Dal Mondo
Guerra in Ucraina. L’esperta di Russia Orietta Moscatelli: “Ieri si è parlato di pace vicina. Non sarei così ottimista”
La Russia e l’America si stanno facendo la guerra in Ucraina. E come finirà è ancora presto per dirlo, ma la prima conseguenza è già la realtà, il riarmo della Germania, mai accaduto finora dalla Seconda guerra mondiale.
Al netto delle propagande che vedono ciascuna il proprio punto di vista, quella ucraina non meno di quella russa, la geopolitica ci può aiutare a capire la guerra, e per farlo bisogna alzare il punto di vista.
A spiegarlo è Orietta Moscatelli, collaboratrice di Limes, caporedattore esteri dell’agenzia Askanews, cesenate, esperta di politiche internazionali, in particolare del contesto geopolitico della Russia e dell’est Europa, coautrice del libro Cecenia (2004) e di Ucraina, anatomia di un terremoto (2014).
La giornalista è stata ospite oggi pomeriggio del liceo Scientifico “Augusto Righi” di Cesena. È stata introdotta dagli insegnanti Giulia Versari e Matteo Laghi per un incontro con gli studenti delle classi terze, quarte e quinte ai quali ha mostrato cartine geografiche e mappe per guardare i confini fisici e le cicatrici storiche dei Paesi.
La ferita della Russia si riapre ciclicamente e riguarda un atavico senso di pericolo ai propri confini. Il paradigma di sicurezza russo, ha detto l’esperta, è quello di espandersi. Lo spazio diventa sinonimo di potenza, allargarsi per tenere il nemico più lontano possibile. È il Paese più esteso al mondo, con 11 fusi orari, ma la zona che conta di più è il bassopiano sarmatico, nell’est Europa che loro considerano Europa centrale.
La Russia si sente assediata a Nord dalla competizione per il commercio sull’Artico che, “grazie” al clima, è diventato navigabile sulle coste. A est lo stretto di Bering lascia intravedere la minaccia degli Stati Uniti. Sul fronte occidentale c’è l’Europa, altro avamposto dell’impero esterno dell’America. A sud c’è la popolosa Cina, cui potrebbe saltare in mente un giorno o l’altro di invadere le estese, per quanto inospitali, praterie che i soli 146 milioni di abitanti russi non riescono a controllare. Sotto ancora la minaccia è quella islamica.
Ed è lungo il confine cinese, 4200 chilometri, che si devono cercare le premesse recenti di quanto accade oggi, precisa la giornalista. Negli anni 60, quando Russia e Cina si combattevano su quel confine pur non avendo dichiarato ufficialmente guerra, l’America decide di riavvicinarsi alla Cina, per la nota regola per cui tra i due litiganti il terzo gode. Quelle tensioni sono potentemente fuoriuscite oggi. Nel 1991 l’enorme Russia crolla e nessuno se lo aspettava. “Io vivevo là – ricorda la Moscatelli -. Improvvisamente il comunismo non aveva più senso, non ci credeva più nessuno, nel giro di una notte il sistema implode. Da un giorno all’altro abiti in un paese che non esiste più. All’inizio la Russia sull’onda di Gorbaciov, il primo e ultimo presidente dell’Unione Sovietica che mette in campo una politica di riforme, pensa di potersi aprire all’ Europa e all’America. Dura poco sia perché per 70 anni il regime comunista che c’era stato non poteva essere cancellato, e poi perché gli Stati Uniti non erano interessati. Per l’efficacia delle loro strategie difensive, serviva che Europa e Russia litigassero”.
L’assunto che non ti aspetti è che l’America senza l’Europa non vale niente e non può permettere un’altra alleanza tra la Russia e la Germania.
È qui che la Nato, alleanza tra Europa e Stati Uniti che dopo la fine dell’Unione Sovietica non avrebbe più ragione di esistere (l’omologo patto di Varsavia si estinse in tre giorni), inizia a espandersi, e in termini geopolitici, la nuova Cortina di ferro, secondo Limes, si sposta sensibilmente a est con avanzamento di almeno mille chilometri.
E se è vero che in geopolitica il leader conta poco, prosegue la Moscatelli nella sua analisi, anche dove non ci sono libere elezioni, il leader deve sempre interpretare le richieste del popolo. Putin arriva nel 2000 dicendo che la Russia poteva anche entrare nella Nato. Dopo pochi anni cambia idea. L’occidente non rispecchia la Russia. Nel frattempo, la stessa Russia incassa risorse dalla vendita di gas e petrolio, e si riarma. Un leader sempre più convinto che l’occidente stia cercando di strangolare la Russia comincia a chiedere di esser ascoltato. Nel 2007 Putin si presenta a Monaco e dice, basta non è più tempo da essere trattati come una piccola colonia, in un crescendo che arriva al 24 febbraio 2022 con l’invasione dell’Ucraina.
Oggi i soldati operativi sono 300 mila circa, pochi uomini e tante macchine da guerra, compresi i famigerati missili ipersonici che volano a velocità del suono e così bassi da non poter essere intercettati.
Putin ci crede o se la racconta?
“Entrambe le cose, si crede leader di un Paese che lui ha deciso di portare allo stato di potenza. Questo spiega perché l’operazione militare speciale viene appoggiata da metà della popolazione. Per quella parte del popolo russo che ha vissuto da diseredato della storia, sentirsi dire che la Russia conta, funziona”.
