Instagram, il tramonto della realtà
Instagram, il tramonto della realtà Scorrendo il “mosaico” di piccole immagini condivise dagli utenti appare prevalentemente un mondo artefatto, edulcorato, sempre in vacanza
Ogni giorno, al crepuscolo, Instagram ha un’impennata di “like”. Perché milioni di persone in tutto il mondo sentono il bisogno di condividere l’immagine del sole che cala?
È da qui che prende le mosse Paolo Landi nel suo “Instagram al tramonto” (La nave di Teseo, 2019), un breve saggio sul social network (di proprietà di Facebook) che in due anni ha fatto il boom di iscritti superando quota un miliardo.
Il giudizio di Landi è impietoso: scorrendo il “mosaico” di piccole immagini condivise dagli utenti appare prevalentemente un mondo artefatto, edulcorato, sempre in vacanza. “Instagram offre l’esperienza fugace di un mondo senza conflitti, senza sofferenza, senza odio né tragedie, una realtà continuamente abbellita che finisce per presentarsi come una iperrealtà falsa”.
Quando postiamo una foto su Instagram nota l’autore – sembriamo preoccupati di esaltarne la bellezza e assicurare chi la guarda della sua verità. Ci interessa dire: “Ecco, questo tramonto è meraviglioso, lo vedete? Io lo sto guardando realmente, ora, infatti lo fotografo, per dimostrarvi che è vero, che io sono qui e lo sto guardando”.
Instagram si rivela così nient’altro che un microcosmo che riproduce tutti i meccanismi sociali, compresi sentimenti “arcaici e sempreverdi” quali l’amore, l’invidia, il narcisismo, l’egocentrismo, l’esibizionismo, lo snobismo. Naturalmente fra le persone continuano a resistere ideali di giustizia e di altruismo. Il problema è che, quando si affacciano sulle pagine digitali, finiscono imbrigliati nel “nuovo capitalismo informatico”. Un ipermercato dove, oltre a vendere beni materiali, sono messi a disposizione l’intimità, le opinioni, i gusti, gli affetti.
Per questo, più ancora di altri social network, Instagram è perfetto per fotografare il momento storico attuale, “in cui una generazione di ignoranti digitali si avvicina piena di complessi alla modernità tecnologica, mentre una generazione di nativi digitali la sfrutta nel modo più antico, per fare soldi”.
Un capitolo del libro affronta il rapporto fra Instagram e la religione. Come per altri social network, anche qui l’effetto è quello di un ambiente dove tutto si mischia e finisce per avere lo stesso valore: la fede e la moda, la politica e il cibo, e dove tutte le emozioni si equivalgono.
Potrà apparire anche più educato e pulito di altri, ma – è l’amara conclusione – Instagram non fa eccezione: “la debolezza di noi utenti è di non sapere, o di sottovalutare, che ogni social network è un’impresa che fa profitti e che la merce in vendita sugli schermi dei nostri smartphone siamo noi”.