Dall'Italia
Roma, funerali di Gaia e Camilla: “Il senso della vita non è bersela, fumarsela, ma è amare”
“Stiamo impazzendo in questi giorni chiedendoci: perché, perché questa tragedia? Siamo immersi nel dolore che strazia, nell’insensatezza di ciò che è avvenuto. Siamo moderni, viviamo nell’innovazione, all’avanguardia, pieni di tecnologia. Eppure, brancoliamo lo stesso nel buio”. Lo ha detto il parroco della chiesa del Preziosissimo Sangue, a Roma, don Gian Matteo Botto, nell’omelia del funerale, che ha celebrato stamani, di Gaia e Camilla, le due sedicenni romane travolte da un’auto e uccise la notte del 22 dicembre mentre attraversavano la strada. Alla guida, il ventenne Pietro Genovese, figlio del regista Paolo.
Il celebrante ha riferito della vicinanza alle famiglie delle due ragazze fatta giungere dal cardinal Angelo De Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma, e dal cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, che “ricorda Gaia al matrimonio di una vostra parente”.
“Questo terribile incidente ha istantaneamente fatto crollare tutte le sovrastrutture della nostra vita, le nostre prosopopee, le nostre chiacchiere”. Ricordando la domanda di Camilla – “Qual è il senso della vita?” -, pronunciata pochi giorni fa, a tavola con mamma, papà e la sorella, don Botto ha ribadito che non sta nella “finta libertà”, nel libero arbitrio, che “toglie la libertà, la consapevolezza”. “E magari quando sei fatto o sbronzo ti metti pure a guidare – ha aggiunto -. Questa è vita? Pensiamo di essere padreterni: ‘sono libero’, ‘posso fare tutto ciò che voglio’, diventiamo ‘super uomini’, e poi non riusciamo più a seguire nemmeno le regole comuni, regole di prudenza, di giustizia”. Quindi, la constatazione del parroco: “Quanta superbia abbiamo in questa ‘incapacità’ di obbedire”.
“La vita non ha senso, è ingiusta, se la inquadriamo solo da quaggiù, ma acquista un senso se la inquadriamo alla luce della vita eterna, che Dio nel suo amore ci prepara”, ha detto il parroco della chiesa del Preziosissimo Sangue. Riflettendo sul “fondamento della nostra speranza nel buio della vita”, il sacerdote ha ricordato le parole di Gesù, che, “rivolte alle nostre ragazze”, “dice loro: ‘dico a voi, alzatevi!’”, incoraggiando le famiglie delle giovani che hanno perso la vita a guardare al “dono del Paradiso”, che “Cristo dischiude alla nostra vita quando termina qui sulla terra”.
Quindi, ancora un pensiero per i genitori di Gaia e Camilla: “Se togliamo Dio dalla vita, la nostra vita piomba nel non senso. La realtà è che abbiamo bisogno di Dio, della sua presenza, abbiamo bisogno che Gesù ci salvi. Non è una riflessione che ci darà pace ma una relazione, quella con Dio”. Infine, osservando che “l’amore è ciò che ci fa più soffrire oggi”, don Botto ha ribadito che “l’amore è la chiave di tutto”. “Il senso della vita non è bersela, fumarsela, passare di piacere in piacere ma è amare – ha aggiunto -. L’amore è la scala della nostra vita che ci porta in cielo”. “Ecco la vera libertà: amare, fare qualcosa di grande nella vita che solo tu puoi fare se inizi ad amare, a prenderti cura degli altri, a non pensare più a diventare ingoiatore di cose, persone, emozioni, ma colui che con il suo amore dona la vita, la fa fiorire”.