Domenica 22 novembre – Cristo Re dell’Universo – 34ª domenica del Tempo Ordinario – Anno A
Domenica 22 novembre - Cristo Re dell’Universo - 34ª domenica del Tempo Ordinario - Anno A Gesù si identifica con i piccoli, gli umili, i poveriEz 34,11-12.15-17; Salmo 22; 1Cor 15,20-26.28; Mt 25,31-46
Con questa domenica, e la settimana che segue, si conclude l’anno liturgico. La Parola di Dio ci mette davanti la figura vincente e gloriosa di Cristo Re e Signore dell’uomo e dell’universo intero. È un annuncio che stabilisce la fine della storia dell’uomo e del mondo nel suo stato precario e provvisorio e si rivela il mondo rinnovato, per l’uomo e per l’universo intero, con la vittoria definitiva di Cristo sul peccato e sulla morte, dove il Regno eterno di Dio, regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace (prefazio) prenderà il posto del vecchio mondo, in cui ora siamo immersi, e che sarà dimenticato per sempre. È la Parola di Dio, nelle tre Letture, che ci guida nel presente verso il futuro di Dio e nostro.
Il Vangelo ci presenta la scena del giudizio finale e universale. Nella sua venuta o Parusìa, Cristo è sfolgorante di luce (nella gloria), è una presenza cosmica (gli Angeli) e regale (trono) ed è giudice sovrano che realizzerà la distinzione netta tra bene e male, tra buoni e cattivi. La destra indica protezione, familiarità e accoglienza; la sinistra significa repulsione, allontanamento e noncuranza. Il criterio del giudizio di Cristo sull’uomo è in base all’amore che avremo vissuto o meno nel confronto di Lui e dei suoi discepoli: i piccoli, i poveri, i bisognosi di amore e di vita…
La ricompensa dei giusti Gesù la esprime in tre frasi brevi: “Venite, benedetti del Padre mio”: saremo partecipi di ogni dono del Padre nella perfetta realizzazione di noi stessi. “Ricevete in eredità il Regno preparato per voi”: regneremo sovrani come figli di Dio, senza più alcuna sconfitta e paura.
“I giusti se ne andranno alla vita eterna”: avremo un’esistenza di vita inimmaginabile perché partecipi della stessa natura divina. Gesù si identifica con i piccoli, gli umili e i poveri in ogni senso. Essere discepoli di Gesù vuol dire dare la preferenza a queste categorie di persone. Papa Francesco: uscire da noi stessi, andare verso le varie periferie. Gli uomini riconosceranno in noi il Cristo se noi l’avremo riconosciuto, amato e servito in ogni uomo.
La perdizione sarà per quelli che l’hanno scelta e voluta perché, nella vita, hanno rifiutato l’amore, ogni invito alla conversione. Gesù ne parla chiaramente, anche se per noi rimane un problema angoscioso: l’allontanamento da Dio in un deserto infinito di solitudine, i dannati si automaledicono e si maledicono tra di loro; il supplizio eterno con il fuoco è l’espressione della massima pena; è l’universo che si rivolta contro i malvagi.
La prima Lettura (Ezechiele) ci allarga e ci approfondisce il Vangelo perché Gesù viene annunciato come il Re-Pastore del popolo d’Israele e della Chiesa.
Dio stesso, in Gesù Cristo, si occupa del suo gregge, cioè di tutte le persone chiamate da Dio a lasciarsi condurre e salvare dal grande Re-Pastore, Cristo Figlio di Dio. Ogni pastore nella Chiesa è partecipe di questa guida unica e sicura che è Cristo.