Dall'Italia
Il Forum delle associazioni familiari sulla nuova legge: “Rimane una domanda di fondo. Perchè una legge che tratta solo un tipo di discriminazione?”
La versione definitiva della “Legge contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o identità di genere”, approvata lo scorso 27 luglio dalla Regione Emilia-Romagna, presenta indubbiamente delle importanti novità rispetto al testo originario del progetto d’iniziativa comunale proposto dal Comune di Bologna.
In particolare, rimarchiamo gli emendamenti che hanno introdotto importanti precisazioni come la condanna della maternità surrogata, il diritto-dovere dei genitori di educare la prole, e la puntualizzazione che i genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.
È stato inoltre eliminato il riferimento alla parola ‘Omotransnegatività’, con il conseguente superamento del concetto di discriminazioni potenziali.
Rimane però la domanda di fondo di questa legge: perché una legge che tratta esclusivamente un tipo di discriminazione, quello relativo all’orientamento sessuale e all’identità di genere, e ignora completamente le altre?
Perché, come recita l’art. 1, occorre – e sottolineiamo giustamente! – prevenire situazioni di discriminazione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica nei confronti delle persone omosessuali, ma non si contemplano minimamente le stesse situazioni nei confronti di persone dalla pelle diversa, dall’etnia diversa, dalla religione diversa, o, peggio ancora, perché diversamente abile?
Perché, sempre nello stesso articolo, si promuove l’integrazione tra le politiche educative, scolastiche e formative, sociali, sanitarie, del lavoro solo per le discriminazioni relative all’orientamento sessuale o all’identità di genere (che d’ora in avanti chiameremo sinteticamente LGTB), e si ignorano le altre precedentemente descritte?
Perché l’art. 2 prevede che la Regione promuova specifiche politiche attive del lavoro, di formazione e riqualificazione professionale nonché per l’inserimento lavorativo nei confronti delle vittime di discriminazioni LGTB, e ignora invece le 25.000 mamme lavoratrici che devono lasciare il posto di lavoro, a causa delle discriminazioni che devono subire per il semplice fatto che mettono al mondo un figlio? Oppure verso i padri disoccupati di famiglie numerose?
Perché l’intera legge non è stata costruita sulla falsariga dell’art. 3, comma 2, che cita “La Regione promuove altresì attività e iniziative a sostegno dell’associazionismo sportivo impegnato a favorire l’equa partecipazione allo sport, contrastando stereotipi discriminatori e l’abbandono sportivo come previsto dalla legge regionale 31 maggio 2017, n. 8 (Norme per la promozione e lo sviluppo delle attività motorie e sportive)”, in cui non figura alcun riferimento agli LGTB, e la cui lettura risulta fluida e totalmente condivisibile?
Perché all’art. 4 vengono espressamente previsti eventi socioculturali e stanziamenti economici (contributi) a favore delle associazioni che si occupano delle discriminazioni verso gli LGTB, e vengono ignorate le associazioni che si occupano di altre discriminazioni?
E potremmo andare avanti così con tutti gli articoli della legge.
La sensazione è che questa legge sia divisiva e discriminatoria.
Discriminatoria perché tutela una sola categoria di persone discriminate, ignorando le altre.
Divisiva perché appare quasi una ‘forzatura’ a privilegiare uno stile di vita, a scapito di altri.
Sarà un caso, ma la Regione Emilia-Romagna è la quinta regione (dopo Lazio, Piemonte, Umbria e Toscana) che approva una legge sul tema specifico. Ovviamente ci aspettiamo a brevissimo altre regioni che torneranno alla carica sul tema (Puglia la prossima?). Quello approvato il 27 luglio sembra un tassello di un disegno più ampio, volto a sancire una supremazia di un certo tipo di pensiero rispetto ad altri. Vorremmo sbagliarci, ma i segnali vanno in quella direzione.
La Regione Emilia-Romagna aveva la possibilità di fare una legge super-partes, in cui riconosceva sì le discriminazioni verso gli LGTB, ma in un contesto più ampio, e soprattutto all’avanguardia, che avrebbe contribuito a contrastare ogni tipo di discriminazione, nessuna esclusa. Anche in un’ottica di unione e riappacificazione di mondi, culture e valori diversi, cosa di cui mai come in questo momento l’Italia ha bisogno.
Purtroppo, non lo ha fatto, ed è stata persa una splendida occasione per costruire un ponte e distruggere un muro, che invece è stato costruito con questa legge.
Riteniamo tuttavia che la Regione possa ancora perseguire questo obiettivo. Lavorando sin da subito ad una legge che riconosca tutte le altre discriminazioni, e che integri di fatto quella appena approvata.
Ne parleremo in occasione della prossima riunione del 31 luglio del Tavolo sulle politiche famigliari, e chiederemo al Presidente Bonaccini che venga approvata entro questa legislatura.
Sarà uno dei temi su cui chiederemo la posizione ai partiti che parteciperanno alla prossima tornata elettorale regionale, affinché ogni famiglia possa fare le proprie valutazioni in merito.