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Yemen, la funzionaria Unicef da Sana’a: “Fermare questa guerra atroce contro i bambini e i civili”
Il bombardamento contro il governatorato di Sa’ada, roccaforte dei ribelli sciiti houthi nel Nord dello Yemen, che il 9 agosto ha colpito un minibus pieno di bambini, uccidendone 21 e ferendone altri 35 (fonti Unicef), è stato “il peggiore attacco sui bambini mai visto finora dall’inizio del conflitto”: così lo racconta dalla sede dell’Unicef nella capitale Sana’a Meritxell Relaño, rappresentante dell’Unicef in Yemen, in prima linea nell’assistenza umanitaria ai bambini nella crisi umanitaria più grave del mondo e, per assurdo, la più dimenticata. Relaño è arrivata in Yemen nell’ottobre 2015, pochi mesi dopo l’inizio del conflitto a marzo. Non passa giorno in cui non è costretta a constatare con i propri occhi le conseguenze drammatiche di questo atroce conflitto sulla pelle dei bambini. “Il giorno dell’attacco nell’ospedale di Sa’ada i nostri operatori hanno visto scene caotiche – racconta -. Il personale non riusciva a curare nemmeno i bambini a rischio della vita”. In Yemen oltre 22,2 milioni di persone (il 75% della popolazione, tra cui 11,3 milioni di bambini) sopravvivono solo grazie agli aiuti umanitari, a causa di un conflitto feroce tra le truppe governative appoggiate dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita e i ribelli sciiti della tribù houthi sostenuti dall’Iran.
2.400 bambini uccisi e altri 10.000 morti per mancanza cure. “Già prima la situazione nel Paese era molto precaria – spiega – con l’80% dei bambini che hanno bisogno di aiuti umanitari”. Da marzo 2015 ad oggi i bambini uccisi sono stati 2.400, almeno 3.500 feriti e altri 10.000 sotto i 5 anni sono morti a causa della mancanza di cure mediche. 270 di questi incidenti sono stati provocati da attacchi alle scuole, 233 scuole sono state totalmente distrutte dai bombardamenti aerei. Oltre alle scuole vengono attaccati ospedali, infrastrutture idriche, perfino un impianto per l’acqua potabile e un centro igienico-sanitario a Hodeida supportati dall’Unicef. “Nonostante i nostri ripetuti appelli a rispettare le leggi del diritto internazionale e umanitario, nelle quali è molto chiara la distinzione tra combattenti e civili – sottolinea Relaño – le parti in conflitto agiscono nel totale spregio delle regole. I bambini vengono attaccati in modo orribile”.
L’infanzia sta pagando un prezzo altissimo in questa guerra atroce: secondo i dati dell’Unicef, oltre ai bambini uccisi, 3.652 hanno subito amputazioni, 2.635 bambini soldato (tutti maschi) combattono in entrambi gli schieramenti. Tra i circa 2 milioni di sfollati interni oltre 1 milione sono bambini. 4,1 milioni non possono andare a scuola, 1,8 milioni sono gravemente malnutriti. Tra i 16 milioni di yemeniti che non hanno accesso ad acqua e servizi sanitari almeno 8,6 milioni sono bambini, tra cui 1,8 milioni rischiano patologie gastrointestinali; e da queste parti e in queste condizioni terribili, si sa, con una diarrea si muore. Le aride cifre non rendono però la gravita di quanto sta accadendo nell’indifferenza del mondo. Solo i testimoni sul campo hanno la misura reale del dramma in corso: “E’ una situazione terribile. Ho visto troppe cose brutte con i miei occhi”, racconta la funzionaria Unicef. “Ho visto bambini moribondi arrivare in ospedale e non poter ricevere le cure. Ho visto bambini andare al fronte e bambine a cui non è permesso andare a scuola perché costrette a sposarsi. Vediamo morire bambini ogni giorno”.
Il 6 settembre inizieranno a Ginevra i colloqui di pace sul conflitto in Yemen. L’Unicef chiede a tutte le parti di “porre fine alle ostilità prima di questa data – afferma Relaño – soprattutto per fermare gli attacchi orribili contro i bambini, i civili, gli ospedali, le scuole, le infrastrutture idriche da cui dipende la sopravvivenza della popolazione”. La funzionaria non si da pace perché “la più grande crisi umanitaria di questi giorni” è una guerra dimenticata dai media e dall’opinione pubblica, con enormi responsabilità “di entrambe le parti in conflitto e della comunità internazionale, perché non fa pressione per trovare una soluzione pacifica”. L’Unicef intanto non può che continuare a portare avanti i suoi imponenti programmi di aiuto per l’emergenza: centinaia di migliaia di bambini ricevono ogni giorno cure mediche, alimenti altamente nutritivi, supporto psicologico, attività educative, acqua potabile e servizi igienici.