Matricidio
Matricidio Federico, un ragazzo di 29 anni, ha ucciso brutalmente sua madre a pochi passi da noi. Di fronte a queste catastrofi affettive si rimane sgomenti, ci si interroga sui motivi
Federico, un ragazzo di 29 anni, ha ucciso brutalmente sua madre a pochi passi da noi. Di fronte a queste catastrofi affettive si rimane sgomenti, ci si interroga sui motivi.
Le statistiche sostengono che i fattori di rischio alla base di questi agiti siano da rintracciarsi nelle diagnosi psichiatriche e nell’interruzione di psicofarmaci, così come nelle storie familiari e personali di violenza. I dati parlano di una maggiore incidenza di figli in età adolescenziale.
Le motivazioni psicologiche del matricidio trovano radici nel legame profondo che si instaura tra madre e figlio (o figlia). Nella prima fase dello sviluppo la madre deve essere capace di adattarsi attivamente ai bisogni dell’infante. Successivamente, la donna deve essere in grado di diminuire questo suo adattamento man mano che si ac- cresce la capacità del piccolo di tollerare la frustrazione, al fine di poter assecondare l’esigenza di sperimentarsi nel mondo esterno. La possibilità per la madre di fornire delle cure adeguate dipende anche dal sostegno che il padre è in grado di fornire. La funzione paterna funge da sostegno e da separazione madre/bambino, ed è fondamentale per impedire il rapporto simbiotico, malsano, della diade.
L’adolescenza, per le sue trasformazioni biologiche e culturali, appare come una delle età in cui maggiormente viene affrontato il tema della differenziazione e definizione della propria identità. In questa delicata
fase, il genitore deve essere in grado di favorire il processo di trasformazione della relazione, lasciando il campo libero all’investimento emotivo del figlio verso nuove relazioni con il mondo esterno. Se questo processo di svincolo non avviene, il rapporto madre/figlio rimane incistato in dinamiche di dipendenza e vincoli castranti. Un «amore» che non può prevedere forme di vita separate, un Io e un Tu.
La maggior parte dei figli, con un funzionamento mentale sostanzialmente sano ma che non riescono a svincolarsi, nutrono sentimenti fortemente ambivalenti nei confronti della propria madre fino all’età adulta. Si crea una conflittualità caratterizzata da continui tentativi interni di svincolo, ad esempio, attraverso la sublimazione. A tale proposito ricordiamo i famosi romanzi di Carlo Emilio Gadda ( La cognizione del dolore, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, Novella seconda, rimasti tutti incompiuti) incentrati sulla tematica del matricidio, scritti allo scopo di elaborare psichicamente il tormentato rapporto che lo scrittore aveva con la propria madre.
Quando nel figlio non vi è la capacità di simbolizzazione e di differenziazione tra sé e l’altro, all’interno di un funzionamento psichico disfunzionale, si può compiere violenza per espellere uno stato intollerabile della mente. La morte della propria madre, diventa l’unica separazione possibile, anzi, l’unico modo, delirante, per non separarsi mai. A volte, l’uccisione può assumere il significato di un’incorporazione: che rende ancora più salda la simbiosi. «[…] il delirio era già bell’e pronto da tempo, molto tempo prima che esplodesse in forma manifesta» (Freud, 1938).