La Curia di Odessa è al buio ma aperta. Il “pulmino del Papa” a Kherson

(da Odessa) L’elettricità va e viene. Questa mattina alle 7.30 la luce è andata via e anche la curia di Odessa-Simferopoli è di nuovo rimasta al buio. Da due giorni non c’è riscaldamento. In queste condizioni, il vescovo cattolico romano di Odessa-Simferopol, mons. Stanislav Shyrokoradiuk Ofm, lavora e vive con il suo staff. Da quando è scoppiata in febbraio la guerra, l’episcopio ha aperto le porte a tutti. Sotto la cattedrale dell’Assunzione di Maria, quella che prima era una cappella, si è trasformata in magazzino dove arrivano e partono scatoloni e pacchi con aiuti umanitari. Una stanza dove prima si faceva catechismo, si è trasformata in cucina.

Ogni giorno, vengono preparati e distribuiti 70/80 pasti. E sempre nei sotterranei è stata adibita una casa dove attualmente abitano 6 persone.

“Non abbiamo i numeri della Caritas, ma chi ha bisogno viene e trova sempre un pacco da portar via e qualcosa di caldo da mangiare. Da febbraio ad oggi sono state più di 10mila le persone a cui la curia ha dato pacchi”, racconta il vescovo. “Siamo in guerra”, risponde il vescovo alla domanda di come sta. “La situazione non è tranquilla. Gli allarmi suonano tutto il tempo. Solo ieri sei missili sono stati lanciati proprio sopra il nostro cielo. Siamo abituati. E rimaniamo in preghiera. Tutti i giorni nella messa si prega per i defunti, per le vittime, per i soldati morti e per la pace”. Tante persone sono andate via da Odessa ma tante altre persone, soprattutto donne e bambini provenienti dai luoghi più colpiti dalla occupazione russa, da Mykolaiv e da Kherson, sono venute qui fuggendo ai bombardamenti. Si contano 80 mila rifugiati in città. “Grazie a Dio gli aiuti umanitari sono sempre arrivati e questo ci ha aiutato tantissimo. Per noi è stato vitale. Questa solidarietà ci ha sostenuto sempre”. Della diocesi fa parte anche la Crimea. “C’è un vescovo ausiliare in Crimea e 11 sacerdoti”, dice mons. Shyrokoradiuk.

“Siamo rimasti per servire. Loro ci sono. Vivono, pregano, servono. Ma sono controllati. Hanno video-camere nelle stanze, nelle camere. Tutto viene controllato. Ma noi rimaniamo e il nostro compito è educare le persone alla fede, ai valori veri della vita e a guardare le verità negli occhi, senza paura. Rimaniamo per essere testimoni della fede”.

Due giorni fa, il “pulmino di papa Francesco” carico di aiuti umanitari è riuscito a raggiungere Kherson. “Ringraziamo il Papa”, dice il vescovo, perché “mai perde l’opportunità di ricordare il popolo ucraino e pregare per la pace. Lo fa sempre, ogni mercoledì all’udienza generale e ogni domenica all’Angelus. Sono importanti per noi questi appelli perché ci fanno capire che il Papa non dimentica il popolo che soffre, che è torturato”. Ma l’aiuto del Santo Padre è anche concreto. “Abbiamo ricevuto da lui – ricorda mons. Shyrokoradiuk – un aiuto finanziario che ci è stato portato qui personalmente dal cardinale Konrad Krajewski. Con questi soldi abbiamo potuto acquistare un pulmino con il quale portiamo gli aiuti umanitari. Due giorni fa, sono arrivati anche a Kherson. “Noi nel Papa vediamo le lacrime nei suoi occhi quando parla di Ucraina. Il Papa vive con noi il nostro stesso dolore”.

Gli aiuti sono stati portati al parroco della città di Kherson, rimasto lì anche durante l’occupazione russa insieme ad altri due sacerdoti, parroci in due chiese presenti nella regione. “Grazie a Dio abbiamo potuto trasferire soldi anche durante l’occupazione russa e con quei soldi, il parroco ha potuto sfamare le persone. Tantissime persone sono fuggite dalla città ma noi abbiamo deciso di rimanere perché in questi tempi è importante che la Chiesa rimanga vicino al popolo. Rappresentiamo per loro una famiglia e il sacerdote è come un padre”.

“I russi hanno distrutto tutto. A Kherson non c’è acqua, né gas, né elettricità. Non c’è niente, niente ma tutti oggi sono felici perché hanno di nuovo la libertà”. Anche Kherson fa parte della diocesi di Odessa. “Nonostante le persone siano fuggite, vogliono ora ritornare a casa ma per il momento non è ancora possibile perché è tutto minato”, spiega il vescovo. “Qui è successo quello che accade dove entrano i russi. Anche a Kherson purtroppo sono state ritrovate case di tortura e fosse comuni.

È un genocidio ed è terrorismo. Non è guerra. Perché distruggono tutto, colpiscono le infrastrutture vitali per la vita del Paese e del popolo. La gente muore di freddo, di fame, nel buio. E questo è un genocidio. Era già successo durante l’Holodomor quando dal 1932 al 1933 la Russia ha causato sul territorio ucraino una carestia che ha causato 7 milioni di morti”.

“Grazie a Dio – continua il vescovo – gli aiuti umanitari sono sempre arrivati e questo ci ha aiutato tantissimo. Per noi è stato vitale. Questa solidarietà ci ha sostenuto sempre. Anche la preghiera per l’Ucraina è per noi importante e senza questo aiuto non avremmo potuto né difenderci e proteggerci. Solo a Mariupol sono morti sono morti più di 25mila civili. I missili che lanciano sul cielo ucraino, colpiscono i civili. L’Onu cosa sta facendo?”. Il vescovo rivolge anche un appello agli italiani affinché seguano “una informazione vera e libera dalla propaganda bugiarda. Molti non sanno perché è cominciata la guerra. Ci stanno attaccando perché l’Ucraina ha scelto l’indipendenza e la libertà. Ha scelto la direzione dell’Unione Europa e infine ha scelto di lasciarsi alle spalle della storia e per sempre il comunismo. Per questo motivo si sono arrabbiati e ci stanno attaccando. Agli italiani dico: cercate la verità, sappiate cosa sta succedendo. Anche la Chiesa deve dire questa verità. Non proclamiamo solo il Vangelo ma denunciamo anche la verità”.