Corresponsabilità
Corresponsabilità Credo sia interessante porsi una domanda: cosa possiamo fare noi perché nella Chiesa arrivi davvero l’ora dei laici?
Un mio anziano direttore spirituale mi diceva sempre «Se Dio ti ha voluto lì, ci sarà un motivo». Lo diceva perché a volte il mio essere “lì”, in certe situazioni, in alcuni ruoli, con determinate persone mi faceva fare una gran fatica. C’era da discutere, da impegnarsi, a volte anche da arrabbiarsi. Non era, e a dir la verità non è ancora, nella mia natura. Però a quelle cose, a quelle persone e a quelle situazioni ci tenevo. Almeno un po’, allora, ho cercato di seguire questo suo consiglio, non sempre riuscendoci.
«È un tempo di grande responsabilità per i laici». Ce lo sentiamo dire sempre più spesso ( cfr. il vescovo Douglas a pag. 8 edizione cartacea). Come se l’edificazione della Chiesa di domani passasse anche da questo nuovo protagonismo. Anche se ci sono, lo sappiamo, molte altre voci contrarie.
Al di là di quel che sarà, credo sia interessante porsi una domanda: cosa possiamo fare noi perché nella Chiesa arrivi davvero l’ora dei laici?
Più formazione e più conoscenza del Magistero, più strumenti per leggere la Chiesa ci danno la possibilità di immaginare insieme, a partire da punti di vista e con vocazioni diverse, il futuro della nostra Chiesa.
Ma non solo. Per troppi anni abbiamo considerato la Chiesa come “affare” dei sacerdoti. Come se l’annuncio, in fondo, riguardasse loro. Come se un bambino, un ragazzo, un adulto che si perde dietro i pregiudizi della società verso la Chiesa fosse essenzialmente una loro sconfitta. Mettendoci magari un po’ di impegno, ma in fondo poi, “per quel che si può”. Forse è l’ora di chiedersi: quanto siamo disposti a metterci in gioco? Perché è certamente più comodo e de-responsabilizzante “eseguire” quel che ti dice il parroco piuttosto che mettersi a ragionare insieme.
I laici potranno dare il loro contributo se non si auto-censureranno “perché è il don che decide”. Se avranno a cuore la loro parrocchia, Chiesa, vicariato, come una casa.
Così potremo essere davvero fratelli e corresponsabili. Non è semplice, ma rende pure felici. Perché si scopre una famiglia più grande, più persone da amare, più ricchezza nel cuore. Poi, certo, c’è anche il problema di ascoltare i laici. Ma stiamo sul nostro. «Abbiamo bisogno – scriveva Ermes Ronchi nel commento al Vangelo di domenica scorsa – che ciascuno creda al proprio dono, alla propria unicità, e così possa tenere alta la vita con l’inventiva, il coraggio, la creatività, che sono doni dello Spirito».