Dal Mondo
Papa in Bahrein: “Tacciano le armi, guerra realtà mostruosa e insensata”
Papa Francesco, il primo pontefice a visitare il Bahrein e a recarsi per la seconda volta, in tre anni, nella penisola arabica, nel suo primo discorso nel Regno-arcipelago tra la penisola del Qatar e le coste dell’Arabia Saudita parla al Paese per implorare pace e fraternità nel mondo, insanguinato da una guerra “mostruosa e insensata”.
“Un crocevia di mutuo arricchimento tra i popoli”, la fotografia scattata ad Awali rivolgendosi alle autorità, alla società civile e al Corpo diplomatico. Al centro dell’obiettivo, l’emblema del piccolo Regno, dove i cristiani sono 80mila su 1.200.000 abitanti: l’albero della vita, una maestosa acacia che da 4.500 anni – l’età del Regno, ininterrottamente abitato da allora – sopravvive in un’area desertica, dove le piogge sono molto scarse. L’acacia millenaria, simbolo di radici resilienti e di “una diversità non omologante, ma includente”, che “rappresenta il tesoro di ogni Paese veramente evoluto”.
Dall’oasi del Bahrein al deserto del resto del mondo, dove – l’analisi del Papa – “assistiamo con preoccupazione alla crescita, su larga scala, dell’indifferenza e del sospetto reciproco, al dilatarsi di rivalità e contrapposizioni che si speravano superate, a populismi, estremismi e imperialismi che mettono a repentaglio la sicurezza di tutti”.
“Nonostante il progresso e tante conquiste civili e scientifiche, la distanza culturale tra le varie parti del mondo aumenta, e alle benefiche opportunità di incontro si antepongono scellerati atteggiamenti di scontro”, stigmatizza Francesco. “Pensiamo invece all’albero della vita e negli aridi deserti della convivenza umana distribuiamo l’acqua della fraternità”, l’invito controcorrente del Papa: ”non lasciamo evaporare la possibilità dell’incontro tra civiltà, religioni e culture, non permettiamo che secchino le radici dell’umano! Lavoriamo insieme, lavoriamo per l’insieme, per la speranza!”.
“Sono qui, nella terra dell’albero della vita, come seminatore di pace, per vivere giorni di incontro, per partecipare a un Forum di dialogo tra Oriente e Occidente per la pacifica convivenza umana”, ricorda Francesco a proposito del suo “cammino fraterno” di cui il Bahrein rappresenta una tappa importante, mettendo a tema il rispetto, la tolleranza e la libertà religiosa. Temi essenziali, riconosciuti dalla Costituzione del Paese. Tutti impegni, dice il Papa indugiando sul tema dei diritti umani, “da tradurre costantemente in pratica, perché la libertà religiosa diventi piena e non si limiti alla libertà di culto; perché uguale dignità e pari opportunità siano concretamente riconosciute ad ogni gruppo e ad ogni persona; perché non vi siano discriminazioni e i diritti umani fondamentali non vengano violati, ma promossi”.
“Penso anzitutto al diritto alla vita, alla necessità di garantirlo sempre, anche nei riguardi di chi viene punito, la cui esistenza non può essere eliminata”, il primo imperativo.
Dopo l’apprezzamento per il contributo che gli immigrati offrono in un Paese che vanta uno dei tassi più elevati al mondo, con metà della popolazione residente straniera, in particolare filippina e indiana, il diritto essenziale da tutelare è quello al lavoro: “Non si può però dimenticare che nei nostri tempi c’è ancora troppa mancanza di lavoro, e troppo lavoro disumanizzante”, tuona Francesco: “ciò non comporta solo gravi rischi di instabilità sociale, ma rappresenta un attentato alla dignità umana”.
“Da questo Paese, attraente per le opportunità lavorative che offre, vorrei richiamare l’emergenza della crisi lavorativa mondiale”, l’appello del Papa: “spesso il lavoro, prezioso come il pane, manca; sovente, è pane avvelenato, perché schiavizza. In entrambi i casi al centro non c’è più l’uomo, che da fine sacro e inviolabile del lavoro viene ridotto a mezzo per produrre denaro. Siano perciò ovunque garantite condizioni lavorative sicure e degne dell’uomo, che non impediscano, ma favoriscano la vita culturale e spirituale; che promuovano la coesione sociale, a vantaggio della vita comune e dello sviluppo stesso dei Paesi”.
La Cop27, in programma in Egitto tra pochi giorni, sia “un passo in avanti” sulla questione ambientale, raccomanda Bergoglio a chi “detiene la responsabilità di servire il bene comune”. La vocazione “di ogni uomo che sta sulla terra” è “far prosperare la vita”, spiega Francesco: “Ma oggi assistiamo, ogni giorno di più, ad azioni e minacce di morte”. “Penso, in particolare, alla realtà mostruosa e insensata della guerra, che ovunque semina distruzione e sradica speranza”, il riferimento all’attualità: “Nella guerra emerge il lato peggiore dell’uomo: egoismo, violenza e menzogna. Sì, perché la guerra, ogni guerra, rappresenta anche la morte della verità”.
“Rifiutiamo la logica delle armi e invertiamo la rotta, tramutando le ingenti spese militari in investimenti per combattere la fame, la mancanza di cure sanitarie e di istruzione”, l’invito del Papa, che cita lo Yemen, “martoriato da una guerra dimenticata che, come ogni guerra, non porta a nessuna vittoria”. “Tacciano le armi”, ripete per tre volte: “impegniamoci ovunque e davvero per la pace!”. “Sono qui da credente, da cristiano, da uomo e pellegrino di pace, perché oggi come mai siamo chiamati, dappertutto, a impegnarci seriamente per la pace”, conclude Francesco citando la Dichiarazione del Regno del Bahrein e condividendone con i presenti, come auspicio, un passaggio: “Ci impegniamo a lavorare per un mondo dove le persone dal credo sincero si uniscono tra di loro per ripudiare ciò che ci divide ed avvicinare invece ciò che ci unisce”.