Dall'Italia
Terremoto Centro Italia: la “doppia Via Crucis” di chi ha perso i cari e di chi ha abbracciato la sfida della ricostruzione
Sulle note di brani di Mozart, Haydn e Bach, hanno preso il via ieri sera, nella frazione di Libertino di Accumoli, le celebrazioni per ricordare le vittime del terremoto del 24 agosto 2016 che devastò il Centro Italia. Ad Accumoli le vittime furono 11 mentre nella vicina Amatrice 239.
Accumoli. In tanti, riferisce il settimanale della diocesi di Rieti www.frontierarieti.com, hanno partecipato alla veglia di preghiera guidata dal parroco di Accumoli, don Stanislao Puzio, che ha parlato di “una ricostruzione a due velocità” come confermato anche dal nuovo sindaco Mauro Tolomei che, nel suo saluto alla comunità, ha riconosciuto “gli inciampi e le lentezze, denunciando la ricostruzione in arretrato e l’emorragia di persone, lo spopolamento che pare inarrestabile e ad oggi fa contare un 20 per cento di cittadini in meno. Una tendenza da rovesciare non solo allineando il cronoprogramma della ricostruzione ai suoi momenti migliori, ma affiancando a nuove mura anche nuove opportunità e rinnovate attrattive”.
Parole che hanno trovato ulteriore concretezza nella croce, allestita per la veglia, tutta contornata di impalcature e materiale edile. “Un rosario condiviso – scrive il settimanale diocesano Frontiera – per chiedere a Maria pietà per i morti e protezione per i vivi, alla ricerca di uno slancio efficace che raccordi le mani ai desideri. Una sollecitazione spirituale a chi amministra, a chi ha il potere di sciogliere i nodi della burocrazia, di indirizzare al meglio le risorse, di coordinare efficacemente i progetti e la loro esecuzione. Il modello lo offre Cristo, la cui regalità mostra come il senso autentico del governo sia il servizio. Un servizio a volte semplice, addirittura ingenuo, come quello di chi organizza le iniziative che fanno vivere le comunità continuando a proporre occasioni di aggregazione che aiutano a percorrere la ‘doppia Via Crucis’ di chi ha perso i suoi cari e di chi ha scelto di abbracciare la sfida della ricostruzione”.
Significative, a riguardo, sono state le parole del vescovo di Rieti, monsignor Vito Piccinonna, che ha invitato i presenti a posare “lo sguardo anzitutto sul mistero della morte. Voi per primi l’avete vista nel volto di tante persone care. Ma non vogliamo rassegnarci alla morte”. Ecco allora il senso del cammino in corso, quello di “una ricostruzione completa, complessiva, che non riguarda solo le pietre, ma anche i cuori, la vita. Non c’è antagonismo tra ricostruzione materiale e immateriale: ci vogliono l’una e l’altra. E noi siamo qui perché non manchi né l’una né l’altra”.Da qui la preghiera a Dio “del dono della sua forza perché mai la delusione e lo sconforto prendano il sopravvento e generino sentimenti che non aiutano la comunità”. Perché è in essa la chiave della rinascita: “Una comunità più forte delle avversità, del terremoto, perché fa leva sulle risorse interiori di cui ciascuno è portatore. In fondo – ha concluso il vescovo – il destino l’abbiamo in pugno. Se la mano la teniamo chiusa, in atteggiamento di possesso o di autosufficienza, o solo per difesa dal dolore e dalla delusione, non porterà a nulla. Se invece la stessa mano è aperta e fiduciosa, il poco che racchiude, messo insieme al poco di ogni altro, può far germogliare qualcosa di sorprendente e di insperato” che ha il sapore del futuro e della vita che non finisce.
Amatrice. Da Accumoli, la preghiera è poi proseguita ad Amatrice dove alle 2 di questa mattina, il ricordo delle vittime è risuonato all’interno dell’auditorium della Laga, pieno di gente. Qui la parola chiave è stata “speranza” come emerge dal racconto della diocesi reatina (www.chiesadirieti.it). “Non una promessa vana, ma una virtù concreta, radicata nella fatica, nella pazienza e nella capacità di guardare oltre il presente. La ‘speranza che non delude’ è quella che viene dalla fede, riaffermata come forza autentica e necessaria. Una sfida quotidiana che richiede tenacia e fiducia per trasformare il dolore in un cammino verso la rinascita”. Sullo sfondo, la preparazione al Giubileo del 2025. La veglia, riferisce la diocesi, che ha visto il vescovo Piccinonna in preghiera silenziosa tra i fedeli, è stata accompagnata da letture, momenti di silenzio e riflessioni tratte dalla Bolla di indizione del Giubileo. Sono affiorati temi legati alla resilienza e alla fede in tempi di sofferenza e ricostruzione, non solo materiale ma anche interiore, evidenziando il messaggio paolino della speranza che nasce dalla prova. La veglia ha anche riflettuto sull’urgenza di un’alleanza sociale inclusiva che sostenga il desiderio di trasmettere la vita e di rispondere alle sfide globali con coraggio e creatività.
La distanza tra la croce e la risurrezione va colmata. E questo è sembrato dire la fiaccolata che ha attraversato la ‘tabula rasa’ del centro storico chiudendo la veglia. Una processione composta e silenziosa, affidata al tremolio delle candele che hanno rischiarato i passi dei partecipanti.
Ultima tappa il monumento ai caduti nel parco “Don Minozzi”: qui sono stati letti i nomi di tutte le persone che hanno perso la vita nel terremoto. Poi di nuovo il silenzio, in attesa dei 239 rintocchi, uno per ogni vittima. Dieci lunghi minuti, un tempo sospeso come gli otto anni trascorsi da quella prima drammatica notte.