Dalla Chiesa
Papa in Cile. Padre Herrera: “Pace profonda e giustizia vera per tutti”
Tutto quasi pronto. Il Cile si appresta ad accogliere papa Francesco che arriverà a Santiago il 15 gennaio e ripartirà il 18 alla volta del Perù, seconda tappa di questo viaggio papale in America Latina. Nonostante la complessità delle “sfide” che attraversa oggi il Paese e la sua Chiesa, i numeri della partecipazione sono importanti e lasciano prevedere fin da ora un’accoglienza calda, da parte di questa parte del pianeta, terra di Bergoglio. Si attendono, infatti, oltre 1.200.000 persone, provenienti non solo dal Cile, ma anche da Argentina, Bolivia e Brasile. Dopo Santiago, il Papa farà tappa a Iquique (nell’estremo Nord del Paese, quasi a confine con il Perù) e a Temuco (nel Sud, terra dei mapuche), percorrendo in tre giorni una distanza record di 5mila chilometri in questo stretto lembo di terra che si affaccia sul Pacifico. Migliaia sono le persone – per lo più giovani – che hanno dato la loro disponibilità a lavorare nel dietro-le-quinta dei grandi eventi. Sabato 13 gennaio, circa 8mila “volontari” parteciperanno alla “Messa d’invio” celebrata alla Movistar Arena dal cardinale Ricardo Ezzati, arcivescovo di Santiago. Qui i volontari riceveranno l’accredito ufficiale e il “kit” dove troveranno pettorina, zaino, manuale e crema solare. Stesso clima di attesa si sta vivendo anche a Temuco e Iquique dove sono previsti altri due appuntamenti per i volontari: a Iquique sempre sabato 12 gennaio presso l’Università di Arturo Prat, dove la liturgia sarà celebrata da monsignor Guillermo Vera Soto, e a Temuco con una messa lunedì 15 gennaio, presso la Scuola La Salle. Uno staff invece di 14 persone, tutti giovanissimi, sta curando la comunicazione per gli oltre 1.500 giornalisti accreditati a seguire il viaggio papale. A coordinarli c’è padre Felipe Herrera, direttore dell’area comunicazione della Commissione nazionale della visita. Lo abbiamo intervistato.
Padre Herrera, che clima si sta respirando a Santiago in queste ore di vigilia?
Non solo a Santiago, ma in tutto il Cile c’è una gioia grandissima per l’arrivo del Santo Padre. Abbiamo vissuto qui, negli ultimi 5 anni, una situazione progressiva di divisione sociale, a causa di una cultura sempre più individualistica e uno sviluppo economico che ha lasciato molte persone agli “scarti” della società, come dice Papa Francesco. Abbiamo sempre detto che il Papa non viene soltanto per la Chiesa ma per tutto il Cile. Sarà qui per aiutarci a rinnovare questa società ferita per la divisione, rinsaldando un nuovo patto di coesione. Per questo lo attendiamo non solo con gioia ma anche con una grande speranza.
Uno studio realizzato da “Latinobarometro” ha indicato che solo il 36% dei cileni ha ancora fiducia nella Chiesa cattolica, registrando un abbassamento di 43 punti percentuali rispetto al 2010. Il Papa troverà ad accoglierlo un Cile freddo nonostante sia lì piena estate?
Il Cile ha vissuto negli ultimi due anni una crisi generalizzata e progressiva di disaffezione verso tutte le istituzioni, e questo calo di credibilità non lo ha subito quindi solo la Chiesa. Anche la Chiesa cattolica però ha vissuto la sua crisi in seguito agli scandali sessuali che l’ha coinvolta e ai vescovi che non hanno saputo rispondere appropriatamente. Quindi sì, c’è una disaffezione, c’è un calo di credibilità. Il Cile è un Paese cresciuto in un forte laicismo, talvolta anche molto aggressivo. Ma nello stesso tempo, vediamo che la gente è alla ricerca di un rinnovamento profondo. Per rispondere a questa sete di rinnovamento il Papa ci sta chiedendo di essere fedeli al Vangelo e di uscire e non lo sta chiedendo per crescere numericamente ma per facilitare il rapporto tra Dio e le persone. Certo, è un dolore vedere che la gente non va più in chiesa. Ma questo dolore, lo possiamo vivere o come una catastrofe o come una grande opportunità. Non ci interessa il successo dei numeri ma ci interessa che la gente possa incontrare Dio. La domanda, allora, è come essere un ponte tra il Signore e la gente, soprattutto tra coloro che sono stati maggioramene feriti dalla Chiesa. Per noi è una sfida, è la grandissima opportunità che ci sta dando la visita di Francesco.
Altro punto delicato della visita è la popolazione indigena, i mapuche. Ci sono state anche delle manifestazioni molto violente da parte loro per rivendicazioni che non sono state mai prese in seria considerazione. Il Papa cosa dirà?
Lo Stato e la società cilena hanno un grande debito con tutti i popoli indigeni e con il popolo mapuche. La Chiesa ha sempre lottato per la loro dignità e il loro riconoscimento come popolo diverso ma anche integrato nella società cilena. E in questo siamo sempre stati all’avanguardia. Una minoranza, ridotta, di questo popolo ha scelto la via della violenza per far valere le proprie rivendicazioni. Ma il popolo mapuche è un popolo bello. Che cosa ci aspettiamo dal Papa? Francesco non è un negoziatore. Non viene qui per dare indicazioni su cosa si deve o non si deve fare. Il Papa viene come messaggero di Cristo, porta una Parola. Nella Laudato si’ parla tantissimo dei popoli indigeni e, quindi, noi attendiamo la sua parola che, senz’altro, ci aiuterà ad accogliere la loro diversità e la loro ricchezza e a sostenere i popoli indigeni nel loro riconoscimento. Di sicuro – ribadisco – non saranno parole politiche. Il Papa parlerà, come sempre, di fede; ora, però, una fede che non si vive socialmente, non è reale. Quindi ci proporrà delle strade per avere una giustizia e una pacificazione. La responsabilità di quello che dirà il Papa, alla fine ricadrà su di noi e sul modo in cui accoglieremo la sua parola affinché porti frutti concreti.
Che messaggio si attende il Cile da Francesco?Come dice il motto di questo viaggio apostolico: “Vi do la mia pace”. È ciò di cui abbiamo bisogno: una pace profonda per il Cile, per lenire tutte le divisioni. Ma questa pace verrà solo se c’è la giustizia. Papa Francesco può illuminare le strade per realizzare una giustizia che porti come frutto la pace. È il dono grandissimo che il Santo Padre ci porterà.