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Perdersi nel buio: a soli 17 anni Erika Gollinucci racconta la sua storia

"Vorrei che chi legge possa intuire che c’è sempre una via d’uscita, anche quando tutto sembra oscuro", dice l'autrice

Nella foto, la copertina del libro

Dal 4 novembre si troverà nelle librerie Perdersi nel buio, il primo libro di Erika Gollinucci, una nostra giovanissima concittadina. Il libro è pubblicato dalla società editrice Il Ponte Vecchio per la collana «Memorandum, Testimonianze e Memorie». In Perdersi nel buio Erika racconta la sua storia di ricerca interiore e di resilienza, nata dall’esperienza dell’affido e da un’infanzia segnata da difficoltà emotive.

Erika, raccontaci chi sei?

Mi chiamo Erika Vittoria Gollinucci, sono nata a Forlì̀ e ho 17 anni. Vivo a Cesena con i miei genitori affidatari, Melania e Paolo, che mi supportano in ogni passo del mio percorso. Chi mi conosce dice che sono una persona luminosa e piena di ambizioni, sempre pronta ad aiutare gli altri. Questa mia voglia di fare del bene mi ha portato anche a unirmi agli scout (di San Rocco, ndr) che mi hanno insegnato i valori della comunità, della solidarietà e dell’avventura. Attraverso il gruppo scout ho avuto l’opportunità̀ di mettermi alla prova e sviluppare nuove abilità. Sogno di fare la differenza, e di continuare a crescere come persona, cercando di essere sempre di supporto agli altri.

Cosa ti ha portato a scrivere Perdersi nel buio?

Sentivo il bisogno di condividere la mia storia di ricerca, di appartenenza e di lotta contro le ombre della mia infanzia. Crescere in un ambiente in cui l’amore era spesso confuso con incomprensioni e conflitti ha segnato nel profondo la mia vita. Quando avevo cinque anni, ho vissuto un cambiamento radicale: sono entrata in una nuova famiglia affidataria in quanto i miei genitori biologici non erano in grado di crescere una bambina. È stato un passaggio che ha portato con sé tante sfide, ma anche nuove possibilità. Ciò ha scatenato in me una profonda sfiducia verso gli adulti e un senso di smarrimento difficile da superare. La mia adolescenza è stata una continua ricerca di identità, un viaggio difficile, che mi ha insegnato lezioni preziose sulla resilienza e sulla forza interiore. Scrivere questo libro è stato il mio modo di dare un senso a quelle cicatrici, di trasformare il dolore in un messaggio di speranza per chi, come me, si è sentito perso e ha affrontato momenti bui. Vorrei che chi legge possa intuire che c’è sempre una via d’uscita, anche quando tutto sembra oscuro. Con questo libro, spero di accompagnare i lettori nel loro cammino, ricordando loro che insieme possiamo attraversare le ombre e trovare la luce.

Come sei riuscita a pubblicare un libro da così giovane?

Pubblicare Perdersi nel buio a questa giovane età è stato un traguardo che non avrei mai immaginato di raggiungere da sola. Ho avuto la fortuna di incontrare un editore locale che ha creduto nella mia storia e nel valore che poteva avere per altri giovani e per chiunque stia attraversando momenti difficili. La collaborazione con una realtà editoriale del territorio è stata fondamentale. Sono stata sostenuta durante ogni fase della pubblicazione. Un ruolo decisivo in questo percorso l’ha avuto la mia professoressa, Silvia Mignatti (del liceo "Monti", Scienze umane, ndr). È stata lei a incoraggiarmi sin dall’inizio, a credere nel potere delle mie parole e nel valore della mia esperienza. Senza di lei probabilmente non avrei mai avuto la determinazione per condividere la mia storia con il mondo, mi ha fatto comprendere che la scrittura può essere un mezzo potente per trasformare le proprie esperienze in qualcosa di utile per gli altri.

Quali difficoltà hai incontrato nella scrittura del libro?

Le difficoltà incontrate sono state, sia di natura personale che di natura pratica. La prima sfida è stata emotiva: raccontare la mia storia significava rivivere momenti dolorosi, affrontare ricordi che avevo messo da parte e scavare nelle mie emozioni. Scrivere è stato percorso di guarigione, spesso faticoso. Ho dovuto trovare il coraggio di essere onesta e vulnerabile, sapendo che quelle parole sarebbero state lette da altre persone. Dal punto di vista pratico, ho affrontato le difficoltà tipiche di chi pubblica per la prima volta. Non avevo esperienza nel settore editoriale, quindi ho dovuto imparare da zero come funziona il processo di pubblicazione, dalla revisione del testo alla scelta della copertina, fino alla promozione del libro. Lavorare con un editore locale è stato un grande aiuto, ma anche qui ci sono stati ostacoli, come il budget limitato e la necessità di gestire da vicino ogni aspetto del progetto.

Hai scritto questo libro per te stessa o per aiutare il prossimo?

Aiutare il prossimo è, in parte, una scelta egoistica, perché spesso cerchiamo la gratificazione e la gioia che deriva dal sapere di aver fatto qualcosa di buono. Il gesto di gentilezza verso l’altro, infatti, ci restituisce una sorta di riconoscimento emotivo, una conferma del nostro valore. Per questo, continuerò a scrivere per me stessa perché la scrittura mi permette di affrontare ciò che provo, ma anche per tendere una mano agli altri. Se ciò che metto su carta può̀ aiutare qualcuno a sentirsi meno solo, a ritrovare speranza o a riflettere sulla propria vita, allora ogni parola avrà un valore ancora più grande.

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Perdersi nel buio: a soli 17 anni Erika Gollinucci racconta la sua storia
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