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L’Ucraina piange la meglio gioventù, ma resiste. È emergenza aiuti a Kharkiv
Sono giovani, nel pieno degli anni. C’è chi stava studiando all’università. Chi si era avviato ad una professione. Hanno scelto di abbandonare tutto per servire e difendere la propria terra. L’Ucraina piange i suoi giovani migliori. Oggi, a Leopoli, un immenso corteo di scout ha sfilato per la città, per rendere omaggio a due soldati volontari morti sul fronte. I loro nomi sono Artemy Dimid e Nazar Gladky e sono solo due delle centinaia di soldati che ogni giorno perdono la vita nei combattimenti.
Artem aveva 27 anni. Era negli Stati Uniti quando in Ucraina è scoppiata la guerra. È morto il 18 giugno scorso difendendo la sua terra. Lo hanno ritrovato ricoperto di colpi di mortaio vicino a Donetsk. Su iniziativa della famiglia, l’Università cattolica ucraina ha istituito un fondo di borse di studio intitolato a suo nome. L’altro ragazzo invece si chiamava Nazar Gladkyi. Anche lui si era offerto come soldato volontario. È morto all’età di 22 anni, mentre svolgeva una missione di combattimento nella direzione di Kharkiv.
“I nostri ragazzi sono stanchi ma hanno un altissimo livello di motivazione morale perché sanno che cosa fanno e per cosa stanno combattendo”, racconta al Sir padre Andriy Zelinskyy, cappellano militare della Chiesa greco-cattolica ucraina. “L’Ucraina – aggiunge il gesuita – sta perdendo la migliore gioventù perché ad andare per primi sul fronte sono i ragazzi con grandissimo senso di responsabilità. Sono tutti giovani che hanno scelto di arruolarsi per difendere le proprie famiglie e il paese”.
Il lavoro che i cappellani militari stanno facendo con loro è di ascolto e sostegno. I soldati raccontano quello che vivono al fronte e confidano il peso degli amici che perdono. “È un lavoro spirituale il nostro, che va a toccare le dimensioni più profonde dell’essere umano per sostenere e proteggere l’umanità, ma al tempo stesso senza disprezzare il loro mestiere, che è quello di difendere la propria famiglia e la propria terra. Un lavoro che esige coraggio e umanità. Perché non c’è umanità senza coraggio e coraggio senza umanità”.
Negli ultimi due giorni, gli attacchi da parte dei russi si stanno intensificando soprattutto nella regione a sud di Odessa e ad est al confine con il Donbass. Il presidente Volodymyr Zelensky è appena tornato da una visita fatta alle città portuali di Miykolaiv e Odessa. “È stato un gesto coraggioso, che la cittadinanza ha molto apprezzato”, fa sapere il parroco. La guerra sta stancando le persone. C’è anche il rischio che ci si abitui a questa situazione.” Ma l’abitudine non toglie la certezza della vittoria. “Noi siamo sicuri che Mylolaiv resisterà”, dice convinto don Roman Krat.
Da Kherson, invece, arriva la notizia che hanno messo le tv russe. “Hanno soppresso anche la rete telefonica ucraina. Per questo, noi resisteremo, per la libertà”.
Ma l’Ucraina ha bisogno di aiuto. “Le armi europee non sono ancora arrivate – conferma il sacerdote – e i russi stanno approfittando di questo momento per distruggere tutto prima che i rinforzi arrivino sul fronte”.
Situazione critica anche a Kharkiv. “Sono due giorni che sentiamo bombardamenti continui”, conferma don Gregoryi Semenkov, parroco della Cattedrale. “Per fortuna non hanno ancora bombardato la città nel centro però hanno attaccato nei boschi e nelle periferie”. Ma a Kharkiv c’è un’altra emergenza.
“Gli aiuti che abbiamo ricevuto stanno per finire”, dice preoccupato il sacerdote. “Adesso siamo andati a vedere e già ci sono cinque mila persone in fila in attesa che alle 11 cominci la distribuzione dei pacchi che stiamo preparando”. Il sacerdote racconta che per motivi di sicurezza, la distribuzione degli aiuti umanitari non viene fatta davanti alla cattedrale ma in un altro punto e spiega il motivo per cui gli aiuti fanno fatica ad arrivare. “Siamo lontani dalla Polonia”, dice don Gregoryi. “Sono molti chilometri e il diesel è aumentato moltissimo. Tenete conto che per portare qui un tir si possono spendere anche 3mila euro”.