Una riconoscente memoria

Una riconoscente memoria Celebrare la “Liberazione” (25 aprile 1945) comporta la convocazione di tutta la “città” (in ogni città e paese d’Italia) per fare memoria della presa di coscienza che animò gli italiani sul significato del consenso, dato a suo tempo, al regime fascista, condotto poi alla tragica alleanza con il nazismo hitleriano.

Celebrare la “Liberazione” (25 aprile 1945) comporta la convocazione di tutta la “città” (in ogni città e paese d’Italia) per fare memoria della presa di coscienza che animò gli italiani sul significato del consenso, dato a suo tempo, al regime fascista, condotto poi alla tragica alleanza con il nazismo hitleriano.

Una consapevolezza maturata nel violento II conflitto mondiale, nel succedersi dei mesi che videro le brigate partigiane contrastare, dopo l’8 settembre 1943, le violenze degli aderenti alla Rsi, aiutando così nelle retrovie delle armate tedesche l’avanzata degli Alleati. Senza di questa sarebbe stato impossibile far risalire oltre il Po, aldilà delle Alpi, la macchina bellica del Reich hitleriano. 

E fu “guerra civile” e ancor più, in profondità, “resistenza”; premessa necessaria, seppure pagata a caro prezzo, della ricostruzione materiale e politica del nostro Paese, approdato ben presto alla Costituzione della Repubblica italiana. In quei mesi la dialettica dei partiti, nell’ambito dell’Assemblea costituente, pur schierandosi su ideologie di quasi opposto significato, seppero dare in tempi brevi al nostro popolo quella Carta che ancora oggi, pur necessitando di opportuni aggiornamenti, rimane punto fermo nei “Principi fondamentali” che la introducono.

I lavori dell’Assemblea erano elaborati da gente temprata moralmente, che riusciva a mettere al di sopra dei particolari interessi di “parte” l’obiettivo del bene comune. Alla faccia dei “giochi” e dei “teatrini” che ritardano, ai nostri giorni la formazione (urgente) del governo della Repubblica.

L’anniversario della “Liberazione” ci richiama alla riconoscenza per quanti pagarono anche con la vita la lotta contro Hitler che aveva tentato di sovvertire l’identità dell’antico continente per costruire il progetto neopagano del Reich millenario. Doverosa perciò a Cesena la memoria attorno al monumento  di viale Carducci, alle lapidi e ai cippi in ricordo di crudeli rappresaglie, al cimitero dei caduti della VIII Armata lungo la via che conduce a Sant’Egidio di Cesena. Il più anziano non aveva raggiunto i 30 anni.

Una sosta nel fianco del Palazzo del Ridotto ci ricorda i nostri concittadini ebrei, catturati dalle Brigate Nere e avviati verso Auschwitz, ma che in verità furono trucidati e sepolti nelle buche del campo di aviazione di Forlì. Quei nomi ci ricordano il generoso tentativo di salvarne alcuni del parroco di Cesenatico don Lazzaro Urbini che li aveva ospitati nella casa della sua famiglia a San Vittore di Cesena. Generosità che si trasformò in tragedia, nonostante il coraggioso interessamento del vescovo Beniamico Socche, davvero “defensor civitatis”. Una particolare citazione: alle prime perplessità della madre di don Lazzaro (con loro il non ancora sacerdote don Adamo Carloni) nel timore di rappresaglie (e infatti poi ci furono!), don Lazzaro la rassicurò dicendole: “Mamma, è il Papa che lo vuole!” (e questo ancora una volta per chi maliziosamente parla dei silenzi di Pio XII).

E come non fare memoria riconoscente del rischioso accompagnamento oltre il confine svizzero organizzato salvare alcune famiglie ebree  dai monaci di Santa Maria del Monte, in collaborazione con i medici della Casa di cura San Lorenzino, il dottore Elio Bisulli e il professore Achille Franchini (si veda al proposto l’appendice al libro di Placido Zucal “Clausura violata”) consegnato all’archivio dello Yad Vashem di Gerusalemme.

Un’ultima sosta appena fuori Ravenna, a Piangipane, al cimitero di guerra contrassegnato dalla Stella di Davide: vi riposano i caduti della Brigata Ebraica, giunti sulla linea del fronte (l’argine destro del fiume Senio) nella primavera del 1945. Espressione eroica di quella “resistenza” che fin dagli inizi della Shoah mosse tanti ebrei a opporsi in tutta Europa ai deliranti progetti del Reich millenario.