“Io vado da 15 anni a una conferenza annuale di esperti di Russia da tutto il mondo, che al termine ospita Putin in persona – continua il racconto la giornalista -. L’ultima volta nell’ottobre del 2021. In questi anni ho visto una trasformazione: nei primi tempi Putin era molto accessibile. Ci ho litigato sulla pena di morte e sull’azione in Siria, e sono sempre tornata integra in Italia. Ora è diverso. In ottobre sul mar Nero a Soci, lui timoroso nei confronti del Covid, vicino solo persone con almeno 20 giorni di quarantena, parla trenta secondi per arrivare a dirti che voi occidentali state facendo di tutto per annullare di nuovo la potenza russa”.
“Ci crede – prosegue – e ci crede con lui tutta la classe dirigente, un circolo molto ristretto, amici e sodali del passato, del Kgb, intelligence di epoca sovietica che si è portato dietro a Mosca.
Nessuno aveva davvero creduto che ci sarebbe stata una guerra così ampia. Io ero convinta che ci sarebbe potuta essere nel sud dell’Ucraina, ma non fino a Kiev. Si ragionava con il buon senso strategico della geopolitca, perché il buonsenso diceva che la guerra non conveniva alla Russia”.
Nel 2014 con la prima grossa crisi tra Russia e Ucraina, la Russia chiede agli ucraini di partecipare all’Unione economica eurasiatica per il rilancio dell’economia e del commercio, un ponte tra Asia ed Europa, impossibile senza Ucraina. Ma con le nuove elezioni, l’Ucraina diventa una sorta di satellite americano.
“È il peggio che possa accadere – commenta Moscatelli – tu passerai alla storia come colui che ha perso l’Ucraina, una sorta di estensione della Russia, con Kiev culla dell’ortodossia, la terra dove è nata la Russia, con la quale i legami storici sono fortissimi”.
La reazione, spiega, è stata annettere la Crimea (che era Ucraina dal 54). Dal 2014 a oggi conflittualità cresciuta, sempre nell’ottica del “ci vogliono annullare”. Al momento la Crimea è collegata alla Russia solo da un ponte, la guerra – è ragionevole pensare – condurrà a negoziati duri, con oggetto quella parte sul mare di Azov sotto il controllo della Russia.
Nel dicembre 2021 la Russia pubblica le sue richieste: la Nato deve fare marcia indietro, l’Ucraina deve rimanere neutrale. Biden e Putin si erano incontrati in giugno a Ginevra. In febbraio è scoppiata la guerra. “Ieri si è parlato di pace vicina – riflette -. Io non sarei così ottimista”.
Oggi Zelensky, che non era appoggiato se non da tre ucraini su dieci, è diventato il simbolo della volontà del popolo di resistere, e qui la geopolitica ha ragione. Il leader non conta, ma sa incarnare la richiesta, soprattutto dei giovani, di un paese aggredito, invaso, chiede che l’invasore se ne vada. Putin in 20 giorni ha ottenuto ciò che non si era raggiunto negli ultimi 14 anni, l’identità ucraina.
Il cambio di presidente negli Usa ha favorito la guerra? La giornalista risponde di sì e aggiunge: “Con l’assalto al Campidoglio del gennaio 2021 Putin ha intravisto il declino dell’America. Anche il declino dell’Afghanistan è stato caotico, una situazione non all’altezza del grande Paese americano”. E poi i democratici che fanno più guerre perché più attenti all’estero rispetto ai repubblicani che pongono la loro attenzione alla pancia del Paese che è ben diverso dalle due coste sugli oceani. “Per gli Usa – aggiunge la Moscatelli – qualcuno intravede una guerra civile tra qualche anno”.
E la Cina?
La Cina ha interesse alla stabilità, le vie della seta, ricchissimi corridoi commerciali verso l’Europa, con la guerra non funzionano. Però non si schiera, in virtù dei reciproci interessi su tanti scacchieri del mondo. La Russia ha paura da sempre di questa quasi alleanza, con il rischio sempre più vicino di ridursi a socio di minoranza. La Cina è la prossima potenza mondiale. I due grandi stati asiatici hanno in comune una certa avversione per la supremazia americana. E il problema dell’America è proprio la Cina. Molto probabile che una volta chiusa questa partita gli equilibri si giocheranno più sul fronte cinese che russo.
E la Turchia?
Se la Cina non è un paese con vocazione alla mediazione, la Turchia invece è il paese mediatore per eccellenza. Si trova a metà tra Asia ed Europa, conduce una politica medio orientale, pur essendo nemica della Russia da sempre pensa in termini di interessi come i sovietici, e ha interesse a cercare la sponda russa per condividere il controllo di Mar Nero. È il nuovo ottomanesimo, e ricordiamoci che il Paese che riuscirà a spuntare l’accordo sarà “creditore” degli altri.
Molti invocano l’intervento del Papa
Il Papa potrebbe giocare un ruolo rispetto al conflitto, ma la chiesa russa vede come il diavolo la potenza di un Papa che promuove i valori e non il potere temporale. Una chiesa molto connessa con il potere come quella ortodossa, colonna portante della ideologia di Putin, parla un’altra lingua rispetto a Francesco.