I vescovi al presidente Macron: “La grandezza di una società si misura dalla cura per i più deboli”

Vestiti in jeans e camicia. Sfilano con la loro emozione, la difficoltà a parlare, le lacrime. A due a due. Sono storie di emarginazione e sofferenza ma anche di amicizia e condivisione. Loro preferiscono parlare di “legami di fraternità”. Ad ascoltarli in prima fila ci sono il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, e la moglie Brigitte. Inizia così l’incontro, avvenuto ieri, del presidente con la Chiesa cattolica. È la prima volta che accade nella storia di questa nazione che ha fatto della laicité la sua bandiera. Macron arriva al Collège des Bernardins al termine di una settimana di fuoco, messo a dura prova forse per la prima volta in maniera così violenta ad un anno dalla sua elezione, da un movimento vasto di contestazione sociale, che sta scuotendo il Paese con scioperi e proteste. Dal comparto dei trasporti all’università. La Francia fa i conti con riforme che scatenano rabbia e preoccupazione soprattutto nelle fasce più deboli della società.

Disagi, povertà, esclusioni che tra le navate del Collegè assumono i volti di sei testimoni. C’è la storia dei due fratelli Samuel e Florent, dell’Office chrétien des personnes handicapées (Och), che raccontano come la “violenza” dell’handicap prende la forma della “solitudine, dell’esclusione, degli sguardi di rifiuto e diffidenza” e chiedono “di dare all’handicap il giusto posto”. È una ricchezza – dicono – e “sarebbe un torto privarne la società”. C’è la storia di un’amicizia, quella tra Vanina e Charles, lei caduta in povertà, lui giovane volontario (32 anni) della San Vincenzo. Si sono conosciuti ai bordi di una strada e da allora non si sono mai più lasciati. Prende poi la parola Martine, caduta in disgrazia e solitudine, dopo aver perso il lavoro. Racconta di quanto sia difficile la vita ai margini e di quanto sia stato importante l’incontro con i volontari dell’Association pour l’Amitié, che le hanno aperto la porta dell’amicizia e della dignità.

“Abbiamo voluto che fossero tra noi presenti anche i nostri amici segnati da storie difficili e dolorose”, dice il presidente dei vescovi francesi, monsignor Georges Pontier, rivolgendosi al presidente Macron. “Sono storie segnate dalla vulnerabilità e dalla debolezza. Per alcuni la loro vita è inutile. A noi sembra invece che guardare in faccia la fragilità dell’essere umano, è riconoscere che la grandezza di una società si misura dalla sua capacità di prendersi cura delle sue parti più deboli”.

Ruota attorno a questo concetto fondamentale l’intero impianto del discorso di Pontier nel corso del quale vengono affrontate moltissime questioni: la bioetica con gli Stati generali (in corso), la famiglia, l’eutanasia, le migrazioni ma anche il “flagello dell’antisemitismo” ricordando la morte di Mireille Knoll e l’islamofobia.

“Il nostro scopo non è quello di soddisfare interessi particolari. La nostra preoccupazione è per i più svantaggiati, per coloro che non hanno prospettive per il futuro”. Il presidente dei vescovi dà voce al “grido di chi non ha lavoro e un alloggio degno”. Alle “lacrime di giovani senza progetto e senza futuro, tentati alcuni da scelte di violenze, altri da traffici illusori e senza avvenire o, ancora, dal commercio e dal consumo di droghe che finiscono per distruggerli”. E conclude proponendo di ripartire dalla parola “uguaglianza” della bandiera repubblicana. “Perché le disuguaglianze in educazione, istruzione, stipendio, accesso al lavoro, ai servizi pubblici aumentano anziché diminuire”.

“Ed è a partire dai bisogni dei più poveri che si può costruire una nazione fraterna, giusta e solidale e riconquistare la fiducia della gente”.

Macron ascolta. Ha tra le mani i fogli di un discorso che è durato oltre i 45 minuti. Ringrazia i vescovi per l’invito ed esordisce con un omaggio al colonnello Arnaud Beltrame, morto nell’attacco terroristico di Trebes dando la propria vita per salvare quella di una donna. Un esempio – dice – che indica fino a dove può arrivare un uomo spinto dalla “fede cattolica”. C’è spazio anche per un ricordo di padre Jacques Hamel, il sacerdote ucciso in una Chiesa di campagna a Rouen, mentre celebrava messa. E per un riferimento alle azioni promosse da associazioni come l’Oeuvre d’Orient (per i cristiani perseguitati del Medio Oriente), Caritas e Sant’Egidio, che ha aperto anche in Francia insieme alla Conferenza episcopale e alla Federazione delle Chiese evangeliche, i corridoi umanitari.

“Sì – dice Macron – la Francia si è fortificata grazie all’impegno dei cattolici”. È questo il messaggio che il presidente è venuto a portare ai vescovi francesi. Lo ripete spesso. Sembra essere venuto quasi apposta:

“Vi domando in maniera solenne di non sentirvi a margine della Repubblica ma di continuare ad avere il gusto del ruolo che avete sempre giocato”.

E se l’Europa ha preferito cancellare dalla sua Costituzione ogni riferimento alle radici cristiane, “sono convinto – dice Macron – che il seme cattolico può e deve contribuire ancora e sempre a far vivere la nostra Nazione. Sono qui per questo, sono qui per dirvi che la Repubblica attende da voi, cattolici, tre doni: il dono della vostra saggezza, del vostro impegno e della vostra libertà”.