Nervi tesi da pandemia

Nervi tesi da pandemia Solo puntando lo sguardo verso un Altro che ci viene incontro si può uscire dall’egoismo che potrebbe crescere in un periodo di ristrettezze

Niente sarà più come prima. Quante volte abbiamo ascoltato queste poche parole nelle ultime settimane? Le abbiamo sentite ripetere da tantissimi. Lo abbiamo letto un po’ ovunque: questo virus ci sta cambiando. Renderà il mondo migliore, più bello di prima. Più essenziale. Meno di facciata. Più altruista e solidale. Uomini e donne come fratelli. È stato quasi un coro unanime.

Lo diciamo e lo speriamo anche noi. Tuttavia pare che ce ne vogliamo convincere perché si comincia a cogliere qualche segnale in senso opposto. Il lungo periodo di quarantena ci ha costretto a un isolamento inusuale, cui nessuno di noi era abituato e tantomeno preparato. Non è per nulla semplice dover passare, nel breve volgere di qualche ora, da una vita ultra dinamica, a tratti superattiva, a un’altra del tutto reclusa nelle mura di casa.

In questa nuova condizione si possono correre rischi. Ne abbiamo parlato a più riprese anche noi su queste colonne ascoltando esperti che indagano la mente umana. Un dato appare acquisito, anche scrutando le reazioni di quanti si espongono sui social, il vero mezzo che ha consentito il mantenimento delle relazioni umane. Cresce una certa rabbia.

Sarà per la clausura non voluta. Sarà per il timore sempre incombente della malattia.

Sarà per la diminuzione di potere economico, per il rischio di impoverire, di perdere il lavoro, di non riuscire a provvedere per la propria famiglia. Sarà per una serie infinita di motivi, ma sembra molto cresciuta una sorta di aggressività che non ci saremmo aspettati.

I toni si alzano per nulla. I nervi saltano in fretta. Le invettive si sprecano. Le offese pure, quando non sono minacce. Chi si sente colpito cerca di reagire e rischia di smarrire il lume della ragione. Che succede? Perché a volte si cade così in basso quando invece in frangenti così duri dovremmo aiutarci e comprenderci di più?

“Il mondo – ha osservato papa Francesco nell’omelia della Messa a Casa Santa Marta martedì scorso – ti dà la pace interiore come un possesso tuo, come una cosa che è tua e ti isola dagli altri”. Che “ti addormenta un po’, ti anestetizza e ti fa rimanere con te stesso. Un po’ egoista”. E se un altro entra in quello spazio individualistico o mette in crisi alcune certezze scatta la ribellione, quella cui assistiamo spesso impotenti e attoniti, a tratti impauriti.

La smania del possesso, della roba direbbe Giovanni Verga, rende ciechi e insensibili.

Solo puntando lo sguardo verso un Altro che ci viene incontro si può uscire dall’egoismo che potrebbe crescere in un periodo di ristrettezze. Ne va di noi e del nostro stare insieme. Pensiamoci.