Domenica 8 settembre – 23ª domenica Tempo Ordinario – Anno B

Domenica 8 settembre - 23ª domenica Tempo Ordinario - Anno B APERTI AL MISTERO DEL MESSIA SENZA FERMARCI AI PRODIGIIs 35,4-7; Salmo 145; Gc 2,1-5; Mc 7,31-37

In questa domenica 8 settembre notiamo subito che il Vangelo insiste sul fatto che Gesù, a parte il discutibile percorso, non era entrato in territorio giudaico e aveva raggiunto la Decapoli, la sponda orientale del lago chiamato “Mare di Galilea”. Gli abitanti di quella regione pagana appena seppero dell’arrivo di quel famoso Gesù di Nazaret accorsero da ogni parte e alcuni gli condussero un sordomuto e «lo pregarono di imporgli la mano». Gesù, il Cristo, lo prese in disparte, «gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua», cioè cercò di comunicare con lui con gesti concreti e singolari.

Poi «emise un sospiro». Gesù, turbato, con gli occhi al cielo, presentò al Padre la sofferenza di quell’infermo. In seguito, pronunciò una possente parola: «Effatà», cioè, «Apriti». Essa non era rivolta agli organi ammalati, ma a quell’uomo nella sua totalità. In questo modo l’uomo pagano venne sanato per sempre e ristabilito nella sua capacità di comunicare con Gesù e con gli altri.

Nei Vangeli non si dà molta importanza alla guarigione in sé: siamo stimolati a non fermarci al fascino dei prodigi per poter rimanere aperti al mistero del Messia di Nazaret e così poter cogliere l’irruzione del Regno di Dio in questo mondo di dolori.

Chi legge questo Vangelo per la prima volta sa vedere nel sordomuto un segno di quella umanità malata in cui viviamo. Gesù poi «comandò loro di non dirlo a nessuno». Un mistero che va tenuto segreto fino alla Pasqua, quando si rivelerà in tutte le sue dimensioni. I presenti, nonostante l’ordine di mantenere il silenzio, raccontarono ciò che avevano visto e vissuto, e pieni di stupore dissero: «Ha fatto bene ogni cosa».

Un’espressione simile la troviamo anche nel racconto della creazione: «Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona». Con Cristo siamo tornati a una nuova creazione, al paradiso. Di fronte alla parola «Effatà», abbiamo pensato al rito del battesimo? A come ci prepariamo in famiglia, a come lo viviamo? Siamo capaci di silenzio, di ascoltare il Signore o siamo solo capaci di chiedere favori? Ci lasciamo toccare, sanare da lui sacramentalmente? So ascoltare chi mi siede accanto, coloro con cui vivo in famiglia, anche se ripetono sempre le stesse cose? So parlare di Cristo in ambienti ostili senza troppo imbarazzo?