Genitori e figli, lo psicoterapeuta Lancini: “I veri fragili sono gli adulti”

Il cellulare a scuola? Sì. È quanto ha detto ieri sera forte e chiaro lo psicoterapeuta Matteo Lancini a Cesenatico al Museo della Marineria, davanti a una platea foltissima di genitori, raccolti nella sala stracolma con tanta gente rimasta fuori.

Lo psicoterapeuta, presidente della Fondazione Minotauro di Milano e insegnante presso il Dipartimento di Psicologia degli studi di Milano-Bicocca (oggi presente in prima pagina su La Stampa con la sua posizione netta a favore dell’uso dei cellulari a scuola) ha aperto la rassegna di incontri per genitori e adolescenti “Exit”, promossa dal centro famiglie dell’Asp del Rubicone, diretto da Milena Mami.

Il tema dell’uso dei telefoni cellulari a scuola è tornato alla ribalta del dibattito pubblico nei giorni scorsi, dopo che l’Inghilterra ne ha proibito l’utilizzo in classe.

Straordinario, in termini di numeri, l’afflusso di pubblico – presente anche qualche ragazzo – all’incontro di ieri sera sul tema “Sii te stesso a modo mio. Essere adolescenti nell’epoca della fragilità adulta”, in cui Lancini ha presentato il suo ultimo libro.

L’esperto ha tracciato un ritratto della salute di giovani e adolescenti nel post pandemia, i cui effetti si vedranno – ha sottolineato – solo tra anni, ma che per ora non ha fatto che amplificare disagi che erano già presenti. I veri fragili, ha più volte ribadito, sono gli adulti. A loro dobbiamo “imputare” i guai in cui navigano i giovani dall’adolescenza in poi, la cui principale “patologia” è l’ansia, causata da un vuoto identificativo e dalla mancanza di prospettive.

Un’analisi dura in cui il tema del mondo digitale è stato filo conduttore. Un mondo in cui, nell’era dell’annullamento del sesso perché ciò che conta davvero è vivere nella mente dell’altro, il virtuale per un adolescente è l’unico cortile che gli viene concesso, perché “nei cortili di erba e nei parchi c’è spazio solo per solo coppie di cani e umani”. Questi sono gli effetti di una società dissociata, post-narcisistica, quella che stiamo vivendo oggi, in cui sono loro, i giovani a prendere per mano i genitori.

Disturbi alimentari, tagli al proprio corpo, ritiro sociale (soprattutto per i maschi) e suicidi o tentativi di suicidi sono i mali di questa generazione. Gli adulti non consentono loro di dar voce al proprio disagio, perché i genitori – ha spiegato Lancini citando Annalena Benini, direttrice del Salone del libro di Torino – vivono il disagio dei figli come un affronto.

E allora, ha concluso l’esperto, in questa società ipercompetitiva, in cui si chiama bullismo anche una spinta a una spalla (“ma il bullismo è una cosa seria”), in cui si deve crescere senza angosciare i genitori e senza sbucciarsi le ginocchia, in cui abbiamo chiuso i bambini in casa perché c’era la pandemia, ma gli animali potevano uscire a passeggiare, qual è la risposta per cercare di rimettere le cose un po’ a posto?

La risposta – giunta al termine da parte dell’esperto che ha voluto ascoltare le domande dei genitori e i loro dubbi – è quella di identificarsi con i figli, cercare di capire chi sono, dimenticare gli stereotipi e capire chi abbiamo davanti, e infine pensare. I figli sono altro da noi, e quello che serve è ciò che un cuoco famoso va da tempo ripetendoci in tv: conoscenza e rispetto per la materia prima.

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