuto del Partito Democratico lo prevede. Io stesso nella mia attività politica ho espresso alcuni voti contrari alla linea del mio partito e sono ancora qui. Altrimenti anche io sarei già stato espulso.
Anche l’Europa gioca un ruolo fondamentale sugli indirizzi politici da prendere. Cosa si sente di dire a proposito?
Oggi l’Europa è sulla bocca di tutti ed è entrata nella quotidianità delle persone. Dobbiamo tornare a guardare all’Europa con gli stessi occhi di chi l’ha pensata, non come lo scaricabarile per i problemi interni, ma come la casa comune, perché esiste anche l’Europa delle opportunità. Vero è che non può e non deve essere serva della finanza, dei burocrati, organizzata solo come un’unione commerciale: per avere futuro la persona e i cittadini devono tornare al centro delle politiche comunitarie.