Il controribaltone
Il controribaltone Alle elezioni amministrative l’elettore ha selezionato, così pare di interpretare, e ha differenziato il voto in maniera così vistosa come non era facile attendersi.
È stato un ribaltone. La Lega guidata da Matteo Salvini ha fatto incetta di voti e ha sbaragliato tutti gli avversari sul campo. A cominciare dagli alleati di governo, quelli del movimento 5 Stelle con a capo Luigi Di Maio. L’ondata sovranista è stata fortissima e ha sfiorato il 35 per cento, un percentuale accreditata da pochi alla vigilia del voto. Il raddoppio rispetto alle politiche del marzo 2018 e quasi sei volte tanto rispetto alle Europee del 2014.
In calo di due punti l’affluenza alle urne in Italia, in controtendenza rispetto a quasi tutto il resto dell’Unione. Il Pd non è franato, è risalito dalle politiche 2018 e ha superato i grillini. Anche questo un dato forse insperato per Zingaretti e i suoi. A destra non bene Forza Italia che recuperava Berlusconi. Meglio quelli di Fratelli d’Italia della Meloni che ottengono una buona affermazione. Male tutti gli altri che non entrano al Parlamento europeo, neppure i Verdi e quelli di Alde (da noi +Europa) che sono andati molto bene in diversi Paesi.
Letti lunedì mattina i risultati alle Europee, come molti hanno fatto, anche in redazione li abbiamo proiettati sulle amministrative. Nel pomeriggio dello stesso giorno è arrivata la pesante smentita da parte degli elettori. Se il voto continentale è andato dietro ai proclami e al desiderio di fornire un deciso messaggio alle istituzioni Ue e al governo giallo-verde, nell’urna per eleggere i sindaci gli elettori hanno guardato bene in faccia i candidati. Questa è l’impressione che si trae a caldo dal controribaltone evidente uscito dal voto locale.
La Lega perde circa un terzo dei consensi intercettati da Salvini e il centrodestra locale non riesce a trattenere quanti hanno messo la croce sulla scheda marrone. È così che sono arrivate diverse conferme insperate fino a poche ore prima. La Garbuglia a San Mauro Pascoli o la Rossi a Mercato Saraceno parevano già sconfitte. Anche a Gambettola sembrava tutto facile, letti i risultati della notte, per Remigio Pirini. Così come a Roncofreddo e in diverse altre situazioni (Cfr il Primo piano alle pagine 4 e 5 dell’edizione cartacea). Invece l’elettore ha selezionato, così pare di interpretare, e ha differenziato il voto in maniera così vistosa come non era facile attendersi. Anche le riconferme di Marco Baccini a Bagno di Romagna e di Fabio Molari a Montiano sono una conquista costruita tutta sui mandati precedenti e sul lavoro svolto premiato da un largo consenso.
A Cesena si andrà al ballottaggio, per la prima volta. E il fatto è già storico e poteva rappresentare un successo per la coalizione di centrodestra guidata da Andrea Rossi. Invece, per come si è maturata dopo l’illusione di una notte, appare quasi una mezza bocciatura con la lista della Lega che perde dieci punti e gli alleati che arrancano, eccezion fatta per quella del candidato sindaco che ottiene un ottimo 8,42 per cento con il boom di preferenze (926) per il cattolico Enrico Castagnoli che segna un vistoso successo personale doppiando tutti.
Da notare la buona affermazione di Vittorio Valletta che supera, con il 9,51 il candidato dei 5 stelle fermi all’8,70. Note amare per quasi tutti gli altri, con Casapound che non raggiunge nemmeno l’un per cento.
Ora lo scontro si sposta al 9 giugno, anche per Savignano sul Rubicone, con il sindaco uscente Filippo Giovannini che parte dal 42,25 per cento contro Marco Foschi del centrodestra fermo al 37,81 per cento.
I giochi sono ancora tutti aperti. Si riparte da zero. Ogni voto è da riconquistare. Molto si giocherà sulle possibili alleanze da stringere da qui al ballottaggio, anche se ormai la tendenza è quella di rimanere sulle proprie posizioni. Quindici giorni che potranno essere proficui per gli elettori chiamati a esprimersi una seconda volta per decidere sul primo cittadino.
Un’ultima annotazione per i cattolici impegnati in diverse formazioni. All’ingrosso si può dire, sfogliando le liste e le preferenze di singoli candidati che si richiamano più o meno agli insegnamenti della Dottrina sociale della Chiesa, che assieme avrebbero potuto rappresentare una forza che poteva attestarsi almeno all’8 per cento dei votanti, con oltre 4 mila voti. Forse un elemento, per nulla secondario, sul quale si può avviare un confronto serio e pacato. C’è materia su cui meditare.