La pandemia e Internet, è lui il vincitore assoluto?
La pandemia e Internet, è lui il vincitore assoluto? La pandemia ha confermato che la vita online è vita reale, in cui ci si incontra, si lavora, si impara. Guai però a dimenticare che la rete è in mano a un numero di soggetti pari alle dita di una mano
“Una roccia può sembrare solida, ma mettila sotto pressione e svilupperà linee di frattura invisibili. La pandemia ha fatto emergere le crepe della tecnologia, appena in tempo”.
Mentre vediamo aprirsi la sospirata ultima fase della lotta al Covid-19, la vaccinazione di massa contro il virus, e la politica si accinge a stilare l’elenco delle priorità da finanziare coi miliardi che arriveranno dall’Europa, vale la pena prestare attenzione all’appello sopra riportato. Un grido di allarme che non viene dal blog di qualche anonimo pirata del web ma dalle pagine di Wired, la più nota rivista internazionale dedicata ai temi della cultura e dell’innovazione tecnologica.
A firmare il testo tra virgolette è Cory Doctorow, giornalista e scrittore canadese dedito soprattutto alle problematiche legate ai diritti digitali e alla sicurezza informatica. E a questi aspetti si riconducono le “crepe della tecnologia” che il virus avrebbe messo ancor più allo scoperto, ovvero la mancanza di trasparenza dei codici e degli algoritmi, un mercato privo di autentica concorrenza, il persistente divario digitale, la questione irrisolta della libertà di espressione sul web. Tutti problemi apertissimi, di cui finora – è la tesi dell’autore – ci siamo occupati troppo poco.
Internet, scrive Doctorow, “è il sistema nervoso del XXI secolo. È la nostra linfa vitale per l’istruzione, l’occupazione, la salute, la famiglia, l’impegno politico e civile, l’amore e la comunità. È ora di iniziare a comportarsi di conseguenza”. Non basta portare tecnologia nelle case, negli ospedali e nelle scuole, occorre farlo nel modo giusto.
Se ancora qualcuno era scettico, la pandemia ha confermato che la vita online è vita reale, in cui ci si incontra, si lavora, si impara. Tutto quello che è stato realizzato “a distanza” è difficile che venga archiviato, piuttosto affiancherà i canali tradizionali.
Guai però a dimenticare che la rete è in mano a un numero di soggetti pari alle dita di una mano, i cosiddetti giganti del web. Loro hanno anche la chiave dei nostri dati personali, dei conti bancari, delle cartelle cliniche.
Per questo, conclude Doctorow, “ora stiamo per vivere la breve pausa tra questa emergenza e quella successiva. Se siamo saggi, la useremo per costruire qualcosa di più forte, di più resiliente: un sistema nervoso digitale decentralizzato, diversificato, trasparente, progettato per essere supportato e gestito dai suoi utenti, ai margini. Qualsiasi cosa di meno sarà la nostra sventura, e una condanna per i nostri eredi”.