I nuovi poveri? Chi non ha Internet
I nuovi poveri? Chi non ha Internet Si riaffaccia lo spettro della chiusura delle scuole e della didattica a distanza tramite gli strumenti digitali e ci pensano subito l’Auditel e il Censis a ricordare qual è la situazione nel nostro Paese
Si riaffaccia lo spettro della chiusura delle scuole e della didattica a distanza tramite gli strumenti digitali e ci pensano subito l’Auditel e il Censis a ricordare qual è la situazione nel nostro Paese. È appena uscito il terzo rapporto patrocinato dalla società degli ascolti televisivi, dedicato quest’anno all’Italia “post lockdown” e alla “nuova normalità digitale delle famiglie italiane”.
Una normalità che però non è uguale per tutti, visto che sono quasi 3 milioni e mezzo (dati 2019) i nuclei familiari che non dispongono di un collegamento a internet. Il 14 per cento del totale. Altri 6 milioni di famiglie, poi, possono connettersi alla Rete solo con il cellulare, modalità che non consente certo di svolgere tutti i tipi di attività online connessi alla scuola o al lavoro.
Sono i nuovi emarginati, dichiara il rapporto Auditel-Censis, confermando che fra gli effetti della pandemia c’è anche l’allargamento della forbice economica e sociale. In un momento in cui si guarda al futuro soprattutto in termini di digitalizzazione dalla telemedicina al lavoro agile, dall’home banking ai servizi della pubblica amministrazione online – non è proprio un punto di partenza incoraggiante.
Un’accelerata alle cose, comunque, l’emergenza sanitaria l’ha data. Nelle pagine dedicate a ciò che è successo durante il lockdown, la ricerca evidenzia che, al termine dei mesi di clausura, sono aumentati gli italiani che si collegano alla Rete, pari all’80 per cento della popolazione, e il numero degli strumenti utilizzati. È cresciuta anche la frequenza dei collegamenti: il 72 per cento delle persone vanno online tutti i giorni.
Ad alzare la media, come è ovvio, sono i più giovani, la cui percentuale sfiora il 100 per cento. Senza contare quelli che il rapporto stesso chiama i “bambini iperconnessi”, che ammontano alla impressionante cifra di 1,2 milioni. Stiamo parlando dei ragazzi di età inferiore ai 10 anni che sono quasi costantemente online. Un numero cresciuto dell’11 per cento durante la pandemia.
Anche per questo, ben vengano i suggerimenti che Marco Pappalardo e Alfredo Petralia offrono nel loro “Educarsi ed educare al web”, appena pubblicato dalle Edizioni San Paolo. Il taglio del discorso consente di passare agevolmente dalle riflessioni agli spunti per l’educazione in famiglia, a scuola, in parrocchia.
Il lettore, così, si trova coinvolto ed egli stesso protagonista della sfida digitale; messo davanti a una continua serie di alternative. Un orizzonte binario, come i codici dell’informatica. Essere social o asociale? Preferire il dialogo o lo scontro? Privilegiare la credibilità o l’apparenza?