Carità culturale

Carità culturale Pare impossibile pensare che ben più di cento anni fa alcuni nostri predecessori avessero pensato di dare vita a dei giornali, con meno mezzi economici, meno istruzione tra la gente, meno strumenti. Eppure su quella partita ci puntarono, non poco, per investire su quella carità culturale di cui si avverte ancora il bisogno

Insieme è più bello. Lo possiamo scrivere a chiare lettere, soprattutto quando si tratta di settimanali cattolici. La scorsa settimana a Firenze abbiamo partecipato alla celebrazione dei primi 40 anni del giornale regionale Toscana Oggi. Un’occasione per gli amici della Fisc, la Federazione italiana dei settimanali cattolici, presente con il presidente Mauro Ungaro, per ribadire la valenza del nostro lavoro quotidiano e dell’impegno in favore delle nostre Chiese locali.

Non si è trattato solo di solidarietà tra colleghi, come può essere con l’attuale direttore Domenico Mugnaini o con il predecessore Andrea Fagioli o con gli altri amici della redazione con cui condividiamo da anni passione e professione. C’è dell’altro. Ci sono le fatiche e le sofferenze di ogni giorno, quelle che oggi tutti viviamo, presi come siamo tra i due fuochi del web che incombe e dell’edizione cartacea che è da pensare e da mettere in pagina ogni settimana. Si tratta di avere a cuore questo mestiere e di praticarlo mettendo a frutto tutto ciò che abbiamo. Un po’ come è descritto nel brano evangelico della parabola dei talenti. A chi ne aveva cinque, nostro Signore ne ha chiesti cinque. A chi ne aveva due, due. Senza sconti per nessuno. Con l’obiettivo di essere avamposti nella missione della Chiesa nel mondo. 

È quello che ci muove ogni giorno: far arrivare la voce delle nostre Chiese locali agli uomini e alle donne di oggi mendicanti di senso per la loro vita. È quello che cerchiamo di realizzare anche noi, da tre anni a questa parte, come Chiese di Cesena, Faenza e Ravenna: insieme perché è più bello e più consolante. Si ragiona meglio e si sbaglia di meno. Insieme, tutti i giorni, come compagni di viaggio, perché la comunità è il cuore dell’esperienza cristiana. E i nostri giornali vogliono essere piazze dove ci si incontra e si dialoga.

Il prossimo 7 maggio Il Piccolo di Faenza compirà 125 anni dalla prima uscita nel 1899. Solo a scriverle certe date c’è da tremare. Per l’importanza dell’eredità che ci è stata affidata e per il valore che queste testate hanno per le nostre Chiese, non da ieri e neppure da ieri l’altro, ma da più di un secolo. Pare impossibile pensare che ben più di cento anni fa alcuni nostri predecessori avessero pensato di dare vita a dei giornali, con meno mezzi economici, meno istruzione tra la gente, meno strumenti. Eppure su quella partita ci puntarono, non poco, per investire su quella carità culturale di cui si avverte ancora il bisogno.

Anche oggi, forse più di allora.