Papa Francesco ai vescovi del Myanmar: Attenzione a “un mondo minacciato dalle colonizzazioni ideologiche e culturali”

Oggi pomeriggio, mattina ora italiana, papa Francesco ha incontrato i vescovi del Myanmar nell’arcivescovado di Yangon. Al suo arrivo è stato accolto dal presidente della Conferenza episcopale, monsignor Felix Lian Khen Thang, vescovo di Kalay, che lo ha accompagnato nel salone dove erano riuniti i 22 vescovi del Myanmar. Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha pronunciato nel corso dell’incontro con i vescovi.

Eminenza, cari fratelli vescovi, per tutti noi è stata una giornata piena, ma di grande gioia! Stamani abbiamo celebrato l’Eucaristia insieme ai fedeli provenienti da ogni parte del Paese e nel pomeriggio abbiamo incontrato i leader della maggioritaria comunità buddista. Mi piacerebbe che il nostro incontro stasera fosse un momento di serena gratitudine per queste benedizioni e di tranquilla riflessione sulle gioie e sulle sfide del vostro ministero di Pastori del gregge di Cristo in questo Paese.

Ringrazio Mons. Felix [Lian Khen Thang] per le parole di saluto che mi ha rivolto a nome vostro; tutti vi abbraccio con grande affetto nel Signore.

Vorrei raggruppare i miei pensieri attorno a tre parole: guarigione, accompagnamento e profezia.

La prima, guarigione. Il Vangelo che predichiamo è soprattutto un messaggio di guarigione, riconciliazione e pace. Mediante il sangue di Cristo sulla croce Dio ha riconciliato il mondo a sé, e ci ha inviati ad essere messaggeri di quella grazia risanante, grazia di guarigione. Qui in Myanmar, tale messaggio ha una risonanza particolare, dato che il Paese è impegnato a superare divisioni profondamente radicate e costruire l’unità nazionale. Le vostre greggi portano i segni di questo conflitto e hanno generato valorosi testimoni della fede e delle antiche tradizioni; per voi dunque la predicazione del Vangelo non dev’essere soltanto una fonte di consolazione e di fortezza, ma anche una chiamata a favorire l’unità, la carità e il risanamento nella vita del popolo. L’unità che condividiamo e celebriamo nasce dalla diversità – non dimenticare questo, nasce dalla diversità -; valorizza le differenze tra le persone quale fonte di mutuo arricchimento e di crescita; le invita a ritrovarsi insieme, in una cultura dell’incontro e della solidarietà.

Che nel vostro ministero episcopale possiate fare costantemente esperienza della guida e dell’aiuto del Signore nell’impegno a favorire la guarigione e la comunione ad ogni livello della vita della Chiesa, così che il santo Popolo di Dio, il vostro gregge, mediante il suo esempio di perdono e di amore riconciliante, possa essere sale e luce per i cuori che aspirano a quella pace che il mondo non può dare. La comunità cattolica in Myanmar può essere orgogliosa della sua profetica testimonianza di amore a Dio e al prossimo, che si esprime nell’impegno per i poveri, per coloro che sono privi di diritti e soprattutto, in questi tempi, per i tanti sfollati che, per così dire, giacciono feriti ai bordi della strada. Vi chiedo di trasmettere il mio ringraziamento a tutti coloro che, come il Buon Samaritano, si adoperano con generosità per portare a loro e al prossimo che è nel bisogno, senza tener conto della religione o dell’etnia, il balsamo della guarigione. Il vostro ministero di guarigione trova una particolare espressione nell’impegno per il dialogo ecumenico e per la collaborazione interreligiosa. Prego affinché i vostri continui sforzi a costruire ponti di dialogo e ad unirvi ai seguaci di altre religioni nel tessere relazioni di pace producano frutti abbondanti per la riconciliazione nella vita del Paese. La conferenza di pace interreligiosa tenutasi a Yangon la scorsa primavera è stata una testimonianza importante, davanti al mondo, della determinazione delle religioni a vivere in pace e a rigettare ogni atto di violenza e di odio perpetrato in nome della religione.

E in questa guarigione ricordatevi che la Chiesa è un “ospedale da campo”. Guarire, guarire ferite, guarire le anime, guarire. Questa è la prima vostra missione, guarire, guarire i feriti.

