Domenica 15 novembre – 33ª domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Domenica 15 novembre - 33ª domenica del Tempo Ordinario - Anno A L’importante è che il Signore non ci trovi a mani vuotePr 31,10-13.19-20-31; Salmo 127; 1Ts 5,1-6; Mt 25,14-30

L’anno liturgico volge ormai al termine. Siamo chiamati in questi giorni alle realtà definitive che ci attendono. Andare incontro al Signore che viene dev’essere l’espressione concreta della vita del cristiano. Chi non vive in questa prospettiva non è un cristiano secondo il pensiero e il progetto di Dio. Oggi le tre Letture della Parola di Dio ci suggeriscono comportamenti adeguati nella nostra vita quotidiana che costruiscono il nostro futuro in Dio, per il quale siamo in cammino.

Come andare incontro al Signore, oppure perché e come attendere la sua venuta? La vita di chi è preso in modo sbagliato dalle realtà del presente oppure si lascia prendere dalla nostalgia del passato è una vita inconcludente, senza prospettive e quindi inutile.

Il Vangelo oggi ci risponde con la Parabola dei talenti. I doni di Dio (talenti) che ognuno di noi ha ricevuto devono essere usati e valorizzati per sviluppare e realizzare in pienezza la nostra vita e per agire per il bene degli altri. Nessun dono è passivo, ma attivo: nel suo uso non viene meno, ma si moltiplica e diventa sempre più grande. Un esempio per tutti: il dono fondamentale dell’amore (siamo stati creati per amare e per essere amati), è il dono più bello che riassume tutti gli altri. Più lo si vive e più diventa forte e non si esaurisce mai. Non c’è limite nell’amore, come dono di noi stessi a Dio e agli altri. Perché nel nostro essere c’è una scintilla di eternità messa da Dio.

“Dopo molto tempo il padrone tornò per regolare i conti con i servi”. Dio ci dà uno spazio di tempo, la nostra vita, per assumerci le nostre responsabilità e per mettere a frutto i talenti ricevuti. L’importante è che il Signore, quando viene, non ci trovi a mani vuote, ma piene di opere di amore. I servi che hanno messo a frutto i talenti dati dal padrone ricevono da lui questa lode e questo premio: “Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto”.

La vita eterna non è solo riposo meritatoe definitivo, pace e gioia infinite. In cielo si vive un’attività immensa, come dono di Dio, senz’alcuna fatica. Diceva Santa Teresa di Gesù Bambino: “Voglio passare il mio cielo nel fare del bene sulla terra”.

Così San Paolo (seconda Lettura) avverte i cristiani che “il giorno del Signore verrà come un ladro di notte”, quando meno te lo aspetti. Dobbiamo prepararci e tenerci pronti a questo giorno perché: “Noi siamo nelle tenebre”. la notte è il dominio del peccato ed è, con il sonno, il simbolo della morte. Addormentarsi vuol dire scendere a patti col peccato e noi non dobbiamo vivere nel peccato, simbolo di una morte che ci fa perdere Dio. “Voi siete figli della luce e figli del giorno”. Come figli di Dio, siamo nella luce (Gesù e la sua Parola) e in questa luce dobbiamo camminare, cioè vivere facendo il bene con il cuore rivolto verso il futuro di Dio. Per questo bisogna risvegliare la fede, essere vigilanti e vivere in modo sobrio.

In ultimo (prima Lettura) la donna forte, piena di valore, che rende felice il marito, che non fa mancare nulla alla sua casa e apre le sue mani al povero, è il simbolo della Chiesa Sposa di Cristo. La religione cristiana ha una caratteristica che non esiste in nessun’altra religione. Dio, con Gesù, ha stabilito un rapporto personale con noi per tirarci fuori dal peccato che è perdizione e vivere alla pari con Lui come lo Sposo con la sposa, il Padre con i figli, l’Amico con l’amico. Tutti noi siamo chiamati a vivere questo rapporto con Dio in Cristo per vivere con Lui l’intimità di amici, di figli, di fratelli e sorelle in un amore unico e sponsale.