Una parrocchia su due comunica con WhatsApp
Una parrocchia su due comunica con WhatsApp Tutti non vediamo l’ora di riprendere a riunirci e incontrarci di persona, sia per lavoro sia in tutti gli altri campi delle nostre attività. Sarà però difficile che la consuetudine maturata con videochiamate, webinar e piattaforme digitali non abbia un significativo prolungamento negli anni a venire. Anche la pastorale ne è stata radicalmente influenzata
Non è necessario attendere la fine della pandemia dal punto di vista sanitario per registrare alcuni effetti che senza dubbio permarranno nelle nostre vite anche dopo. Di tale cospicua eredità, uno degli elementi più facili da prevedere riguarda la mediazione delle tecnologie digitali nelle relazioni interpersonali e nella “costruzione” delle comunità.
Tutti non vediamo l’ora di riprendere a riunirci e incontrarci di persona, sia per lavoro sia in tutti gli altri campi delle nostre attività.
Sarà però difficile che la consuetudine maturata con videochiamate, webinar e piattaforme digitali – e con la loro comodità ed economicità – non abbia un significativo prolungamento negli anni a venire. Anche la pastorale ne è stata radicalmente influenzata. Possiamo pensare che tutto tornerà esattamente come prima?
Per rispondere alla domanda viene in aiuto un’indagine realizzata da una équipe multidisciplinare composta da diversi docenti dell’Università cattolica del Sacro Cuore, incaricata di studiare proprio le relazioni sociali al tempo dei personal media nel contesto delle parrocchie.
Dopo la prima ondata della pandemia, una seconda rilevazione è stata effettuata nell’ottobre 2020. Circa 150 parrocchie hanno risposto a entrambi i sondaggi, con risultati molto interessanti. “I dati preliminari di questa seconda parte dello studio – spiega Lucia Boccacin, direttrice della ricerca – mettono in luce un uso più frequente delle tecnologie digitali nell’ambito delle attività pastorali e un atteggiamento mediamente più favorevole verso il loro impiego”.
Gran parte della diffidenza verso i nuovi strumenti è scomparsa, ma non significa che il loro utilizzo sia sempre ottimale. Scorrendo i dati si scopre che gli strumenti più utilizzati per porsi in relazione con i parrocchiani (e non solo) sono Whatsapp – adoperato per questo scopo specifico dal 56 per cento degli intervistati – e la posta elettronica, di cui si serve la metà abbondante delle parrocchie. Tante sono le comunità cristiane che hanno un account Facebook, mentre Instagram si ferma al 26 per cento e Twitter al 15 per cento.
Interessante è anche la domanda sulle motivazioni per cui il digitale è usato nelle nostre parrocchie. Nella maggior parte dei casi (il 70 per cento) al primo posto c’è la volontà di entrare in relazione con gli altri. Per il 24 per cento delle comunità le tecnologie sono viste solo come un aiuto a diffondere informazioni. Solo nel 6 per cento delle parrocchie intervistate alle tecnologie è riconosciuto un ruolo per far collaborare le persone e favorire la loro partecipazione alle attività.