Gli sfollati ospiti in Seminario: “Qui abbiamo trovato accoglienza, sorrisi, disponibilità. Il necessario, oggi”

Caffelatte e ciambella, marmellata e caffè. E quel caos tipico di un tempo di colazione di una famiglia che ha età diverse. E vite diverse. Accomunati da una tragica, disarmante calamità: sfollati. Sono una quindicina le persone che hanno trovato ospitalità negli spazi adibiti all’accoglienza del “Porta Giovani”, al piano terra del Seminario diocesano.

C’è calma tutto attorno al Seminario, sulla collina tra la via Emilia e l’ospedale, a Case Finali di Cesena.  È di questa mattina l’incontro con le persone che da due giorni hanno trovato qui quanto si trova in un rifugio: calore, accoglienza, riparo. E anche conforto.

Nereo Riguzzi abita a San Rocco via Misano, strada chiusa in fondo a via Cattolica a dieci metri dal fiume. “Ero appena tornato da fare la spesa, con il vicino sono andati a vedere il fiume che era ben alto. Il vicino ha messo pannelli davanti alla sua entrata, e così ho fatto anch’io. Ho chiuso la porta, vivo al piano terra e mi è venuto d’istinto mettere in tasca telefono e portafoglio. Di solito dormo al piano terra, ma per precauzione avevo scelto di dormire al piano di sopra, martedì notte – è il suo racconto –. Fatto il primo scalino ho sentito un colpo, ho girato lo sguardo verso la porta d’ingresso e ho visto il fiume entrare in casa. Nel giro di 3-4 minuti avevo due metri di acqua. Ho subito telefonato ai vigili del fuoco: due ore dopo sono arrivati in tre, con gommone. Sono saliti, mi hanno messo salvagente e cercato di tranquillizzarmi avvertendomi che l’acqua sarebbe stata gelata. Mi tenevano il più alto possibile, per poter avere la testa fuori. Mi hanno caricato sul gommone. Dove mi hanno scaricato c’era un’ambulanza: subito tutto svestito, mi hanno messo termocoperta e portato alla scuola vicino al Carisport. Sono stato tra i primi ad arrivare”. “Dopo tre minuti, mi si è seduto accanto il sindaco – e la voce si incrina -. Mi ha detto ‘L’importante è che hai salvato la vita. Il resto si risolverà…”. E’ stato sempre lì. Non lo conoscevo, e non è questione di politica rossa, bianca o di altro colore. È stato importante, in quel momento. Eravamo una ventina: metà ci hanno portato qui in seminario e metà all’Osservanza. Oggi mi hanno detto che in casa ci sono venti centimetri di melma. Ho salvato il portafoglio. E la vita”. E conclude: “Qui ho visto una solidarietà a cui non avrei mai creduto. Tanta gente che portava materiale, a fila. Una cosa straordinaria”.

I coniugi Pio Pieri e Rosanna Maldini hanno casa in via Fermi, tra il ponte nuovo e l’ippodromo. La casa, un poco rialzata, è salva, la cantina è ko, ma attorno c’è il lago e loro, i più anziani della ‘famiglia’ – ieri Rosanna ha compiuto… ehm: 18 anni dice uno, e lei corregge: no, sono 19! sono stati allontanati e ora sono ospiti al Seminario. “La protezione civile ci ha accompagnato qui con il pullmino, rassicurandoci che saremmo stati in sicurezza. Qui abbiamo trovato accoglienza, sorrisi, disponibilità. Quello che ci vuole in questi giorni”.

Gli occhi azzurri sono ancora ben spaventati nel ricordo di quanto vissuto martedì sera. Che, come da abitudine, Renzo Berti aveva trascorso al bar “La Palazzetta”, a Ronta. “Un amico è entrato avvisando che chi abitava a San Martino in Fiume, avrebbe trovato acqua su strada – le parole di Renzo -. Sono subito partito, ma 400 metri dopo è arrivata un’ondata. Sono riuscito a scendere e ad aggrapparmi con forza alla ringhiera di una casa. La corrente era fortissima e saliva, saliva… Poco distante, ho visto un pullmino con scritta Protezione Civile. Erano in panne anche loro. Mi urlano che ci sarebbero venuti a prendere, appena possibile. Io non ce l’avrei fatta ad andare verso loro senza essere travolto. L’acqua mi arrivava al petto. Uno di loro è sceso, mi ha detto di tener duro e ancora mi chiedo come è riuscito a raggiungermi senza essere travolto. In due, poi siamo riusciti ad arrivare al pullmino. L’unione fa la forza. Sempre”. Renzo è vicino di casa dei coniugi Sauro Manuzzi e Marinella Maraldi, travolti dalla piena e deceduti. Lui ritrovato subito fuori casa, e il corpo di lei trascinato a Zadina. “Abbiamo il posteggio al mercato ortofrutticolo uno accanto all’altro”. Renzo è arrivato in Seminario martedì notte: “E qui mi levo tanto di cappello. Se non c’erano, eravamo poveri diavoli”.

