Dal Mondo
Lotta alle povertà: le Caritas promuovono l’economia sociale in 8 Paesi dei Balcani. Al via 80 start up
A Subotica, una cittadina molto povera nel nord della Serbia, gli abitanti non hanno abbastanza soldi per acquistare un’automobile. Tutti si muovono su due ruote. C’è un’unica pista ciclabile che utilizzano tutti, perciò tra i bisogni primari c’era quello di una officina che riparasse le biciclette. Ora questo negozio esiste e ci lavora un ex campione di mountain bike, diventato disoccupato nonostante le vittorie.
Le entrate di questa piccola attività sono destinate anche alla piccola Caritas locale, che così potrà aiutare le persone più in difficoltà ad acquistare cibo, medicine, eccetera. È una delle 80 imprese sociali realizzate nei quattro anni in cui si sono svolte le prime due fasi del progetto “E.L.Ba. – Emergenza Lavoro nei Balcani”, una risposta alla crisi economica che ha colpito i Paesi del Sud Est Europa, provocando gravi problemi economici e sociali, soprattutto tra le fasce più vulnerabili.
Sono coinvolti 8 Paesi – Albania, Bosnia Erzegovina, Grecia, Kosovo, Macedonia, Montenegro, Serbia, Bulgaria -, le Caritas di Francia, Spagna, Austria e Stati Uniti. Promotrice dell’iniziativa è Caritas italiana, che ha finanziato inizialmente il progetto con 480mila euro dai fondi dell’otto per mille Cei.
In questi giorni sono riuniti a Roma per un bilancio dei risultati tutti i partner del progetto, che ha coinvolto anche le istituzioni europee, allo scopo di creare innovazione e promuovere l’economia sociale. A breve prenderà il via la terza fase. Il quadro di riferimento, come ha spiegato Laura Stopponi, dell’ufficio Europa di Caritas italiana, è la Strategia Europa 2020, “che mira a ridurre del 25% i poveri nel continente e incoraggia a proporre iniziative innovative. Anche perché la crisi ha aggravato le disuguaglianze e c’è un problema serio di coesione sociale”.
Nel blog “Learning from Elba” sono raccolte le testimonianze di chi ha partecipato al progetto nei vari Paesi. Caritas Europa ha anche diffuso un manuale “Putting people before profits” che spiega l’importanza dell’economia sociale, proprio perché “le persone vengono prima dei profitti”.httpss://youtu.be/atiU6J-boO8
80 imprese sociali, 25 persone formate.
Tra le tante imprese sociali nate grazie all’impulso del progetto El.Ba c’è anche un centro per persone con disabilità a Mostar, in Bosnia. Non avevano nemmeno i soldi per comprare il cibo per le persone che accudivano. Sono riusciti ad acquistare un terreno dove oggi lavorano i ragazzi con disabilità. Nella serra viene prodotta frutta e verdura che oltre ad alimentare il centro viene destinato alle mense della Caritas locale. Un buon esempio di economia circolare. In Grecia 90 persone senza fissa dimora prima dormivano in strada, ora vivono in appartamenti.
“Il progetto El.Ba. è un’esperienza straordinaria che rappresenta la Chiesa in uscita”. Lo spiega al Sir Tiziana Ciampolini, di Caritas Torino, che ha seguito tutto il processo per conto di Caritas italiana: “Abbiamo fatto rete tra Italia e Paesi balcanici ed Europa e Paesi balcanici. E’ stata costruita una cultura regionale dell’economia ed abbiamo formato 25 coordinatori, due per Paese.
Durante il primo anno abbiamo fatto lo start up di 25 imprese sociali che lavorano a fianco delle Caritas, che in quelle aree sono piccole perché Chiese minoritarie. Dopo i primi due anni abbiamo coinvolto anche Caritas Austria, Caritas Francia, Caritas Spagna e Caritas Usa (Catholic relief service) aumentando il fondo. In quattro anni sono state consolidate 80 imprese sociali, implementando con fondi europei e una operazione di partnership pubblico-privato e tra i diversi Paesi”.
I campi di azione delle imprese sociali rientrano nei temi oggetto dell’enciclica “Laudato si'”: ambiente, sostenibilità, agricoltura sociale, manifattura, tessile, servizi alla persona.
La scommessa della sostenibilità.
“Ora c’è la grande scommessa della sostenibilità futura di queste imprese – precisa Ciampolini – che si gioca nella possibilità del mercato balcanico di dialogare con l’Europa. Sono Paesi con una grandissima crisi economica, speriamo di riuscire a creare la possibilità di un import/export di questi piccoli prodotti all’interno delle reti solidali, compresa la Caritas”. Ovviamente la situazione tra Paesi non è omogenea: in alcuni l’economia sociale è favorita dalle normative, come in Grecia, Bosnia Erzegovina e Serbia, che sta per varare una legge sulle imprese sociali. Dove non ci sono questo tipo di infrastrutture è più difficile, ad esempio in Macedonia, Bulgaria, Kosovo. Ora che sta per iniziare la terza fase del progetto, con gli stessi partners, bisogna lavorare “sulla profondità e stabilità dell’impatto – conclude -. Anche se si tratta di piccole realtà è stata creata una cultura nuova. Prima erano Paesi completamente sussidiati dai Paesi donatori, abituati alla carità e alla donazione. Ora le persone coinvolte sono in grado di prendere le redini della propria vita per uscire dalla povertà”.
“E’ stata un’azione culturale e pedagogica con risultati concreti”.