La mia seconda parola per voi stasera è accompagnamento. Un buon Pastore è costantemente presente nei riguardi del suo gregge, conducendolo mentre cammina al suo fianco. Come mi piace dire, il Pastore dovrebbe avere l’odore delle pecore; ma anche l’odore di Dio, non dimenticatevi!, anche l’odore di Dio. Ai nostri giorni siamo chiamati a essere una “Chiesa in uscita” per portare la luce di Cristo ad ogni periferia (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 20). In quanto Vescovi, le vostre vite e il vostro ministero sono chiamati a conformarsi a questo spirito di coinvolgimento missionario, soprattutto attraverso le visite pastorali regolari alle parrocchie e alle comunità che formano le vostre Chiese locali. È questo un mezzo privilegiato per accompagnare, come padri amorevoli, i vostri sacerdoti nell’impegno quotidiano a far crescere il gregge in santità, fedeltà e spirito di servizio. Ho parlato di accompagnare i sacerdoti: siate vicini ai sacerdoti, non dimenticate che il prossimo più prossimo che un vescovo ha è il sacerdote. Che ogni sacerdote non solo sappia, ma senta che ha un padre nel vescovo. Per grazia di Dio, la Chiesa in Myanmar ha ereditato una fede solida e un fervente anelito missionario dall’opera di coloro che portarono il Vangelo in questa terra. Su queste fondamenta stabili, e in comunione con i presbiteri e i religiosi, continuate a permeare il laicato nello spirito di un autentico discepolato missionario e a ricercare una sapiente inculturazione del messaggio evangelico nella vita quotidiana e nelle tradizioni delle vostre comunità locali. Il contributo dei

catechisti è al riguardo essenziale; il loro arricchimento formativo deve rimanere per voi una priorità. E non dimenticate che i catechisti sono i pilastri, in ogni parrocchia, dell’evangelizzazione.

Soprattutto, vorrei chiedervi un impegno speciale nell’accompagnare i giovani. Occupatevi della loro formazione ai sani principi morali che li guideranno nell’affrontare le sfide di un mondo minacciato dalle colonizzazioni ideologiche e culturali. Il prossimo Sinodo dei Vescovi non solo riguarderà tali aspetti, ma interpellerà direttamente i giovani, ascoltando le loro storie e coinvolgendoli nel comune discernimento su come meglio proclamare il Vangelo negli anni a venire. Una delle grandi benedizioni della Chiesa in Myanmar è la sua gioventù e, in particolare, il numero di seminaristi e di giovani religiosi. Ringraziamo Dio per questo. Nello spirito del Sinodo, per favore, coinvolgeteli e sosteneteli nel loro percorso di fede, perché sono chiamati, attraverso il loro idealismo ed entusiasmo, a essere evangelizzatori gioiosi e convincenti dei loro coetanei.

La mia terza parola per voi è profezia. La Chiesa in Myanmar testimonia quotidianamente il Vangelo mediante le sue opere educative e caritative, la sua difesa dei diritti umani, il suo sostegno ai principi democratici. Possiate mettere la comunità cattolica nelle condizioni di continuare ad avere un ruolo costruttivo nella vita della società, facendo sentire la vostra voce nelle questioni di interesse nazionale, particolarmente insistendo sul rispetto della dignità e dei diritti di tutti, in modo speciale dei più poveri e vulnerabili. Sono fiducioso che la strategia pastorale quinquennale, che la Chiesa ha sviluppato nel più ampio contesto della costruzione dello Stato, porterà frutto abbondante non solo per il futuro delle comunità locali, ma anche dell’intero Paese. Mi riferisco specialmente alla necessità di proteggere l’ambiente e di assicurare un corretto utilizzo delle ricche risorse naturali del Paese a beneficio delle generazioni future. La custodia del dono divino della creazione non può essere separata da una sana ecologia umana e sociale. Infatti, «la cura autentica delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri» (Enc. Laudato si’, 70).

Cari fratelli Vescovi, ringrazio Dio per questo momento di comunione e prego che questo nostro stare insieme ci rafforzerà nell’impegno ad essere pastori fedeli e servitori del gregge che Cristo ci ha affidato. So che il vostro ministero è impegnativo e che, insieme ai vostri sacerdoti, spesso faticate sotto «il peso della giornata e il caldo» (Mt 20,12). Vi esorto a mantenere l’equilibrio nella salute fisica come in quella spirituale, e a darvi pensiero, in modo paterno, della salute dei vostri preti.

E parlando di salute spirituale, ricordate il primo compito del vescovo. Quando i primi cristiani hanno ricevuto le lamentele degli ellenisti perché non erano curati bene le loro vedove e i loro figli, si sono riuniti gli apostoli e hanno “inventato” i diaconi. E Pietro annuncia questa notizia e annuncia anche il compito del vescovo dicendo così: “A noi spettano la preghiera e l’annuncio della Parola” (cfr At 6,1-6). La preghiera è il primo compito del vescovo. Ognuno di noi vescovo dovrà domandarsi, alla sera, nell’esame di coscienza: “Quante ore ho pregato oggi?”.

Cari fratelli, vi esorto a mantenere l’equilibrio nella salute fisica e spirituale. Soprattutto, vi incoraggio a crescere ogni giorno nella preghiera e nell’esperienza dell’amore riconciliante di Dio, perché è la base della vostra identità sacerdotale, la garanzia della solidità della vostra predicazione e la fonte della carità pastorale con la quale conducete il popolo di Dio sui sentieri della santità e della verità. Con grande affetto invoco la grazia del Signore su di voi, sui sacerdoti, i religiosi e su tutti i laici delle vostre Chiese locali. Vi chiedo, per favore, di non dimenticarvi di pregare per me.

E adesso vi invito a pregare tutti insieme, voi in birmano, io in spagnolo, l’Ave Maria alla

Madonna.

[Ave Maria]

Vi benedica Dio Onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo.