Volti, non numeri
Volti, non numeri A causa della povertà, delle guerre, dei cambiamenti climatici, delle epidemie, delle catastrofi naturali, sono milioni le persone che ogni anno sono costrette, loro malgrado, a lasciare la propria casa e la propria terra
«Persone, non emergenza». È il titolo di apertura del quotidiano Avvenire di martedì scorso. Poche parole per dare un messaggio forte: occorre chiamare i fatti con nomi appropriati. Quando si parla di immigrazione, di gente che arriva attraverso il mare su barconi stracarichi, o a piedi lungo le rotte balcaniche o dal Marocco per entrare in Spagna, ebbene ci tocca scriverlo ancora una volta, si parla di persone.
E quando si dice persone, vuol dire narrare di uomini e donne con nomi e cognomi. Significa avere davanti dei volti, degli occhi e non dei numeri da catalogare in qualche statistica su cui provare a impostare il prossimo provvedimento legislativo per contrastare un’emergenza che emergenza non è (cfr. cardinale Zuppi a pag. 9 edizione cartacea). Sì, perché il fenomeno migratorio è un dato oggettivo. A causa della povertà, delle guerre, dei cambiamenti climatici, delle epidemie, delle catastrofi naturali, sono milioni le persone che ogni anno sono costrette, loro malgrado, a lasciare la propria casa e la propria terra. Si tratta di un evento inarrestabile che non si riesce ad arginare né con blocchi navali né con l’innalzamento di muri e né con le dichiarazioni di stati di emergenza.
Quelle sono norme che di solito si attivano in caso di calamità, per fornire risposte urgenti in situazioni imprevedibili. Queste migrazioni di massa vanno avanti da anni. Siamo chiamati a convivere con esse, in questo pianeta sempre più piccolo e sempre più affollato. Fratelli tutti, ha scritto nell’enciclica papa Francesco rivolgendosi all’umanità intera. Ha scritto a me, a te, a tutti noi. Ha scritto a ogni uomo e a ogni donna di qualunque colore, lingua e razza.
Siamo fratelli. Non ci si può più arroccare in isole di privilegio. Prima o poi anche quei muri sono destinati a cadere. Prima accettiamo questi scenari cui non ci si può opporre e meglio vivremo i prossimi anni. Qua in Occidente abbiamo bisogno di immigrati. Meglio li accoglieremo e integreremo e meglio sarà per tutti.
Gli slogan sventolati ogni giorno dal governo Meloni risultano “distorcenti e controproducenti”, come li ha definiti Vincenzo Spagnolo su Avvenire di martedì scorso nell’editoriale dal titolo “Scelte civili e basta slogan”. No alla propaganda e sì ad affrontare la realtà dell’immigrazione per quella che è.
Senza enfatizzare e senza nascondersi nulla. E superando regole preistoriche, come ha ammonito da Varsavia il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.