Agromafie e caporalato: in Romagna i due fenomeni continuano a crescere

In Emilia Romagna la mafia c’è e agisce indisturbata in diversi settori, da quello agricolo e zootecnico ai comparti della logistica e dei trasporti. E’ questa la denuncia lanciata dall’Osservatorio Placido Rizzotto Flai Cgil in occasione della pubblicazione del quarto Rapporto sulle agromafie e il caporalato. Dati che arrivano a pochi giorni dall’operazione della Guardia di Finanza che a Cesena ha sgominato una banda di pachistani che sfruttavano lavoratori connazionali per l’attività di distribuzione di volantini pubblicitari sul territorio emiliano romagnolo relegandoli nelle ore notturne in un appartamento di Gambettola e controllandoli mediante braccialetti elettronici e gps impostato sui cellulari di ognuno. Tutti elementi su cui la Cgil si è soffermata presentando il Rapporto incentrato sull’economia mafiosa. “Bisogna mantenere alta l’attenzione sull’argomento non solo perché agromafie e caporalato sono due fenomeni dilaganti nel nostro territorio, ma anche per rafforzare la legge 199 del 2016 che contrasta il lavoro nero e lo sfruttamento del lavoro in agricoltura”. E’ Arturo Zani, segretario generale Flai Cesena (nella foto) a specificare che oggi il caporalato non riguarda esclusivamente una manodopera non italiana, ma anche gli italiani stessi. Si tratta di uomini e di donne disposti a lavori a nero pur di avere un guadagno, seppur minimo. Una dura scelta che richiama un altro tema attuale: le nuove povertà.

Le condizioni di lavoro per una parte di lavoratori immigrati che vivono nel Cesenate sono indecenti e correlabili a forme para-schiavistiche messe in atto da gruppi organizzati di caporali italiani e stranieri che spesso fanno capo a società di comodo o a false cooperative con sede legale nel nord est e a Verona. “Contratti di lavoro pirata, fino a 14 ore di impiego e con retribuzioni irrisorie e spesso negate. Dietro queste dinamiche – ha aggiunto Zani nel corso della conferenza di presentazione del Rapporto tenutasi questa mattina nella sede della Cgil di Cesena – il più delle volte si nasconde la criminalità organizzata interessata a riciclare denaro sporco”. Se gli occhi sono puntati sui circa 200 braccianti irregolari, molti altri sono i settori interessati: ad esempio quello delle badanti. “Accade che questi giri sono gestiti o da una badante residente in Italia da anni oppure da un altro caporale che recluta giovani donne per svolgere queste precisa mansione”, ha detto il segretario generale della Cgil Flai specificando che nell’ultimo anno sono state circa 25 le denunce pervenute.

Preoccupazione manifestata anche dal sindaco Paolo Lucchi presente alla presentazione. “Ci tormenta e ci preoccupa che ciò avvenga nella nostra realtà, che questo sistema si sia radicato in una delle terre culla dei diritti, della qualità della vita, dei servizi sanitari e sociali invidiati da tutti. Ma non offerti a tutti, poiché i ‘caporali’ che organizzano questo sistema illegale, vogliono che le donne e gli uomini da loro vessati non esistano”. E’ questo un passaggio di una nota di commento inviata dal Primo cittadino a margine dell’incontro di questa mattina in cui Lucchi ammette anche che il fenomeno dal 2012 in poi è stato portato alla luce grazie all’impegno dei sindacati con l’attività investigativa attuata dalle forze dell’ordine e della Guardia di Finanza. “Ma quello che è definito mercato delle braccia, sta riprendendo vigore, purtroppo. E non possiamo permettercelo, in nessuna parte d’Italia e certamente non qui da noi, in Romagna. La legge sul caporalato introdotta dal precedente Parlamento ha costruito nuovi strumenti di intervento. Ma il rischio che stiamo correndo – con la proposta di reintroduzione dei voucher in agricoltura – è che il caporalato trovi nuovi spazi“, conclude Lucchi.