La vera notizia è la Pace

La vera notizia è la Pace Si celebra fra pochi giorni, domenica 13 maggio, la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, da 52 anni appuntamento annuale per riflettere – nella festa dell’Ascensione – sulla missione della Chiesa di evangelizzare attraverso i media.

Si celebra fra pochi giorni, domenica 13 maggio, la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, da 52 anni appuntamento annuale per riflettere – nella festa dell’Ascensione – sulla missione della Chiesa di evangelizzare attraverso i media.

A commento del messaggio scritto da papa Francesco per la Giornata, l’Ufficio per le comunicazioni sociali della Cei ha pubblicato un libro a firma del direttore dell’Ufficio, don Ivan Maffeis, e di Pier Cesare Rivoltella, professore ordinario di Didattica e tecnologie dell’istruzione all’Università cattolica di Milano. Il titolo ricalca quello scelto dal pontefice per l’appuntamento: “Fake news e giornalismo di pace” (ed. Morcelliana).

“La diffusione della comunicazione – si legge nell’introduzione dei curatori – ha guidato il passaggio dalla società dell’informazione alla società informazionale, ovvero da una società in cui l’informazione è importante a una società fatta di informazioni”. In questa società, spiegano ancora Maffeis e Rivoltella, “eventi e discorsi si mischiano, la realtà e i commenti si confondono: la totale trasparenza non genera libertà, ma nuovo occultamento. Se tutto è informazione, ciò comporta che non si riesca più a distinguere quello in cui sia giusto credere (come nelle fake news)”. Di conseguenza, “quel che si apre non è uno spazio di libertà, ma di disorientamento e possibile manipolazione”.

Si tratta di un giudizio severo, che oltre a voler mettere in guardia dai potenziali inganni nascosti nelle pieghe della comunicazione, cerca di rovesciare l’accusa di intolleranza rivolta a chi si mette in ricerca della verità. La violenza a cui assistiamo, nei social network come nel dibattito politico e nel sistema mediatico, prosegue il testo, “non è il risultato dell’assenza di comunicazione o del trionfo della verità, ma esattamente il contrario: la violenza è spesso figlia della comunicazione polverizzata e dell’impossibilità di trovare in essa una verità”.

Il fatto che tutti possano facilmente esprimersi non comporta, infatti, il rispetto automatico di chi la pensa diversamente, ma conduce spesso all’assolutizzazione del singolo punto di vista, e chi dissente finisce per essere inteso non come qualcuno che vede le cose diversamente, ma come un nemico che in quanto tale va attaccato. Nasce da qui il bisogno che i giornalisti, invece di alimentarli, siano i primi a disinnescare i conflitti, mettendosi a servizio delle persone e della loro capacità di ragionare, andare alle cause, approfondire. Convinti insomma che “la pace è la vera notizia” e che fa vendere più della guerra.