Da 24 anni Hamid Mouddene e la moglie Aicha vivono in via Malta, nella zona di San Rocco. Sempre nello stesso appartamento in affitto al piano terra, lì dove sono cresciuti i figli Wisal e Yayha di 17 e 10 anni. “In casa l’acqua ha raggiunto due metri di altezza, fino a quasi il soffitto. Abbiamo mobili e armadi tutti rotti. Finestre e porte non si chiudono – è il loro racconto -. La lavatrice l’abbiamo acquistata solo tre mesi fa, e i mobili li stiamo pagando a rate. Il freezer si è letteralmente ribaltato: è sottosopra. I libri dei ragazzi… tutto è perso. E poi l’odore, i muri intrisi…”. “È una grande prova, che accettiamo con tanto dolore”, le parole di Aicha. L’orgoglio oggi si mischia alla preoccupazione per il futuro: “Sono arrivato a Cesena da Casablanca 24 anni fa e non ho mai chiesto un sussidio, un aiuto… Ce l’abbiamo sempre fatta. Ma oggi penso ai nostri figli”, chiude Hamid.

Anche Aleksandro Tosku vive in via Malta insieme alla compagna Antonia Rocchi. “Ci hanno recuperato con il gommone, e ci hanno lasciato vicino alla farmacia Lanzoni. Da lì, all’ippodromo e poi qui – le parole di Aleksandro, nato in Albania e a Cesena dal 1998 -. In casa non è rimasto nulla. Qui stiamo da Dio; e anche tra noi sfollati ci siamo fatti tanto coraggio”. Sulle nostre teste sentiamo girare l’elicottero: “Non è mica finita, come ha detto il sindaco”.

Cesarina Maraldi vive sola in via Ronco, strada senza uscita vicino alla chiesa di San Rocco. Con l’aiuto dei vicini e la forza delle sue braccia è riuscita a scavalcare due recinzioni e a raggiungere la vicina banca: “Loro mi sono venuti incontro e mi hanno accompagnato qui. Dove ho trovato tanta bella accoglienza”.  

“Questa esperienza ha fatto incontrare le nostre strade. Alle 23 di notte, con il diluvio in corso: chi salvato con l’auto in mezzo al fiume, una famiglia di musulmani, persone singole… Esperienze diverse, la cui vita è stata messa insieme in questo modo. Ora facciamo comunità, aiutandoci – sono le parole di don Marcello Palazzi, rettore del Seminario e parroco di Case Finali -. In tantissimi si alternano nell’aiuto. C’è chi ha gestito la prima accoglienza e chi le cose che arrivavano, chi i pasti e chi le pulizie. Siamo un poco frastornati, ma abbiamo trovato anche tanta speranza ed energia”.

A trovare rifugio in Seminario c’è anche Rachele, cagnona guardiano dell’ippodromo. È qui insieme al suo padrone Maurizio, driver a servizio delle scuderie. E c’è anche Damiano, maniscalco all’ippodromo del Savio. “La prossima estate li andremo a trovare con i ragazzi del centro estivo”, guarda avanti don Marcello.

“Siamo in stretta collaborazione e collegamento con la Protezione Civile e gli assistenti sociali – sottolinea don Marcello -. I pasti ci vengono forniti dalla mensa Cams. Siamo seguiti e accompagnati da istituzioni e associazioni. Ringraziamo le istituzioni per averci coinvolto”. Tanti i giovani che si sono prestati nell’aiuto e nell’accoglienza – prosegue don Marcello -. Da più di dieci anni il Seminario è aperto all’accoglienza. Il “Porta Giovani”, in particolare, ha tra i suoi obiettivi la fraternità, la spiritualità e l’incontro con il Signore. E anche gli islamici mi hanno detto: “Sì, qui abbiamo incontrato il Signore”.

C’è chi ha fretta di andare via. Chi aspetta il figlio che lo verrà a prendere – dopo essere andato a recuperare l’auto in via Ravennate, “E par fortonna l’an sè mosa da le’… – e chi ha bisogno di essere rassicurato: “Come fanno a entrare in casa mia e togliere l’acqua, se io sono qui?”. È il momento della foto: “No, tu no che russi!”. “E tu no che sei pelato!”. “Ma non siamo belli”, dice uno. “Noi siamo belli dentro”, risponde l’altro.